Il coraggio di andare oltre [di Maria Antonietta Mongiu]
Che fare da domani? Che fare dopo gli insulti ed i rinfacci? Che fare dopo il lutto ed il pianto? Che fare dopo i predatori di cose materiali e di dolore? I morti, non tutti, sono stati appena sepolti e ci interroghiamo se oggi sia in campo una classe dirigente più adeguata, un’opinione pubblica più consapevole, una leadership più credibile. Al dunque una politica meno devastante dello schiaffo che la natura ogni tanto ci assesta. Quella che invera lo stato delle cose di cui lo sciacallaggio, materiale ed immateriale, è la punta dell’iceberg. La verità viene alla luce. Sempre. E’ la sua forza. E’ più paziente di qualsiasi menzogna e di qualsiasi trucco. Di qualsiasi leader carismatico o cialtrone. Di qualsiasi bluff che non può dissimulare per sempre. Perciò la verità è rivoluzionaria. Una goccia d’acqua scava montagne. Si fa strada. La si può occultare e come la verità è pericolosa. La sua memoria è come quella dell’elefante. In Sardegna un detto “L’acqua ha memoria”avverte più rassicurante che minaccioso. E’da mettere all’ingresso di ogni paese possibilmente con la messa in cantiere del PUC come percorso verso il recupero di senso prima e del territorio dopo. Per redigerlo sono necessarie molte risorse. E’ necessario che la politica le trovi anche decurtando gli emolumenti, legittimi ed illegittimi, che si è ritagliata. Le trovi e ritiri il PPS, approvato il 25 ottobre, che, fuori dalla tifoserie, è improbabile nelle norme prima che nei contenuti. Ugo Cappellacci è troppo abile per non saperlo. Ma anche i suoi avversari sanno che lui lo sa. Ma ognuno capitalizza, come può, una posizione per fini elettorali o per accampare ruolo nel proprio schieramento. “L’acqua ha memoria”, espressione antica. Luogo della memoria comunitaria in ogni cultura e religione. Dalla Bibbia all’Epopea di Gilgamesh. E’ un archetipo fondativo delle cadute e delle risurrezioni. E’ il luogo delle trasformazioni. La complessità dei miti che la catastrofe del diluvio evoca contiene per fortuna la sua soluzione. E’ il giusto che salva la sua famiglia, la sua comunità; con loro se stesso, piante ed animali ovvero il creato. Solo dunque un patto etico agito e abitato da comportamenti conseguenti, privati e pubblici, politici e personali, prospetterà la rinascita. I comportamenti segnano il tempo e costruiscono percorsi più dei bei comizi. “L’acqua ha memoria” è un’espressione che un popolo, tra i più antichi del mondo, ha elaborato consegnandola ad un oggi risentito. C’è in Sardegna un’altra espressione molto simile. Riguarda la vendetta. Spesso le abbinavano a significare che la memoria negata è scatenante. Per ovviarvi immaginiamo 377 comuni della Sardegna con un cartello condiviso e comunitario: comune decementificato. Tutt’altro da quel comune denuclearizzato anche in luoghi dove stoccavano rifiuti di ogni genere senza alcun controllo e con esiti ancora oscuri. Sarà in grado la classe politica, nuova e vecchia, venuta fuori dalle Primarie (in Sardegna poco frequentate) e dai mille rivoli, di elaborare un progetto che oltrepassi il proprio destino personale? Di riconoscere autorevolezza alle pratiche quotidiane? Di restituire dignità alla relazione politica? Di ridare valore ai luoghi da questa abitati? Di riconoscere i talenti materiali ed immateriali della comunità regionale? Di consistere nella reciprocità, nella dialettica, nel riconoscimento? Le decisioni dell’immediato saranno il segnale di praticabilità. Altrimenti le catastrofi ambientale ed antropologica da opportunità saranno derubricate al cannibalismo di un gruppo fragilissimo ma tenace nel perseguire il suo interesse al netto delle retoriche del bene comune. .
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Deo, bundantziosa,
so fentomada tra funtanas raras,
cun totus amurosa,
so dispensera de sas abbas giaras:
s’est chi nde ses bramosa
a mie fritt’ un’istante sas laras.
Si gustas abbas mias
des isclamare: «Beneitta sias!».