Doig davanti ai giudici per disconoscere la paternità di un’opera [di Silvia Simoncelli]
Il Sole24ore.it 10 agosto 2016. Questa settimana davanti a un giudice della corte federale di Chicago è iniziato uno dei casi più insoliti che abbia finora coinvolto un artista vivente. Lo scozzese Peter Doig (Edimburgo, 1959), famoso per i suoi paesaggi ermetici, è uno degli artisti più quotati: nel 2015 Christie’s ha battuto la sua tela Swamped (1990) per 26 milioni di dollari. Ed è a causa della mancata vendita di una sua presunta opera del 1976 – che raffigura un paesaggio desertico – comprata per 100 dollari, che Robert Fletcher, ex guardia carceraria statunitense, e l’art dealer Peter Bartlow hanno deciso di citarlo in giudizio, dopo che Doig si è rifiutato di autenticare l’opera quando la coppia ha cercato di venderla, riferisce il Guardian. Fletcher e Bartlow ora chiedono danni per 5 milioni di dollari e la dichiarazione di autenticità dalla corte. La storia: quando l’artista ha visto il quadro in questione – che l’uomo afferma essere stato dipinto da Doig mentre era detenuto a 17 anni nel carcere minorile canadese in cui lavorava – ha dichiarato di non esserne l’autore. I fatti sono dalla sua parte: Doig sembra essere vittima di uno scambio di identità, poiché tra gli ospiti del centro nel 1976 ci sarebbe stato un certo Peter Doige – così è firmato il quadro – all’epoca studente di belle arti in Canada come l’artista scozzese. Il giudice Gary Feinerman dovrebbe pronunciarsi sul caso dopo circa una settimana dalla testimonianza dell’artista. Le controversie relative ai giudizi di paternità per le opere d’arte sono diventate negli ultimi anni più numerose, sotto la pressione dei crescenti valori per l’arte moderna e contemporanea. Se Doig potrà appellarsi al giudice e ottenere un verdetto definitivo, non così sarà, invece, per Lucien Freud, tra i più pagati artisti britannici del ‘900, scomparso nel 2011 – un world record di 56 milioni di dollari con il dipinto “Benefits Supervisor Resting” (1994) stabilito nel 2015 da Christie’s. La trasmissione “Fake or Fortune” della BBC avrebbe, infatti, individuato una sua opera giovanile, “Uomo con la cravatta”, valutata 300mila sterline. Durante la sua vita Freud ha negato più volte di esserne l’autore, ma i detective dell’arte hanno trovato una registrazione del 2006 in cui afferma di aver iniziato il dipinto, poi terminato da altri. L’attuale proprietario ha ricevuto l’opera in eredità da Denis Wirth-Miller – un tempo amico di Freud – con la richiesta di venderlo pubblicamente per umiliare l’artista, cosa che lui stesso aveva provato a fare più volte, sempre bloccato dall’intervento del maestro. In Italia il diritto d’autore riconosce agli artisti la facoltà di ritirare dal commercio un’opera – anche autografa – per gravi ragioni morali (art. 142-143 L.d.A.), incluso il caso in cui questa contrasti con la mutata personalità dell’autore, il così detto diritto “di pentimento”: non così nei sistemi anglosassoni. La parola di Doig e Freud è messa in dubbio dal giudizio di specialisti non accreditati: resta da verificare se ci saranno acquirenti per queste opere disconosciute. Saggi furono in questo senso Francis Bacon, che mutilò alcune tele ritrovate nel suo studio per evitare che circolassero, o John Baldessari, che nell’operazione concettuale “Cremation Project” del 1970, bruciò tutte le sue opere giovanili, da cui aveva deciso di prendere radicalmente le distanze. *Foto: Peter Doig nel suo studio a NY |