A Cagliari giochi di potere: tra il tentativo solitario di Zedda e il progetto egemonico di Pigliaru, chi la spunterà? [di Vito Biolchini]

Francesco Pigliaru con Massimo Zedda sindaco di Cagliari

Strano, ma vero. Ad Olbia alla vigilia del voto per le comunali di domenica sono arrivati la ministra più (im)popolare di tutti Maria Elena Boschi e il responsabile delle infrastrutture Graziano Delrio. A Cagliari invece non è arrivato nessuno: perché? Una volta in Sardegna, i due esponenti del governo Renzi potevano tranquillamente fare una puntata nel capoluogo, ma se ne sono tenuti a debita distanza: perché? Perché andare ad Olbia ed evitare la ben più importante (politicamente parlando) Cagliari?

Sono domande banali che nessuno però ha posto né all’opinione pubblica, né al sindaco Zedda né al Pd sardo, né al presidente Pigliaru che, insieme a Zedda, aveva annunciato, in questa settimana che precede il voto, la presenza a Cagliari nientemeno che del presidente del Consiglio Matteo Renzi. “Tutto rinviato a dopo il ballottaggio” ha dichiarato invece alla Nuova di qualche giorno fa il presidente della Regione. Una campagna elettorale senza esponenti del governo italiano a Cagliari non si era mai vista. Strano, ma vero.

Dunque, delle due l’una: o i ministri e Renzi si sono tenuti lontani da Cagliari perché temevano di essere associati ad un risultato che a loro avviso rischia di essere di gran lunga inferiore alle attese, oppure qualcuno non li ha voluti. E questo qualcuno non può essere che il sindaco Zedda. Personalmente, tenuto conto anche delle informazioni che ho raccolto, propendo per questa seconda ipotesi.

Zedda non ha voluto la Boschi a Cagliari perché la presenza della ministra, nella settimana in cui è scattata la poderosa offensiva mediatica a favore del Sì al referendum costituzionale di ottobre, lo avrebbe costretto a prendere una posizione sull’argomento, e questo oggi il primo cittadino non se lo può permettere. La Boschi infatti avrebbe fatto esplodere le contraddizioni della coalizione che sostiene Zedda, composta da partiti e formazioni che a parole sono per il No ma nei fatti non possono che obbedire ai voleri del Pd.

Quindi la Boschi è rimasta a casa e Renzi, secondo me per ripicca, ha deciso di rinviare il suo viaggio in Sardegna a dopo il ballottaggio. Capisco il presidente del Consiglio ma capisco anche il sindaco di Cagliari: se la Boschi fosse venuta in città a fare propaganda per il Sì, la coalizione di centrosinistra ed indipendentista che sostiene il sindaco sarebbe politicamente saltata in aria.  Ma la strategia di Zedda è anche un’altra.

Non bisogna essere degli esperti politologi per capire che se si viene eletti e poi confermati alla guida del capoluogo, poi si può legittimamente ambire a guidare la Regione. Questo è infatti il piano del sindaco di Cagliari: vincere ora per poi provare il grande salto nel 2019. Sulla carta il piano non fa una grinza; poi però quando qualcuno si chiede “ma di che partito è Zedda? Chi rappresenta?” allora nascono i primi problemi.

Orfano del suo partito (Sel) e consapevole che se entrasse nel Pd avrebbe a malapena la forza elettorale per ridiventare consigliere regionale, Zedda sta tentando una strada solitaria di autolegittimazione che passa attraverso la granitica certezza di vittoria al primo turno alle elezioni di domenica.

L’aria che tira fa pensare invece ad un ballottaggio ma Zedda è certissimo di raggiungere il 50 per cento più uno, cita fantomatici sondaggi che nessuno in realtà ha veramente visto, si lancia in audaci profezie di vittoria immediata che vorrebbero autoavverarsi. Insomma, il clima è quello esattamente descritto da Alessandro Mongili nel suo “Photoshoppateci tutti” pubblicato da Sardegna Soprattutto.

