Sardegna, impazza la battaglia finanziaria per conquistare il Dna dei centenari [di Eugenio Occorsio]
R.it Affari&Finanza 21 agosto 2016. La Shardna è una società fondata da Renato Soru per raccogliere i dati genetici e studiare il segreto della longevità degli isolani. Finita nel fallimento del San Raffaele, è stata rilevata in tribunale dalla londinese Tiziana Life Sciences (di capitale italiano). Ma a quel punto si è scatenata una lotta per il possesso della sua banca dati. ll portale web della Shardna- La Sardegna non è solo terra di vacanze per migliaia di turisti in questi giorni. Proprio intorno a Ferragosto è scoppiata infatti una “corporate takeover battle” senza esclusione di colpi degna delle migliori trame di Wall Street che ha suscitato l’attenzione di giornali internazionali come il Guardian, che alla vicenda ha dedicato un reportage alla vigilia di Ferragosto. Una serie di gruppi nazionali e internazionali si contendono un patrimonio inconsueto: una “biobanca” di dati biologici sul Dna, con l’aggiunta di un database di dati clinici, di 13mila cittadini di 10 paesi del centro dell’isola, fra la Barbagia e l’Ogliastra. A scatenare il tutto è stato l’acquisto un mese fa (Repubblica fu la prima a darne notizia su Affari &Finanza del 18 luglio di una società molto nota non solo nell’isola, Shardna. La fondò Renato Soru nel 2000 per potenziare e razionalizzare un’attività che l’Istituto per la genetica delle popolazioni del Consiglio nazionale delle ricerche, sede a Sassari, aveva avviato già dal 1995: la raccolta dei dati genetici (non solo il Dna, ma una fitta documentazione sulla discendenza familiare raccolta negli albi municipali, nelle parrocchie, nelle famiglie, che in alcuni casi scende fino al XVII secolo) di questa popolazione. Dati preziosi per studiare la longevità di queste genti (il numero di centenari è cinque volte più della media nazionale) nonché malattie quali ipertensione, alopecia, osteoporosi, obesità, asma. Il valore di questi dati sta nell’omogeneità genetica di queste popolazioni, vissute per secoli in assoluto isolamento e immuni da tutte le “iniezioni” di sangue diverso che rendono complicati questi studi in popolazioni “aperte“. Disporre di questi dati apre la strada a studi fondamentali per l’elaborazione di farmaci specifici. E’ un business, non c’è dubbio. Una società analoga, la DeCode, che studia popoli altrettanto isolati nel centro dell’Islanda, è stata venduta recentemente alla Amgen per 415 milioni di dollari. E operazioni analoghe sono in corso in una zona dell’isola di Okinawa in Giappone, nella penisola di Nicoya nel nord ovest del Costa Rica, nell’isola greca di Ikaria. In Sardegna a scendere in campo è stata la Tiziana Life Sciences, quotata alla Borsa di Londra, che ha rilevato dal fallimento la Shardna per 258mila euro. Soru infatti l’aveva venduta nel 2009 al San Raffaele, ma poi il fallimento del gruppo di Don Verzè nel 2012 l’ha travolta, e da allora si trovava nel “limbo” della liquidazione in attesa di conoscere la sua sorte. “Rilevare dal tribunale fallimentare gli asset di un’azienda è l’operazione più trasparente e più attentamente scrutinata che si possa immaginare in Italia: serve l’accordo con i creditori, con le banche, con le agenzie governative di controllo, infine con un giudice“, spiega Gabriele Cerrone, l’imprenditore italiano basato a Londra a capo di Tiziana Life oltre che di altre otto società biotech, tutte quotate fra il Nasdaq e l’Ftse. Subito dopo aver formalizzato l’acquisto, Cerrone ha ridenominato la società Longevia Genomics, ha cominciato le operazioni per riassumere esperti di informatica, ha saldato gli stipendi arretrati per una decina di dipendenti qualificati (biologi e informatici) e si preparava a rilanciare la società