Fertility day, campagna banale e fuori tempo per un problema che resta serio [di Anthony Muroni]
L’Unione Sarda 04 settembre 2016. Sconfessata anche dal premier Renzi, la campagna sul Fertility Day è destinata a passare alla storia come uno dei più goffi tentativi di aprire un dibattito su una questione che resta seria e urgente. Si è fatto purtroppo ricorso a un messaggio stonato, arrivato nei giorni in cui persino il Papa ci aveva messo in guardia «dalle visioni della femminilità inficiate da pregiudizi», esortando la società a «ripristinare la verità sull’intangibile dignità della donna». Il declino italiano passa dal mancato ricambio generazionale: la nostra società, invecchiando, si ingessa nelle sue convenzioni e produce un cambiamento che non sembra in grado di interpretare. Si vive più a lungo (e meno male), ma questo pone un problema di servizi da aumentare e migliorare: sanità e assistenza, con particolare riguardo alle necessità tipiche della terza età, fanno invece i conti con razionalizzazioni così feroci che possono essere più propriamente definite con l’espressione “tagli indiscriminati”. Di contro, il fatto che secondo i dati Eurostat (che assegna la maglia nera all’Italia in fatto di natalità) ci siano sempre meno infanti, non migliora né la quantità né la qualità dei servizi loro dedicati. Se quando in una città nascevano 250 bambini, in 50 rimanevano esclusi dall’accesso all’asilo nido, oggi che ne nascono 200, tutti dovrebbero trovare posto. Invece, applicando il principio della politica ragionieristica tanto di moda, a chi ci governa non par vero di tagliare ulteriormente gli stanziamenti. E i posti disponibili magari scendono da 200 a 150. Così gli esclusi rimangono sempre 50. Dalle scuole ai presidi pediatrici, il cane poco prolifico si morde la coda dei già pochi servizi a disposizione della sua cucciolata. Lo Stato che arretra, dunque, è quello che ipocritamente pensa di potersi lavare la coscienza con un po’ di spot e con le clessidre biologiche. Così si fa e ci fa del male due volte, cristallizzando – con le sue politiche regressive – una situazione che pare essere irreversibile e accettando, di fatto, un declino causato dalla progressiva diminuzione di forze fresche e produttive. A quando una campagna che stimoli la fertilità di idee e politiche veramente innovative nella testa di chi governa?
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