Student act: Renzi e la filantropia del capitalismo umano [di Roberto Ciccarelli]

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Il manifesto 2 ottobre 2016. Diritto allo studio. Invece di finanziare e rifondare il sistema del diritto allo studio il governo eroga micro-misure simboliche per 500 studenti «plusdotati». Il ministero dell’Economia invita a investire in Italia perché i laureati costano meno. Bassi salari e alla competizione al ribasso nel lavoro della conoscenza. La filosofia del capitale umano è parte integrante della tradizionale politica economica italiana

Il «capitale umano» al tempo di Renzi. Vediamo cosa significa questa espressione neoliberale, passepartout per le politiche neoliberiste che si applicano all’istruzione e alla ricerca nella legge di bilancio prossima ventura. La misura simbolica che conferma la trasformazione dello Stato in un’agenzia filantropica. Si parla di premiare 500 studenti «plusdotati» o «gifted» delle scuole medie o dei licei adottandoli come si faceva nell’Inghilterra raccontata da Charles Dickens.

La misura, finanziata con 10 milioni di euro prevede un assegno mensile, l’assegnazione di un tutor e la possibilità di inviare questi «figli della nazione» all’estero per coltivare un «talento» individuato con strumenti e indicatori «meritocratici» ancora tutti da identificare. La misura compassionevole si aggiunge al bonus più populista che c’è: i 500 euro del «bonus cultura» per i 18enni per libri, musei e cinema. Si tratta di una carta prepagata di Poste Italiane riservata quest’anno a oltre 570 mila ragazzi dal costo di 290 milioni.

UN’ALTRA REGOLA RENZIANA: invece di istituire un reddito per tutti, quindi anche per gli studenti, si discriminano categorie sociali e si segmenta il corpo sociale, non più con criteri di merito ma generazionali. Prevista una manciata di borse di studio fino a 15mila euro l’anno per studenti meritevoli e con redditi bassi che potranno pagarsi tasse e affitti. Voi direte: in una casa dello studente, ad esempio. Proprio per nulla.

La filantropia neoliberista esclude il rifinanziamento – e il ripensamento – del diritto allo studio agonizzante per tagli che hanno moltiplicato le diseguaglianze tra gli studenti. Si parla di uno «sgocciolamento» di microrisorse che non rimediano alla dismissione programmatica del welfare studentesco. Anche quest’anno il governo elargirà la monetina di consolazione per il diritto allo studio: 50 milioni del Fondo integrativo statale (Fis).

Ne servirebbe quantomeno 200 all’anno per tutti gli studenti che ne hanno diritto. In totale saranno stanziati 450 milioni, comprensivi di una «no tax area» per chi ha un Isee tra 12 e15 mila euro con esenzione dalle tasse universitarie. Per essere decente l’esenzione dovrebbe interessare chi ne ha uno inferiore ai 28 mila euro. Il sottosegretario Faraone ha annunciato un confronto. Prima impongono le norme, poi ne vogliono parlare. Concertazione ai tempi della meritocrazia. Nome in codice dell’operazione è Student act.

DIETRO IL FATALE ANGLISMO c’è la filantropia dickensiana. Il suo risvolto reale si trova nella brochure «Invest in Italy» del ministero dell’Economia diffusa alla presentazione del piano «Industria 4.0». «L’Italia – si legge – offre un livello competitivo dei salari che crescono meno che nel resto dell’Ue». Bassi salari e competizione tra la forza lavoro specializzata. Questo è il «capitale umano» nella neolingua renziana. È il futuro meritocratico che attende gli studenti.

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