Dilemma della conservazione del paesaggio e degli habitat [di Mariano Cocco]
Un articolo di “di Gaetano Vita, “Il rimboschimento delle dune di “Is Arenas”, pubblicato nell’anno 1955 dal Touring Club Italiano ed associato alla rivista “Monti e Boschi”, tratta della sistemazione del complesso dunale di “Is Arenas”, ricadente nei Comuni di S. Vero Milis, Narbolia e Riola Sardo, in provincia di Oristano. Si tratta di un rimboschimento fatto con l’intento di stabilizzare le dune. Come riportato in un passo dell’articolo, così si presentavano i luoghi negli anni 50, prima dell’avvio del colossale intervento di forestazione che ha interessato circa 936 ettari: “Lo spettacolo che si presenta allo sguardo di chi si affaccia dallo sperone di Cadreas, a pochi chilometri da Riola Sardo, è tipicamente africano. Un immenso deserto……..si estende per una lunghezza di circa 8 Km……….e raggiunge profondità di oltre 2 Km. Le dune che si elevano talvolta ad altezze di 40-50 m sono in continuo movimento”. A quell’epoca veniva considerata un’opera di fondamentale importanza per evitare che le sabbie invadessero le coltivazioni e le infrastrutture, fra le quali la Strada Statale che da Oristano porta a Cuglieri. Così Gaetano Vita descrive le opere di sistemazione, propedeutiche alla coltivazione delle specie forestali: “A circa 50 m dalla linea investita dalle marea, mancando un cordone dunoso naturale, si è costruita una serie di robuste palizzate con materiale da intreccio […] apposto su paletti di castagno saldamente infissi nel suolo e sporgenti fuori terra circa un metro [...] immediatamente dopo le palizzate sorge una fitta rete di siepette morte aventi forme geometriche per lo più rettangolari o quadrate [.…].Per attenuare eventuali danni da incendi e per creare anche una rete di strade e stradelli di servizio in maniera da consentire un facile accesso in ogni parte del perimetro, si è provveduto a formare dei viali di larghezza variabile[…]Le zone imbrigliate risultano così isolate. Infatti ogni 1-2 ettari di superficie sistemata oltre che essere servita da una rete di comodi stradelli, è delimitata da un viale parafuoco”. Proviamo ad immaginare quale sarebbe, attualmente, la risposta delle istituzioni alla presentazione di un simile progetto e quanto clamore mediatico susciterebbe. Eppure, malgrado si tratti di un rimboschimento totalmente artificiale, gli viene attribuita una grande valenza paesaggistica ed è riconosciuto come Sito di Interesse Comunitario. E’ curioso che il sito, così come si presentava prima del rimboschimento, anche oggi sarebbe rigorosamente tutelato per la grande valenza paesaggistica riconosciuta ai sistemi dunali e sarebbe ugualmente un Sito di Interesse Comunitario, per il quale sarebbe impensabile proporre la stabilizzazione delle dune con complesse opere ed il rimboschimento. Intanto quest’imponente rimboschimento, reso possibile delle suddetta tecnica di ingegneria forestale (ora mutuata dall’ingegneria naturalistica), ha portato i vantaggi a suo tempo auspicati dalle istituzioni e dalle popolazioni locali ed è in grado di ospitare una maggiore quantità e varietà di organismi viventi (animali, uccelli, decompositori, ecc.). A fronte di questi aspetti, in genere ritenuti positivi, è stato “distrutto” l’habitat originario ed un paesaggio unico, ed inoltre è plausibile che abbia influito pesantemente sulle dinamiche di ripascimento naturale delle spiagge del luogo. Se da un lato ha eliminato i problemi creati dal movimento delle dune, dall’altro ha creato dei problemi che non ci sarebbero stati con il preesistente complesso dunale: infatti la presenza di una pineta litoranea di tali proporzioni, costituita da specie altamente infiammabili, impone un notevole impegno per la prevenzione degli incendi e sarà notevole anche l’impegno selvicolturale necessario per assicurarne la rinnovazione. Sta di fatto che questo bosco, pur essendo di origine artificiale, viene tutt’oggi ritenuto meritevole di tutelata sul piano ambientale e paesaggistico. Su di esso, Fulcro Pratesi e Franco Tassi, autori della “Guida alla natura della Sardegna” (Mondadori , anno 1973), scrivono: “La grande bellezza della pineta artificiale di Is Arenas […] unico vero bosco esistente in una vasta regione […] a parte […] le più ferme riserve naturalistiche circa il fondamento stesso dell’operazione non si può dire che questa non sia in fondo riuscita” . Tuttavia, mentre su questo intervento faraonico, che ha creato condizioni ambientali e paesaggistiche completamente opposte, fino ad oggi non si sono create pesanti fratture e polemiche fra Istituzioni e fra cittadini, queste non risparmiano, in diverse regioni dell’Italia, le scelte sulla gestione dei paesaggi e degli habitat seminaturali, dove l’azione dell’uomo non è stata altrettanto radicale, ma si è comunque protratta da tempi storici attraverso le classiche forme di utilizzo pastorale e forestale. Di recente mi è comunque capitato di disquisire sulla pineta di IS Arenas con un naturalista che, evidenziando il fatto che i pini non sono specie autoctone, ne auspicava la sostituzione con la “vegetazione potenziale”, costituita da un soprassuolo di ginepri associati a specie caratteristiche della macchia litoranea. In sostanza, per lo stesso luogo è emersa una terza possibile variante dell’habitat e del paesaggio, che, se in futuro dovesse concretizzarsi, darebbe ancora luogo ad un paesaggio apprezzabile e suggestivo, benché porterebbe alla scomparsa dell’elemento storico-colturale tangibile. Molto semplicemente, penso che la conservazione del paesaggio (in questo caso e in generale) debba consistere nel fare il possibile per mantenerne le caratteristiche estetiche a noi note, tenendo conto delle variazioni di aspetto dovute ai cicli naturali e/o colturali, nonché delle eventuali tecniche necessarie. Parto comunque da un punto di vista condizionato dalle mie conoscenze e dalle mie esperienze pratiche, altri possono pensarla diversamente, ma il dilemma su quale debba essere l’aspetto paesaggistico più rappresentativo rimane, tanto più se i luoghi sono destinati a mantenere il loro fascino nel tempo come “Is Arenas”: lo era originariamente, lo è attualmente, ed anche se venisse ulteriormente trasformato continuerà ad esserlo in futuro. |
E’ bene ricordare che anche l’impianto di Is Arenas come più in generale tutti quelli realizzati con la Legge 24 dicembre 1928 n.3124 sulla Bonifica Integrale e sue successive integrazioni (R.D.13 febbraio 1933, n. 215), il Regio Decreto 30 dicembre 1923 n.3267 o “Legge Forestale” e successivamente con la Legge 10 agosto 1950 n.646, Cassa del Mezzogiorno, aveva come obiettivo principale quello di risanare territori retrostanti la linea di costa spesso caratterizzati da paludi e lagune malariche, destinati a diventare comprensori agricoli che, per le loro caratteristiche eco-stazionali, avrebbero potuto sviluppare colture intensive ad alto reddito nei settori dell’orto-floro-frutticoltura. Tutto ciò con il contributo da una parte dell’azione protettiva del rimboschimento, dall’altra di quella di grandi opere di regimazione idraulico-agraria. Ecco perchè venne realizzato quel rimboschimento oggi diventato bosco, a prevalenza di pino domestico tuttora inclusa tra le conifere indigene della Sardegna a meno che non lo si voglia retrocedere al rango del fico degli ottentotti.