Coste divorate dal cemento: “persa” metà degli 8mila chilometri [di Veronica Ulivieri]

malfatano

Il Fatto Quotidiano online, 2 luglio 2016 . Ottomila chilometri di costa, sì, ma la metà è cemento. Una colata costante e neanche tanto lenta, andata avanti negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno. Case, palazzi, alberghi, porti turistici. Ai quali si aggiunge l’erosione, che colpisce un terzo del litorale ed è causata dalla trasformazione per porti e infrastrutture, ma anche dal mancato apporto di sedimenti attraverso i fiumi per via di dighe, sbarramenti, cave.

Meno del 20 per cento della costa è sottoposta a vincoli di tutela, mentre un quarto degli scarichi cittadini in mare continuano a non essere depurati e più di mille insediamenti sono sottoposti a procedura di infrazione dell’Ue. Il quadro – sconfortante – è tracciato da Legambiente nel rapporto “Ambiente Italia“, dedicato quest’anno ai paesaggi costieri sempre più martoriati.

«Crescono del 27 per cento i reati ai danni del mare nostrum che le forze dell’ordine e le Capitanerie di porto hanno intercettato nel corso del 2015.”. Le infrazioni sono infatti 18.471, rispetto alle 14.542 dell’anno precedente: ben 2,5 per ogni chilometro di costa del Belpaese. Sale anche il numero delle persone denunciate, che passano da 18.109 a 19.614, mentre flette, seppur di poco il dato dei sequestri, sono 4.680 a fronte dei 4.777 del 2014». Una specie di bollettino di guerra.

Il cemento si mangia le coste. Il male più diffuso è proprio il consumo di suolo, che ha colpito già il 51 per cento dei litorali: secondo l’Istat, tra il 2001 e il 2011 sulle coste sono sorti quasi 18mila nuovi edifici. «Per molti italiani, la casa al mare, sia essa sontuosa o piccola e arrangiata con i vecchi mobili della nonna, è un diritto inviolabile. Se non ha le carte in regola, se è stata costruita senza licenza o si trova in un posto dove è vietato posare anche un solo mattone, poco importa. Così i nostri litorali sono puntellati da distese di villini sorti spontaneamente, in barba alle regole edilizie, al paesaggio e alla qualità dei manufatti», denuncia Legambiente nel dossier Mare Monstrum pubblicato all’inizio della stagione estiva, dedicato proprio alla ferite inferte al litorale italiano.

Ma non si tratta solo di seconde case. Su 6.477 chilometri di costa, escluse le numerose isole minori, quelli cementificati sono 3.291:  720 chilometri sono occupati da industrie, porti e infrastrutture, 920 da centri urbani, mentre in altri 1.650 circa ci sono insediamenti a bassa densità, con ville e villette. A volte alla cementificazione si accompagna l’abusivismo, ma anche dove non si può parlare di infrazioni dei vincoli edilizi e di costruzioni senza permessi, non mancano i casi di progetti controversi. Che non risparmiano nemmeno i parchi e le zone vicine a aree protette.

Comacchio: 190 ettari per nuove strutture ricettive. È il caso di Comacchio, cittadina della costa adriatica dove si continua a costruire, nonostante ci siano già 30mila seconde case a fronte di soli 23mila abitanti. Non solo, denuncia Legambiente, «il piano regolatore del Comune prevede circa un milione di metri quadri di superficie utile ancora da edificare», ma «l’ente gestore del Parco naturale del Delta del Po, modificando uno dei suoi piani territoriali, con il placet dell’Amministrazione, della Provincia di Ferrara e della Regione Emilia Romagna, nel 2014 ha prefigurato la destinazione di circa 190 ettari di terreno, sui lidi di Comacchio, a nuove strutture ricettive», invece di riqualificare le strutture esistenti e le aree degradate.

Nello stesso anno Legambiente ha presentato anche due ricorsi al Tar di Bologna di cui si attende l’esito, ma intanto le lobby dell’edilizia non si fermano: «Il Comune ha continuato a sfornare provvedimenti urbanistici, come quello che intende equiparare le previsioni edificatorie di un campeggio a quelle di un villaggio turistico», con il risultato che, anche grazie a una norma contenuta nel collegato ambientale del governo, «le case ‘mobili’ di Comacchio potranno essere realizzate senza titoli edificatori e poi restare ‘fisse’ tutto l’anno, potranno superare i limiti degli indici edilizi, potranno non essere accatastate e quindi non pagheranno nemmeno l’Imu».

Abusivismo nel Parco del Cilento Dall’Emilia Romagna alla Campania, dove tra aprile e agosto 2015 il Corpo forestale ha smascherato diverse opere abusive realizzate nell’area protetta del Parco naturale del Cilento. «Decine di persone sono state denunciate a vario titolo per violazione delle norme urbanistiche, occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo, deturpamento e alterazione di bellezze naturali in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, inosservanza dei provvedimenti disposti dall’autorità giudiziaria. Ville dai 100 ai mille metri quadri, muretti, piscine, pedane, pontili, parcheggi, manufatti in ferro, legno e calcestruzzo; locali ricavati dalla roccia e adibiti a deposito di materiale vario: questi, nell’insieme, i corpi dei reati».

Il nuovo porto turistico che minaccia l’Elba Il cemento non risparmia neanche le isole minori. All’Elba, nell’Arcipelago Toscano, Legambiente è in allarme per il progetto di ampliamento del porto turistico a Marciana Marina, per 80 nuovi posti barca. Alla base di tutto, denuncia il dossier, c’è un «piano regolatore portuale approvato dal consiglio comunale con i soli voti di maggioranza e respingendo tutte le osservazioni prodotte, incluse quelle della Regione Toscana».

Il Comune – guidato da Anna Bulgaresi, lista civica di centrodestra – ha definito il progetto “ottimale”, mentre per Legambiente «avrebbe un devastante effetto paesaggistico su uno dei lungomare più belli del Mediterraneo, cambiandone completamente la prospettiva, andando a occuparne una parte attraverso la regolarizzazione di imbonimenti e ampliamenti precedenti e snaturando ancora di più un ambiente che ha già subito fin troppe pesanti e caotiche modifiche».

L’associazione, che ha scritto anche alla Regione per manifestare i propri dubbi, chiede una revisione del progetto anche per scongiurare che al cemento si accompagni l’aumento dell’erosione delle spiagge. Spesso succede, perché l’erosione, che si sta mangiando un terzo degli arenili, è legata anche alle trasformazioni provocate da porti e interventi sul litorale: alla fine, dopo la grande abbuffata, delle coste non rimangono neppure le briciole.

 

Lascia un commento