I nuovi trend della Biennale: decalogo semiserio [di Michele Roda]

strada novissima

ilgiornaledellarchitettura.com 30 maggio 2016  Venezia. Nel grande luna park della vernice Biennale 2016 s’intuiscono i prossimi futuri trend (pardon, fronts) del mondo architettonico:

1. Che cosa sia la tanto citata comunità l’ha spiegato il padiglione Portogallo. Inaugurazione con tavolata in strada, baccalà come se piovesse, tutti i vicini a pranzo insieme. Vale più di mille cataloghi.

2. Prepariamoci a un florilegio di mattoni e cartongesso. In tutte le forme possibili: texture, librerie, arredi, allestimenti. Tutto tranne che come pareti.

3. Architetti di tutto il mondo, i locali rifiuti non progettateli più! Sacchetti e cartoni, montagne di rifiuti e macerie son cool, utilizziamoli per arredare le nostre città!

4. «L’Expo è fashion, la Biennale è un lungo e progressivo percorso di ricerca», dice il presidente Baratta. Almeno una differenza c’è: se volete visitare il Padiglione Giappone fatelo qua. Nemmeno 10 minuti di coda.

5. Se in una mostra che avete allestito nessuno riesce a leggere le didascalie perché sono troppo piccole, non preoccupatevi. L’ha fatto anche Aravena e, nottetempo, hanno cambiato: da A4 ad A3, basta una stampante.

6. Si riusa tutto. Anche le vecchie vele ritrovate nell’arsenale di Istanbul. E ci si fanno delle stupende borsette, il must dei gadget 2016.

7. Il commento riassuntivo più pungente arriva dalle ultime file del Teatro Piccolo Arsenale durante la conferenza di presentazione. «Baratta adora Aravena. Sarà amore sincero o perché gli ha fatto spendere poco?». Strategia da seguire per committenti importanti.

8. L’abbigliamento del prossimo biennio è deciso: senza una camicia bianca non sei architetto fashion. Per le donne il concorso è ancora aperto.

9. Qualsiasi cosa facciate parlate per slogan. Aravena lo scrive sui muri: «Architettura è occuparsi di dare forma ai luoghi in cui viviamo». Fa riflettere che tutti o quasi fotografino e prendano appunti. Cosa pensavamo volesse dire?

10. Per qualche anno almeno non si parli più di città. Scomparsa o quasi: si discute di dettagli e materiali oppure di fenomeni sociali a scala planetaria. Ciò che sta in mezzo, non conta più. Almeno fino alla prossima Biennale.

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