inserendola nel suo network internazionale di ricerca. “E‘ davvero un peccato se non si riesce a ripartire subito“, commenta Mario Pirastu, direttore dell’Istituto del Cnr di Alghero, da sempre anima degli studi della società nelle sue varie reincarnazioni compresa l’ultima. “Siamo a un passo dalla ‘genotipizzazionè e sequenziamento dei campioni di Dna raccolti in tutti questi anni. Si tratta di analizzare i campioni basandosi anche sulle nuove scoperte genomiche, e identificare con precisione quali ‘zonè del nostro Dna sono associate alle varie malattie. Un lavoro che ha bisogno della continua collaborazione della popolazione stessa, che invece ora potrebbe rimanere spaesata e confusa di fronte a tutte queste controversie“. In Sardegna in molti hanno accolto con favore l’intervento di Cerrone, ma le opposizioni come spesso accade sono più rumorose: hanno cominciato a protestare gruppi civici, ex sindaci, consiglieri regionali ma soprattutto imprenditori interessati allo stesso business. Il 5 agosto sulla piazza di Tortolì si è svolto un flash-mob di fuoco per protestare contro la “svendita“. “Non facciamo fare ai sardi la stessa fine degli indiani d’America“, ha tuonato un ex sindaco. E Mario Falchi, un genetista sardo che lavora al King’s College di Londra ed era in Sardegna per le vacanze, ha scandito: “Tutti quelli che hanno dato il Dna devono ritirare il consenso a qualsiasi uso“. Capofila dell’opposizione è Piergiorgio Lorrai, medico dentista e imprenditore (ma di tutt’altro settore) della stessa Tortolì, sulla costa orientale sarda, che ha acquisito all’inizio dell’anno Parco Genetico, una società che era nata su iniziativa di alcune istituzioni locali per dare supporto a Shardna e poi finita anch’essa in una specie di zona grigia. Lorrai l’ha a sua volta rilevata dai sindaci di alcuni paesi della zona, forzati a vendere anche da alcune modifiche legislative, arrivando poi alla maggioranza comprando anche la quota di una clinica, il tutto per circa 50mila euro. E ora rivendica la proprietà sui campioni biologici che costituiscono il tesoro di Shardna: ben 200mila provettine di sangue conservato a -80 gradi nel laboratorio di Perdasdefogu (di cui Lorrai ha la chiave), provenienti dai 13mila donatori, fra frazioni di Dna, sieri (la parte di sangue con cui si fanno le analisi cliniche), e altri campioni biologici. “Abbiamo dato incarico ad una serie di giuristi di verificare se l’asta è stata legittima“, spiega Lorrai. “Secondo me non si può commercializzare materiale umano“. Lo stesso Lorrai non sembra avere le idee molto chiare su cosa fare di Parco Genetico, “comprata su indicazione di un amico esperto per fare qualcosa in nome della collettività“. Sta di fatto che sulla stessa popolazione hanno cominciato a operare diversi gruppi, e non è escluso che qualcuno lo faccia nell’interesse di altre multinazionali. “Non capisco perché si agitino solo ora: la mia offerta è rimasta un mese giacente e pubblicamente esposta al tribunale fallimentare di Cagliari“, protesta Cerrone. “Chiunque avrebbe potuto opporsi legalmente allora, e magari avanzare un’offerta alternativa. Fare azione di disturbo ora significa soltanto mantenere il “coma” della ricerca sul dna compromettendo anni di lavoro e decine di milioni fin qui investiti. Per anni il progetto è rimasto bloccato, e nessuno aveva fatto alcuna protesta. Noi possiamo mettere sul terreno un’ampia conoscenza specifica del settore, al contrario di quanto potessero dire Soru, il San Raffaele o chiunque altro, e abbiamo cominciato già ad assumere personale qualificato peraltro proveniente dalla stessa Sardegna. Certo – conclude Cerrone – la ricerca applicata la fanno le industrie farmaceutiche, però se ne assumono anche i rischi economici, che sono giganteschi“. |