Domenica sera finalmente sapremo la verità; nel frattempo prendiamo atto che all’interno del Pd cagliaritano c’è che inizia a temere questo scenario che darebbe a Zedda un potere più grande di quello che finora non è stato capace di gestire. La verità è che crisi del Pd sardo ha creato un vuoto di potere che ognuno cerca di colmare come può: Zedda vuole approfittarne provando a dimostrare che lui è in grado di vincere da solo anche senza Renzi, senza Boschi e anche senza il Pd cittadino il quale (a parte l’esordio alla rotonda del Lido) non ha potuto fare alcuna iniziativa elettorale con il sindaco. Zedda punta in alto, la sua affermazione sarebbe solo il trampolino per traguardi più ambiziosi.

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Però anche qualcun altro sta provando ad approfittare di questo impressionante vuoto di potere generato dalla caduta di Renato Soru, ed è il presidente Pigliaru. Negli ultimi giorni il suo attivismo su Cagliari è stato impressionante, quasi esasperato: perché?

Perché, in appena una settimana e a pochi giorni dal voto, Pigliaru ha mandato avanti l’assessore alla Programmazione Raffaele Paci perché venisse fatto credere alla città che la Manifattura Tabacchi fosse prossima all’apertura? Perché il professor Paci ha firmato davanti alle telecamere l’accordo di programma per Is Mirrionis, già noto da un anno? E che dire poi dei soldi dati sempre da Paci per il Parco della Musica e la bufala del parco di Molentargius e Santa Gilla (che pure gli ambientalisti del Gruppo di Intervento Giuridico hanno definito “un inutile minestrone”)? Tutto questo nei sette giorni che precedono il voto!

È vero che Pigliaru, aiutando Zedda, aiuta anche se stesso, visto che se il sindaco non dovesse riconfermarsi questo sarebbe letto come una bocciatura anche della giunta regionale. Ma Pigliaru in realtà sta muovendo le sue pedine su Cagliari da tempo.

La chiave di tutto è la Camera di Commercio, dove da ormai un anno agisce, in qualità di commissario, Paola Piras, docente universitaria, già vicesindaco con Zedda prima di essere giubilata dal sindaco ed ora recuperata alla politica dal presidente professore. La professoressa Piras sta interpretando il suo ruolo provvisorio in maniera abbastanza innovativa, non disdegnando di prendere decisioni importanti (prima fra tutte, la liquidazione dell’ente fiera), con un attivismo secondo qualcuno non consono al suo status di commissario.

Neanche agli osservatori più disattenti sarà poi sfuggito lo straordinario attivismo del rettore di Cagliari Maria Del Zompo a favore del sindaco Zedda, invitato a tutte le iniziative organizzate dall’ateneo in queste ultime settimane (e io a memoria ne ricordo cinque: la manifestazione contro i tagli all’università conclusasi al Comune, l’inaugurazione di una biblioteca in Ingegneria, per passare all’inaugurazione dell’Aula Confucio, senza dimenticare le iniziative con gli studenti Erasmus e l’inaugurazione dei giochi sportivi Ateneika).

Insomma, esimi esponenti dell’Università di Cagliari si stanno muovendo per cercare di colmare in città il vuoto di potere creato dal Pd e per fornire al sindaco una rete di relazioni in grado di riassicuragli l’elezione ma anche di ramificare nel capoluogo il potere di cui dispongono a livello regionale.

Il sindaco al momento sta al gioco (i poteri di viale Fra Ignazio non sono stati ininfluenti neanche nella elezione di cinque anni fa) e non potrebbe che essere così. Ma è chiaro che Zedda e Pigliaru sono due superpotenze politiche destinate prima o poi a scontrarsi. In caso di vittoria, Zedda proverà a scalzare Pigliaru e Pigliaru proverà a condizionare Zedda fino a renderlo innocuo. Giochi di potere e nulla più. Perché in questa campagna per le comunali a Cagliari politica se ne è vista poca. Ma è da quella che, secondo me, vale la pena ripartire.

One Comment

  1. giselle

    analisi molto interessante

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