Lettera alla Sottosegretaria Borletti Buitoni sugli scempi in Sardegna del patrimonio paesaggistico [di Italia Nostra, Fondo Ambiente Italiano, LIPU, WWF]
Pubblichiamo la Lettera scritta dalle Associazione Ambientalistiche della Sardegna alla Sottosegretaria Ilaria Buitoni Borletti sull’irreversibile scempio che alcune multinazionali hanno perpretato e intendono perpetrare ai danni del patrimonio paesaggistico e socioculturale sardo. La Lettera è stata consegnata Martedì 20 settembre 2016 a Milano nel corso del Convegno “FAI una legge per il suolo” tenutosi nella sede del Fondo Ambiente Italiano che ha visto il confronto tra portatori di interesse, esperti, politica e società civile sulla legge sul suolo. (NdR) Al Sottosegretario Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo On. le Ilaria Borletti Buitoni e p.c. Al Ministro dei Beni, delle attività Culturali e del Turismo On. le Dario Franceschini All’Osservatorio Nazionale per la qualità del Paesaggio All’Osservatorio Regionale del Paesaggio e del Territorio Arch. Giorgio Costa Al Responsabile della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Cagliari Arch. Fausto Martino Egrergio Sottosegretario, non dovrebbe essere sfuggito alla Sua attenzione quanto si sta verificando in Sardegna ed in particolare nel Campidano di Cagliari sull’irreversibile scempio che alcune multinazionali intendono perpetrare ai danni del patrimonio paesaggistico e socioculturale sardo. Intendiamo segnatamente con questa riferirci ai due progetti di Centrali termodinamiche solari (CSP), denominate Flumini Mannu e Gonnosfanadiga, per le quali al momento è in corso il procedimento di VIA nazionale. Tralasciando i dubbi sui vizi di legittimità di quest’ultima procedura, sollevati peraltro all’interno delle Osservazioni inviate nel corso del Procedimento, intendiamo sottoporre alla Sua sensibilità, quale autorevole rappresentante di organizzazioni in campo culturale ed umanitario e presidente dell’Osservatorio Nazionale per la qualità del Paesaggio, le conseguenze devastanti di decisioni politiche in aperto contrasto con la conservazione dei valori paesaggistici e naturalistici. I progetti delle due centrali in questione interessano circa 500 ettari del Medio Campidano della Sardegna. Si tratta di terreni irrigui pianeggianti, oggetto in passato di molteplici interventi di bonifica e regimazione delle acque, che ospitano prospere aziende a conduzione familiare di allevamento ovino e bovino, nonché colture anche di pregio (olivi, alberi da frutto, cereali). Come evidenziato dai progetti stessi i due impianti industriali comporterebbero (attraverso invasive fondazioni costituite da decine di migliaia di pali profondi fino a mt. 30) sconvolgimenti del sottosuolo, alterazioni dell’attuale morfologia del territorio, la installazione di quasi 1.500.000 mq di specchi parabolici, la realizzazione di enormi serbatoi, strutture edilizie e scambiatori termici. Un intervento che di fatto causerebbe l’irreversibile degrado delle matrici ambientali e muterebbe un vasto paesaggio agrario in un’indifferenziata distesa di strutture e infrastrutture industriali. Si pretende di fondare le ragioni dell’intervento sulla necessità di incrementare la produzione di energia elettrica da FER, tesi senza costrutto ove si pensi all’eccesso di produzione dell’energia elettrica rispetto ai consumi sardi (oltre il 50%) e del già raggiunto e ormai raddoppiato obiettivo del burden sharing, fissato per la Sardegna al 2020. Obbiettivo di cui siamo orgogliosi e che potrebbe anche incrementarsi progressivamente negli anni se venisse incentivata l’autoproduzione delle FER, i cosiddetti prosumer, anzichè gli speculatori. Unica condizione per trasformare la Sardegna in un’isola CO2 free. Al di là delle motivazioni tecniche preme mettere in rilievo la evidente e indiscutibile non sostenibilità dell’impianto in conseguenza dei negativi impatti ambientali, paesaggistici e i costi sociali ad esso conseguenti. Le opere previste per la realizzazione dei due opifici sarebbero causa di trasformazioni ambientali irreversibili e determinerebbero l’artificializzazione prima e la sterilizzazione poi di un comprensorio vastissimo, la cui incidenza sulle scarse disponibilità di terreni coltivabili sarebbe esiziale per lo sviluppo dell’agricoltura in Sardegna. Un consumo dunque di suolo sconsiderato ed inutile che peserebbe sul futuro delle prossime generazioni, alle quali peraltro verrebbe denegato anche il diritto di poter conoscere quei paesaggi rurali che, per il sapiente equilibrio tra natura ed azione antropica, hanno reso giustamente famosa la Sardegna nel mondo. Né va sottaciuto che su parte degli stessi terreni sussistono ampie sugherete, coltivazioni di olivi ed alberi da frutto, che agli allevamenti ovini verrebbero sottratti gli ampi spazi indispensabili per quelle produzioni di qualità, vanto indiscusso di questa Terra. Non più fruibile diventerebbe quel paesaggio di coltivi che si distende ai piedi del massiccio del Linas, un ampio comprensorio quest’ultimo, che per i suoi valori naturalistici è stato dichiarato SIC ed Area Protetta Regionale. Come è poi possibile ignorare i soprusi che si stanno premeditando ai danni di allevatori ed agricoltori sardi, colpevoli solo di amare la loro terra, di difendere il loro diritto al lavoro, di rifiutare offerte di rendite parassitarie! Una normativa ambigua, emergenziale, iniqua consentirebbe infatti a privati, in forza