La ASL unica? Una scelta di difficile attuazione [di Massimo Dadea]
Niente di nuovo sotto il cielo, anzi molto d’antico. E’ difficile sfuggire alla sensazione che in queste settimane la “politica” regionale abbia subito un’ulteriore involuzione. Il Presidente della giunta regionale, dopo aver più e più volte sbandierato la sua fedeltà al principio che “vorrebbe la politica, e i partiti, fuori dalle nomine della giunta”, ha capitolato difronte alle richieste dei partiti che compongono la maggioranza di centrosinistra, sovranista e, pare, anche indipendentista. Stiamo assistendo così, ancora una volta, ad una banale spartizione delle “poltrone”. Per il sospirato rimpasto della Giunta regionale bisognerà invece attendere che il PD – che oramai si divide con uguale voracità sia per la Presidenza dell’ANCI regionale che per la gestione dell’ultimo dei condomini – si ricompatti sotto le ali protettive del “garante” venuto da Roma. Nel mentre si è pensato bene di tacitare i legittimi appetiti di uno dei partiti più scalpitanti della coalizione, SEL, attribuendogli la presidenza della SFIRS. Intanto i partiti affilano i coltelli in vista dell’assalto alla fetta di potere più ambita e sostanziosa: la Sanità. Alla ASL unica è stato nominato quello che è stato definito il “Messi” della sanità – un fuoriclasse, noto per le sue acrobatiche sforbiciate alla spesa sanitaria – un manager molto titolato di cui la regione Piemonte ha deciso di privarsi (malvolentieri?), forse per tacitare un senso di colpa che risale allo storico scippo del nostro Regno di Sardegna. All’Azienda Brotzu e alla Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari due riconferme, che hanno però un segno diverso. E’ difficile fugare il sospetto che la riconferma di Sorrentino rappresenti per la giunta regionale una chiara opzione a favore del Policlinico universitario, individuato come la nuova sede dello sviluppo della medicina ospedaliera più sofisticata ed innovativa. La riconferma del Direttore generale del Brotzu ha invece tutto il sapore di un declassamento di quella che fino ad oggi era considerata la trincea più avanzata dell’eccellenza sanitaria in Sardegna. La paura è che il Brotzu sia destinato ad una triste condizione di abbandono e di degrado, così come hanno più volte denunciato gli operatori sanitari. All’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari è stato nominato – in barba all’orgoglio identitario più volte rivendicato dai sovranisti e dagli indipendentisti (pare) presenti in giunta – un manager proveniente dal Forlanini-San Camillo di Roma. Il bello, però, per i partiti arriva adesso: una vera e propria abbuffata di nuove nomine. Tra Direttori Sanitari ed Amministrativi, Direttori delle Aree Socio Sanitarie (le vecchie ASL), il nuovo Direttore generale della Azienda per l’Emergenza/Urgenza, i partiti si spartiranno qualcosa come una ventina di “poltrone”. Tutto questo in nome della semplificazione e del risparmio, del merito e della professionalità e, sia chiaro, dell’autonomia della giunta regionale. Qualcuno si chiederà, ma cosa c’entra tutto questo con i bisogni di salute dei cittadini? Con i mesi d’attesa per una visita specialistica, per un ricovero ospedaliero, con i Pronto soccorso fatiscenti, con i nuovi viaggi della speranza? Poco e niente. La cosiddetta “riforma” rischia di accentuare i mali antichi della nostra organizzazione sanitaria. Una realtà dove il 70% degli accessi in Pronto Soccorso è inopportuno e il tasso di ospedalizzazione è elevato a causa dell’ inappropriatezza dei ricoveri. Tutto questo è dovuto alla mancanza di adeguati servizi filtro nel territorio che finisce per ingolfare di inutile routine gli ospedali, sottraendoli a quella che è la loro funzione primaria: la diagnosi e la terapia più fine e sofisticata. Il nodo è il territorio: la mancanza di servizi diffusi nel territorio. Ecco perché le scelte compiute con la cosiddetta “riforma” appaiono illogiche ed irrazionali: si vorrebbe costruire il nuovo edificio della sanità sarda iniziando dal tetto e non dalle fondamenta. Prima la ASL unica, poi la revisione della rete ospedaliera, quindi l’Emergenza/Urgenza e per ultimi, forse, i servizi territoriali. Un approccio razionale avrebbe invertito l’ordine delle priorità. Si è preferito inseguire il totem della ASL unica: una scelta di difficile attuazione, che assorbirà energie, risorse, intelligenze che potrebbero essere più proficuamente utilizzate per dare risposte alle domande di salute dei cittadini. La verità è che queste decisioni rispondono ad una miope concezione ragionieristica, neanche economicistica, finalizzata ad ottenere un drastico e violento taglio della spesa sanitaria, a perseguire un illusorio pareggio di bilancio, dimenticando che l’Azienda Sanitaria deve prima di tutto produrre salute.
|