Senza una vera leadership sarà difficile convincere una città stremata o peggio rassegnata [di Carlo Melis]
Tra qualche settimana a Cagliari si andrà a votare ma la campagna elettorale langue. Dove sono i flash mob dell’altra volta in ogni angolo e per ogni problema che Zedda avrebbe dovuto risolvere in cinque anni? Dove sono i nipotini che convincono i nonni che anche stavolta “tocca a noi” o che “la città del sole”, finalmente, sarà capitale di qualche cosa? Dove sono l’adeguamento del PUC al PPR ed i percorsi culturali con le “fabbriche urbane”, i “tesori archeologici”, i “parchi urbani” protagonisti di una nuova economia? Dove sono la crescita demografica, le politiche del lavoro, le nuove opportunità? Dove sono l’Università e l’ istruzione degne di una città capitale e di un’economia basata sulla conoscenza? Dove sono le politiche di accoglienza e di cura delle persone e l’edilizia economica su cui si erano sprecate infinite iniziative? Meglio tacere e mimetizzarsi. Sarà per questo che si registra una precisa volontà di mettere il silenziatore alle amministrative da parte del governo e dell’amministrazione cittadina uscente. Una delle ragioni aggiuntive del silenzio, secondo i pochi che fanno analisi indipendenti, è che stavolta Massimo Zedda ha messo insieme una maggioranza pasticciata che include persino alcuni contro cui vinse nella precedente competizione. Prova imbarazzo? Non sa come giustificare l’azzardo che preannuncia, se va bene, il partito della nazione? Pare proprio di sì. Solo così si spiega la sottrazione che caratterizza la sua campagna e che trascina gli altri contendenti che si prestano al gioco. I dati di fatto dicono che nelle sue liste puoi trovare di tutto. Non si tratta di un banale trasformismo ma di un pateracchio. Una strategia furba del tipo che più ne mettiamo insieme più voti arrivano. Da dove non importa. Al fallimento nel governo della città si aggiunge il fallimento politico che azzera la parvenza di sinistra della sigla dietro cui il sindaco si nasconde. Un insieme di doroteismo con l’aggiunta di una pantomima di sovranismo e di vari sardismi in cui quando non abbonda la destra, si manifestano un diffuso qualunquismo e l’assoluta distanza dalla città. Gruppuscoli che senza una vera leadership avranno difficoltà a convincere una città stremata o peggio rassegnata. Il declino di Cagliari lo raccontano tutti gli indicatori economici che l’amministrazione di Zedda ha ignorato. Non a caso nelle interviste si vanta che in questa città la maggioranza ha retto perché lui ha tenuto tutto insieme. La giunta è la foto di questo suo schema, genere pentapartito che si credeva morto e sepolto e che invece Zedda è riuscito a risuscitare. Non parla mai della città e degli interessi reali dei cittadini ma di politichese e in politichese. Non a caso, secondo i vecchi schemi di quella politica, vede nemici ovunque. Bandita ogni possibilità di discussione. Corre obbligo di credere che in questi ultimi giorni entri nel merito di alcuni nodi e non si sottragga ad assumersi le responsabilità. Con la speranza che gli altri candidati facciano la campagna elettorale e non imitino il sindaco in carica. Lo facciano con sobrietà e portino all’attenzione dei cagliaritani contenuti concreti che riguardano le loro vite. Loro non sono obbligati a tagliare nastri e ad inaugurare scatole vuote. *Foto: L’anfiteatro romano prima della “lignificazione” |
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