Dossier Sardegna e comunali a Cagliari: la trappola di Renzi per l’isola [di Vito Biolchini]

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Quindi Renzi sarà in Sardegna fra qualche settimana per sottoscrivere con il presidente Pigliaru l’accordo strategico sull’isola e con il sindaco di Cagliari Zedda il patto riguardante l’area metropolitana. All’appuntamento in viale Trento il segretario del Pd e presidente del Consiglio arriverà con otto mesi di ritardo, visto che il dossier isolano gli era stato consegnato dal presidente della Regione ad Olbia nel maggio di un anno fa e Renzi aveva garantito che avrebbe dato una risposta nel mese di settembre. Ma cosa volete che siano otto mesi di ritardo quando tutto va bene?

Prima o poi lo pubblico il dossier Sardegna (non lo conosce nessuno). A me lo aveva consegnato il presidente Pigliaru in persona e ce l’ho qui da qualche parte nel mio studio (abbiate pazienza, le case dei giornalisti sono sempre piene di carte inutili, si perde tutto). Penso che sia un dossier interessante ma comunque limitato a pochi temi (trasporti ed energia in primis); molte di più sono infatti le vertenze che riguardano l’isola e per le quali lo Stato deve dare una risposta. Comunque la mossa di Renzi è scaltra: adesso siamo in campagna elettorale e, si sa, in campagna elettorale vige l’assoluto divieto di critica: quindi l’accordo sarà esaltato anche da chi nel centrosinistra ne riscontrerà gli eventuali limiti.

Per Pigliaru e la sua traballante giunta l’accordo sarà una boccata d’ossigeno, per Renzi la possibilità di conquistare in maniera abbastanza semplice una regione importante (perché a statuto speciale) come la Sardegna in vista del referendum costituzionale di ottobre. La trappola infatti è ben congegnata e la Sardegna rischia di finirci dentro senza neanche accorgersene.

L’obiettivo è chiaro: stroncare ogni possibile resistenza e opposizione al disegno neocentralista e uniformante previsto dalla riforma costituzionale renziana. Portando qualche risultato a favore della Sardegna (bisognerà poi anche vedere quali), Renzi si proporrà come il difensore dell’isola e rispettoso, a parole, della sua specialità. L’accordo sarà dunque brandito da tutti coloro che da qui a ottobre vedranno nel disegno costituzionale la volontà di intaccare la nostra autonomia.

A trovarsi in trappola saranno soprattutto i partiti alleati del Pd alla Regione (sinistra e sovranisti) che, a rigor di logica, al referendum costituzionale di ottobre dovrebbero votare in massa no. Ma così facendo metterebbero a rischio non solo al sopravvivenza del governo Renzi ma anche quella della giunta Pigliaru, cioè delle loro stesse poltrone.

Vedrete che sarà così. Perché, siatene certi, anche il nostro presidente della Regione, forte dell’appoggio di Renzi, da qui a ottobre alzerà il tiro, mettendo in un angolo i dissenzienti e indicando loro la porta in caso di divergenze. Peraltro, la logica neocentralista renziana che vede nelle autonomie un nemico della crescita e dello sviluppo si sta lentamente applicando anche all’articolazione territoriale dei partiti stessi e la Sardegna lo dimostra.

Non è vero che il Pd da noi è in crisi, diviso sulla figura del suo segretario Renato Soru. Il Pd va avanti nonostante questa spaccatura perché la segreteria regionale come organo è ormai totalmente inutile: al Pd basta e avanza un segretario nazionale, Matteo Renzi, automaticamente segretario regionale di tutte le regioni.

In Sardegna Renzi ha solo bisogno di un portavoce, un amplificatore del suo pensiero, qualcuno pronto a sfidare anche il ridicolo quando Renzi la spara grossa (come ad esempio sulla continuità territoriale) e questo qualcuno si chiama Gavino Manca. Esautorata la segreteria, ininfluente nella visione neocentralista renziana, al segretario italiano del Pd basta avere in Sardegna un uomo di fiducia poi comporre le eventuali liti interne ci penseranno i vari Lotti o Delrio.

Quindi chi nell’isola vorrà opporsi al Pd non dovrà vedersela con Soru o chi per lui, ma sarà costretto a sfidare direttamente Renzi. Ed è evidente che la sproporzione di forze è tale che sarà difficile per chi in Sardegna governa col Pd di fare valere le proprie posizioni. È chiaro che in questa trappola la sinistra e i sovranisti si sono ficcati da soli e per loro sarà difficile uscirne. Non è facile essere all’opposizione del Pd renziano a Roma e governarci assieme alla Regione Sardegna, così come alla lunga non paga difendere sempre e comunque Pigliaru ben sapendo che poi al momento del dunque tra le ragioni dell’Italia e quelle della Sardegna sceglierà sempre quelle dell’Italia.

Nel piano di conquista e di normalizzazione dell’isola hanno un ruolo importantissimo le prossime elezioni comunali a Cagliari del prossimo 5 giugno. Checché ne dica lo storico ed editorialista della Nuova Sardegna Luciano Marroccu (secondo cui a Cagliari il centrosinistra ha un candidato che non dipende da Renzi), è stato proprio il segretario italiano del Pd, in persona e pubblicamente, a benedire la ricandidatura di Massimo Zedda.

Scelta semplice e obbligata: se da una parte trovare una personalità credibile nel Pd cittadino era difficile, dall’altra come poteva dire di no ad un candidato che di sinistra non ha più niente e che al momento opportuno non avrà nessun problema ad aderire al Pd? Con questa mossa, Renzi ha dunque certificato l’irrilevanza della sinistra sarda, travolta dalla sua inconsistenza e dai suoi giochi di potere.

Ha voglia il parlamentare di Sinistra Italiana Michele Piras a tuonare contro Renzi e poi sostenere il sindaco Zedda dicendo che ha governato bene (cosa peraltro tutta da dimostrare). Zedda è parte integrante di un disegno politico ben preciso chiamato “Partito della Nazione” e che vede a Cagliari numerosi candidati della destra finiti nelle liste del Partito sardo d’Azione, sostituire ciò che sono per il Pd i verdiniani a Roma.

Vedrete che in città i sardisti voleranno e la sinistra che appoggia Zedda sarà condannata all’irrilevanza. Perché a Cagliari non si contrappongono centrodestra e centrosinistra come il Pd vuole farci credere: perché se così fosse stato Zedda non avrebbe imbarcato i sardisti che del Pd sono oppositori di Pigliaru alla Regione. A Cagliari ciò che separa i vari candidati è la loro posizione riguardante l’idea renziana di politica: Zedda la sostiene (e ne è sostenuto), tutti gli altri no.

Le elezioni a Cagliari sono dunque un passaggio importante per il processo di normalizzazione della Sardegna, il cui atto finale sarà il referendum di ottobre.

Paradossalmente, per non finire in trappola e per riaprire i giochi alla Regione dove rischiano di essere schiacciati dal Pd (Pigliaru ha già annunciato un rimpasto dopo le amministrative), sinistra e sovranisti avrebbero dovuto andare da soli, aprendo con coraggio una fase politica nuova, candidando Massimo Zedda contro l’uomo designato da Renzi e gettando le basi di uno schieramento forte alle prossime regionali del 2019. Non hanno avuto la lungimiranza e il coraggio di farlo, e adesso si trovano in trappola.

Morale della favola: sinistra e sovranisti per la loro stessa sopravvivenza politica dovrebbero oggi augurarsi la sconfitta di Zedda: invece lo sosterranno. Se per miopia o per convenienza politica, poco importa.

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