Il luglio feroce che prepara le svolte autunnali [di Nicolò Migheli]
Un fatto è un fatto, avvertiva Edgard Allan Poe nella nota sequenza logica usata per scoprire gli indizi. Un fatto o una sequenza di avvenimenti dello stesso tipo non bastano. Se vogliamo capire qualcosa nel barlume che compare nella caverna platonica in cui ci costringe l’informazione globale, non ci resta che mettere insieme più scampoli di fatti dentro un tentativo di totalità. Non è detto che si riesca a raggiungere una qualche verità, perlomeno si può cercare di intuire un bandolo nella matassa del caos in cui siamo sospinti. Elle Kappa sulla Repubblica è stata tranchant: “Il terrorismo molecolare- Inquietante stress test sulla tenuta delle democrazie occidentali”. Un attentato al giorno tra Francia e Germania, a cominciare dalla strage di Nizza del 14 Luglio. Una sequela di morte procurata da “folli” che sembrano seguire un disegno che qualcuno ha preparato per loro. Sono mesi che i servizi dei paesi europei avvertono che i lupi solitari erano in procinto di entrare in azione. La rivista dell’IS-Daesch Dabiq, da circa due anni indica nell’Europa il fronte su cui combattere i “crociati”. Dopo il martirio di padre Jaques Humel a Saint-Etienne du Rouvray, la copertina della rivista di Daesch con la bandiera nera del profeta sull’obelisco di Piazza San Pietro fa sorridere di meno. L’uccisione di un sacerdote cattolico mentre celebra messa è un omicidio simbolico che rimanda agli scontri medievali tra Cristianesimo e Islam. Un voler portare il mondo dentro guerre di religione che l’Europa ha messo dietro le spalle fin dal Seicento. Un impatto psicologico ben più potente di Nizza, dove il 30% delle vittime erano musulmane. I chierici dell’informazione che dipende dagli imprenditori della paura aumentano il grado di disagio delle persone comuni. Basta entrare in un bar, salire su di un autobus fare una coda in un qualsiasi ufficio per capire fino in fondo cosa intendeva Daniel J. Goldhagen quando scrisse I volenterosi carnefici di Hitler. Le persone non si vergognano più nel proferire pensieri che sino a qualche anno fa sarebbero stati considerati oltraggiosi dalla maggioranza di chi li sentiva. Oggi solo approvazioni tacite o espressioni di consenso. Essere razzisti è diventato orgoglio e il riscatto di radici immaginarie vissute come compromesse. Il responsabile dell’intelligence francese si spinge fino ad immaginare un conflitto con la comunità di religione musulmana e il resto d’Europa dentro il conflitto di civiltà. L’esercito svizzero organizza manovre il cui tema è il respingimento di masse di profughi travolte da una guerra civile europea. È guerra tra civiltà o vi è qualcos’altro? È radicalizzazione dell’Islam o la versione wahabita di quella religione è l’ultima utopia rimasta alle masse islamiche marginalizzate dai processi economici e sociali? L’unica, percepita come terrorizzante per noi, che dia loro un ruolo, canalizzi il loro rancore per una società che non li ha mai accettati? Il barlume che compare nella mia personale caverna di Platone non dà risposte esaurienti. Contemporaneamente viviamo la fine della Ue come l’abbiamo conosciuta. La globalizzazione e il neo liberismo sono stati un pessimo affare per i popoli europei. L’arricchitevi di Lady Thatcher ha funzionato con gli indiani e i cinesi ma ha trasformato gli europei in precari, ha aumentato in modo esponenziale le diseguaglianze tra classi. La difesa del welfare rimasto diventa determinante per qualsiasi scelta come il Brexit ha dimostrato. È in atto una separazione tra èlite e popolo, ogni rivendicazione di condizioni di esistenza degna derubricate in populismo, in irrazionalità, mentre qualche decennio fa sarebbero state solo rivendicazioni sindacali. Il libro di Christopher Lasch sulla Ribellione delle èlite è diventato il manuale di una classe dirigente incapace di progettare un futuro che vada oltre la trimestrale di cassa delle loro imprese. Più volte in questi anni si è cercata la data della fine della nostra modernità. Abbiamo utilizzato tutti i post possibili. In questo tempo vi è la certezza che quel processo riformatore cominciato con l’illuminismo sia arrivato a compimento. È finita l’uguaglianza, la fraternità viene insultata con l’epiteto di buonismo. La stessa libertà individuale è in bilico. Di conseguenza anche la laicità, intesa come bilanciamento di poteri democratici, rispetto delle fedi altrui, è in forte crisi. Siamo in un tempo di attesa, del Leviatano che ci liberi imponendo il suo ordine assoluto assumendosi la responsabilità della decisione. Alla sicurezza immaginaria siamo disposti a sacrificare libertà e pensiero indipendente; la diversità che si trasforma in uniformità. La distopia che diventa utopia con Erdoğan che fa scuola. In autunno nell’agenda dell’Occidente si sommano appuntamenti cruciali. Il 2 di ottobre in Ungheria si terrà un referendum consultivo, indetto dal governo di Viktor Orbán, dove si chiede di rispondere alla seguente domanda: “Volete autorizzare l’Unione europea a decidere il ricollocamento in Ungheria di cittadini non ungheresi senza l’approvazione del Parlamento ungherese?” La legislazione europea non può essere oltrepassata da quella nazionale, in realtà Orbán con questo quesito sancisce la sua Ungharexit. Lo stesso giorno gli austriaci sceglieranno il presidente tra un verde ed un neo nazista, con quest’ultimo probabile vincitore. Nella Polonia di Beata Szydło nel maggio di quest’anno è stato arrestato il presidente del partito filo-russo “Zmiana” Mateusz Piskorski, reo di aver criticato la Nato. Nello stesso paese è in atto una svolta autoritaria nel silenzio della Vecchia Europa. In Olanda può vincere le elezioni un populista di destra che vorrebbe anche lui indire un referendum per l’uscita dalla Ue. Negli Usa non è improbabile che vinca Trump. Da oggi al prossimo anno con elezioni in Francia e Germania è possibile che ci si ritrovi in un altro Occidente, con gli stati nazionali ottocenteschi impegnati a chiudersi in se stessi. Intanto però si prosegue nello stravolgimento delle costituzioni democratiche come in Italia. La scusa è la solita: l’efficienza, l’efficacia, il risparmio. Se guardiamo a quel che sta succedendo nel mondo, ci si rafforza nella scelta del NO. La ministra Boschi ha affermato che bisognerebbe votare sì anche per combattere il terrorismo. Voce dal sen fuggita? In ogni caso un po’ di altri attentati per l’Europa ed in molti si convinceranno. Il Leviatano, qualsiasi forma abbia, può diventare una possibilità. Con buona pace di chi è spaventato da su moro in cobertura. |