Continua oggi domenica 21 agosto al Novenario di San Quirico di Ardauli “Uomini contro carbone”[di Redazione]
La storia del sindaco ragazzino, che pochi mesi dopo essere stato eletto prende i piedi e due amici e se ne va dal paese, diretto in Francia e poi clandestinamente in Belgio a fare il minatore, è al centro dell’iniziativa dedicata all’emigrazione in programma domani alle 19 a San Quirico, novenario di Ardauli, nell’ambito del progetto “Uomini contro carbone” promosso dall’associazione Paesaggio Gramsci con il sostegno dell’Unione dei Comuni del Barigadu e della Fondazione di Sardegna, la collaborazione di Fai Sardegna, SardegnaSoprattutto, Suq e associazione Nino Carrus. La vicenda di Francesco Ibba, morto nel 2003, è nota in queste zone, lui popolare dirigente sindacale fra Oristano e il Barigadu dal ritorno dal Belgio ma senza dimenticare l’emigrazione, anzi curando gli interessi degli emigrati ed ex emigrati e delle loro famiglie da un ufficio della Cgil di Oristano. Dal 2001 è raccontata in un’autobiografia (Storie di antifascismo e di emigrazione, editrice LiberEtà) e conservata nell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Oggi la rievocheranno la figlia Linalba, nata a Frameries nel Borinage nel 1952, prima del ritorno della famiglia in Sardegna, con Tommaso Sanna dirigente sardista e più volte sindaco di Ghilarza, e l’attuale sindaco di Ardauli, Roberto Putzolu, mentre Gesuino Puggioni leggerà alcune pagine dell’autobiografia di “ziu Chicchìnu” come veniva chiamato. Reduce dal fronte greco albanese, fieramente antifascista, sardista lussiano e più che socialista quasi un comunista, Francesco Ibba ha 25 anni quando viene eletto sindaco di Ardauli, alla testa di una aggregazione di braccianti, reduci, contadini poveri, disoccupati che prevalgono sui proprietari sia pure di pochi ettari di terre e uliveti di quel costone sul Tirso. Ma l’opposizione del bigottismo e dei fascisti appena riciclati in monarchici, conservatori cattolici, democristiani di destra, gli rende la vita difficile. A lui salta spesso la mosca al naso, è un ribelle, un sindaco più di opposizione che di governo. Racconta quel periodo della sua vita con crudo realismo sul tipo di rapporti sociali e politici dell’immediato dopoguerra nell’interno della Sardegna. Lo accuseranno di essere scappato portandosi dietro la cassa del Comune, e invece il miraggio che il giovane sardista insegue è il lavoro, un lavoro, e che lavoro! Prova a fare il muratore in Francia, con i suoi amici e compaesani che l’hanno seguito, ma arriva anche lì il richiamo che su mezza Europa sta esercitando la campagna per l’occupazione nelle miniere del Belgio, i vantaggi promessi soprattutto agli italiani dopo gli accordi di quello stesso anno, il 1946, fra il governo De Gasperi e quello di Bruxelles. E’ un leader anche in quella scomoda posizione di minatore. Non si rassegna alla passività, frequenta la Jeunesse ouvrière catholique (Joc), si qualifica capo cantiere livellatore per i lavori nel sottosuolo, unico straniero che riesce a conseguire tale titolo di studio. Anche per questo lo seguono da Ardauli nei mesi e negli anni successivi in 90, dal paese che supera di poco i mille abitanti. E una ventina dei 90 – ricorda – si portano dietro la famiglia, lui compreso, anzi se la forma lì, con la moglie fatta venire da Ardauli. Tornano in Sardegna nel 1953, dopo un incidente nella miniera dove Francesco lavora, nella quale muoiono cinque persone. Organizza un ufficio della Uil nel Barigadu, poi è delegato per la Sardegna della Centrale sindacale dei minatori aderente alla Federation général des travailleurs de Belgique, infine nel 1978 con la Cgil di Oristano apre nella sede di via Dritta un ufficio di assistenza agli ex emigrati che curerà personalmente per anni quasi sino alla morte avvenuta nel 2003. Dei suoi 90 compagni in quell’avventura ne hanno intervistato sei nelle settimane e nei mesi scorsi Simone Cireddu e Barbara Pinna, e domani saranno presentati 25 minuti delle videointerviste a Giovenale Murgia, Benito Fais, Cosimino Masala, Cosimo Carta, Giovanni Putzolu e Pasqualino Ibba, tutti ultraottantenni, uno di 97 anni, ancora conduttore di un vigneto, su e giù in motoccarrozzella Piaggio, dalla sua casa alla campagna. Andò via proprio per la casa, ricorda: «Non sei per divertimento in Belgio. E’ per l’avvenire, per fare la casa». |
Fotografia di proprietà della Famiglia di Silva Marras
Bellissimo articolo!