del loro potere economico e della surrettizia dichiarazione di pubblica utilità delle opere, di espropriare ai Sardi quei terreni che essi hanno ricevuto dai loro padri, che hanno irrigato col loro sudore e che aspirano a tramandare ai loro figli. L’arroganza di questi nuovi colonizzatori si è spinta al punto di irridere ai valori della cultura locale e a preannunciare, senza il pudore del silenzio, lo stravolgimento degli attuali legami sociali. Sono passati due anni da quando, nel corso di una manifestazione del FAI Sardegna organizzata per discutere della pericolosità di tali azioni (“Quale energia per quale Sardegna“), presenti i comitati territoriali che difendono la terra dal saccheggio del terzo millennio, l’allora procuratore capo Mauro Mura non esitò ad affermare che le cosiddette “rinnovabili” erano per ampia parte l’ennesimo strumento di guadagno della malavita organizzata; per la prima volta cadde qualsiasi pretesto per installare impianti su terre agricole (compreso il minieolico). Addurre lo sviluppo o la sostenibilità quali motivi non è azione onesta né sincera. Nel corso del procedimento di VIA Nazionale si è tentato in tutti i modi di porre un argine a queste ripetute forme di violenza. Una valanga di Osservazioni presentate da Comitati, Associazioni, Università, Docenti, Amministrazioni comunali, Enti pubblici, semplici cittadini ha preso in esame e sviscerato con accuratezza e rigore scientifico tutti gli aspetti tecnici del problema, dimostrandone in modo inconfutabile l’insostenibilità degli impatti e smascherandone le celate falsità. La Regione Sardegna, supportata dal proprio Assessorato ambiente, ha espresso un esplicito e inequivocabile parere negativo. Di pari avviso sono state le due Soprintendenze (Archelogica e BAPSAE) competenti, in sintonia perfetta con le rispettive Direzioni Generali (Archeologica e Belle arti) del MIBACT. Veniva infatti da esse evidenziato che i danni al paesaggio andavano a cumularsi con quelli al patrimonio archeologico del sito, sia in modo puntuale che a scala di area vasta. Analoghi orientamenti per i settori di competenza formulavano nelle numerose Osservazioni e in molteplici iniziative curate da Associazioni e Comitati tra cui il Direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari (prof. Giuseppe Pulina) ed i professori emeriti, di Botanica (prof. Ignazio Camarda), di Scienza e biotecnologia Sistemi agrari (prof. Sergio Vacca Responsabile problematiche del suolo del FAI Sardegna), di Fisica Tecnica ed Energetica (prof. Giuseppe Mura) per citarne solo alcuni. Nonostante questa convergenza di vedute, questa sintonia di opposizioni, la Commissione per il VIA Nazionale, sembra essersi pronunciata con un incredibile parere di compatibilità ambientale, atto che preluderebbe ad un’analoga decisione da parte del Ministro dell’Ambiente. L’opposto avviso del Ministro dei BBCC, comporterà che la decisione finale debba essere assunta, in seno al Consiglio dei Ministri, dal Presidente. Un copione facilmente prevedibile e il cui finale sembra peraltro scontato. E’ del tutto evidente che in palese violazione delle Direttive europee, che ispirano il procedimento di VIA, a orientare la scelta finale non siano le valutazioni degli impatti ambientali e le argomentazioni scientifiche, ma il perseguimento di obiettivi di carattere economico e produttivistico. Non può non nascere infatti il sospetto che, nel trascurare la probatorietà di una sì larga ed autorevole messe di Osservazioni, la Commissione Tecnica VIA abbia tacitamente perseguito il fine dell’artificioso rinvio della decisione alla Presidenza del Consiglio. Per le motivazioni tecniche che abbiamo sinteticamente espresso (La invitiamo vivamente a prenderne visione sul sito del MinAmbiente) e per i legittimi dubbi sulla correttezza procedurale, Le chiediamo di intervenire con forza affinchè trovino accoglimento, in seno al Consiglio dei Ministri e nelle sedi che Lei riterrà adeguate, le tesi sostenute dagli Organi tecnici del Suo Ministero e nelle Osservazioni tutte e venga rammentata al Ministro dell’Ambiente la sua funzione di garante della tutela, conservazione e valorizzazione dell’ambiente. Parimenti si esorta la Commissione del Paesaggio ad assumere un ruolo attivo nell’impedire che venga consumato un ennesimo scempio ai danni del Paesaggio, un Bene Culturale che, è opportuno ribadirlo, la Costituzione stessa tutela. Non appare superfluo evidenziare in chiusura che in questa pluriennale battaglia il FAI, da Lei in passato autorevolmente presieduto, non ha mai avuto esitazione nello schierarsi e sostiene a tutt’oggi questa ed altre battaglie contro l’insensato consumo di suolo agricolo. Inutile nasconderLe che questa insana vicenda ha minato la nostra fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia. Se Lei, che dice di amare questa nostra Terra, vorrà deluderci, assistendo impassibile ad un crimine sociale e ambientale, Noi, Ambientalisti e Allevatori, Comunità e Società civile tutta, Le ribadiamo la nostra ferma determinazione a non offrirci come vittime sacrificali sull’altare degli interessi economici, e, pur nel rispetto dell’etica del pacifismo ambientale, ad opporci con la forza delle nostre convinzioni all’esproprio dei nostri Beni culturali e materiali. Li 19 settembre 2016 Le Associazioni ambientaliste della Sardegna Italia Nostra, Fondo Ambiente Italiano, LIPU, WWF Foto: Opera di Giuseppe Carta. Fondazione Meilogu, Banari |