I conti che non tornano [di Pietro Casula]

sardegna

Il presidente Francesco Pigliaru non è da invidiare. La tensione, l’ostilità derivante da interessi ed opinioni contrastanti all’interno del PD sardo è prossima al conflitto. Politici della sua coalizione, così come economisti mainstream, lo attaccano apertamente accusandolo che anche lui, fedele discepolo della dottrina di Renzi, si attacca ad un feticcio. Quello degli investimenti di Stato per creare nuovo lavoro, nuova ricchezza e raggiungere con facilità il pareggio di bilancio. Non condivido per niente che il pareggio di bilancio sia un feticcio. Feticci sono effetti primitivi, come le figure intagliate di animali che gli aborigeni africani, una volta, adoravano come oggetti di culto.

Pigliaru come stregone voodoo,il pareggio di bilancio come talismano senza senso economico? Sembra proprio di si. Ci sono, certamente, argomenti a portata di mano che vanno oltre il goffo approccio politico keynesiano degli anni 70 (tanto caro al Presidente) secondo cui investimenti dello Stato (la spesa pubblica finanziata dallo Stato) genera tanta crescita che permette facilmente – allo Stato – il pagamento dei crediti in essere. Strade sconnesse, edifici scolastici pericolanti, energia verde, industrializzazione, giovani, banda larga….l’elenco degli investimenti da fare è lungo.

Allo stesso tempo i tassi d’interesse, dovuti alla politica monetaria della Banca Centrale Europea, più bassi che mai. Alcuni, addirittura, sono negativi. I titoli di Stato a 10 anni hanno un rendimento negativo. Vale a dire, i creditori pagano al Ministro delle Finanze per poter dargli credito! Se non adesso, quindi, quando lo Stato, la Regione dovrebbe fare debiti? Si chiedono incorreggibili creduloni. Meglio non farlo! Ad un esame più accurato molti argomenti si rivelano semplicemente falsi.

Primo: Non esistono buoni o cattivi debiti. I propugnatori di  “contrattare nuovo credito netto è buona politica” distinguono molto volentieri i debiti in categorie di buoni e cattivi. Per cui debiti buoni sono quelli che lo Stato, la Regione fa per finanziare gli investimenti in infrastrutture. E poiché del miglioramento delle infrastrutture ne approfitta la generazione prossima, è più che giusto farla partecipare/contribuire al finanziamento. L’idea,tuttavia, è fuorviante.

Da che mondo è mondo ci sono cose che lo Stato, la Regione deve fare e finanziare anche per le generazioni future. Perciò non vi è nessun buono o cattivo debito. Debito significa sempre e solo che oggi ci si permette un qualcosa che domani qualcuno dovrà pagare.  E anche se a zero interessi rimane pur sempre l’ammortamento del debito. Logica conseguenza sarebbe una legge frena debito che vieti la lievitazione incontrollata del debito pubblico.Passo importante, questo, in considerazione del mutamento demografico che inasprisce il conflitto tra l’attuale e futuro consumo. Ad estinguere i debiti che oggi molti oggi fanno, in futuro saranno in pochi.

 Secondo: Investimento non significa automaticamente crescita. Dietro il concetto del debito buono (altra cosa è la spesa/costi della spesa) c’è l’idea che investimenti (di Stato) generano crescita. Anche questo, però, è falso. Buone strade, ristrutturazione degli edifici scolastici sono certamente importanti. La teoria della crescita, però, ci insegna che i tassi di crescita a lungo termine vengono determinati da un aumento di popolazione e dal progresso tecnico. Fattori che, forse, possono essere favoriti dagli investimenti di Stato e forse anche no.

Serve a ben poco investire nelle infrastrutture scolastiche se, per esempio, contemporaneamente non si pensa alla formazione degli insegnanti, oppure milioni di investimenti per l’acquisto di nuovi treni e si tralascia il rinnovo della rete ferroviaria, o ancora , cinguettare ai quattro venti grandi investimenti per energia verde e per l’abbattimento dei costi dell’energia e delle emissioni e puntare poi sul carbone.

I presunti e osannati “buoni debiti” possono facilmente rivelarsi veri buchi nell’acqua. L’empiria d’altronde ci insegna che nei Paesi industrializzati alle innovazione vanno i due terzi della crescita, il resto risulta dall’aumento globale delle ore di lavoro e dalla accumulazione di capitale.

 Terzo: I debiti si possono finanziare via/tramite ridistribuzione. È fuori discussione, indubbiamente, che in Sardegna ci sia bisogno di investimenti. Questi, però, possono essere facilmente realizzabili con la ridistribuzione, con la riconversione ed eleggendo priorità nel bilancio pubblico, senza, cioè, aumentare le spese strutturali. L’abbassamento del debito non deve essere a scapito degli investimenti necessari se si ha il coraggio di eliminare la spesa consuntiva come la spesa del personale nella amministrazione pubblica, prestazioni sociali e sgravi fiscali.

Ne risulterebbero margini di manovra per investimenti per centinai di milioni se la RAS chiudesse i battenti, per esempio, alle partecipate, al club dei regali di posti e poltroncine per ex, alle borse di studio per master & never back, al……….Altri esempi si possono ancora trovare. Questo bisognerebbe spiegarlo agli elettori. Ma questo coraggio, questa volontà non la hanno molti politici tanto meno in campagna elettorale.

L’abbattimento dei costi della PA – economicamente e politicamente parlando – è sensato e razionale, non è un feticcio. E assicura che la generazione attuale non vive sulle spalle di quella futura. Allo stesso tempo sarebbe anche un correttivo disciplinante per i politici/la politica a che vogliono/vuole deliziare la sua clientela. Da chi accetta un mandato politico si pretende responsabilità. Pigliaru non è uno sciamano. Dimostri la sua fermezza politica.

*Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo

 

2 Comments

  1. Bruno

    Ha mai sentito parlare di sovranità monetaria, quella che ci è stata sottratta da Bruxelles e Francoforte? se no, le posso consigliare qualche buon libro per colmare le sue evidenti lacune in macroeconomia.

  2. Ignazio Pinna

    Chiara analisi della cialtronesca politica attuale, dove chi sembrerebbe e forse era sano si corrompe e, nel meno peggiore dei casi, lascia fare, non interviene, subisce e fa finta di niente, pur di mantener i privilegi immeritati. Mai che si ricordasse del concetto di doveri e dignità.

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