L’articolo che sembra scritto da Wolfgang Schäuble [di Nicolò Migheli]

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Le costituzioni sono figlie del loro tempo. Quella vigente, frutto della tragedia della II Guerra Mondiale, recepisce in sé la volontà di ricostruzione di una Italia piegata dalla guerra e si ispira ai valori dell’antifascismo e della uguaglianza.

Le modifiche costituzionali che voteremo con il Referendum del 4 di dicembre sono invece frutto di ben altro spirito. Leggendo gli articoli si fanno scoperte sorprendenti. È nel dettaglio che si nasconde il demonio, dicono i tedeschi. Nel nostro caso è il comma che rivela l’ordoliberimus imperante, l’austerità che diventa carta fondante.

L’articolo 116 della Costituzione vigente al III comma recita: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119.  La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.”

 La modifica votata dalle camere è questa:  «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, m), limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l’estero, s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Ad una lettura veloce sembrerebbe non cambi molto. Quello che nella vigente è espresso nell’art. 117 viene riproposto nel 116. Ed invece c’è il particolare che cambia tutto, quel: purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. Un comma che sembra scritto da Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, guardiano dell’austerità, l’arcigno soldato del pareggio di bilancio.

Si introducono così i diritti a geometria variabile. Se si ha la fortuna di risiedere in una regione virtuosa si potranno avere maggiori interventi pubblici sulle politiche sociali, quelle attive del lavoro, dell’istruzione e la formazione professionale, si potrà investire per il commercio con l’estero. Se invece si è cittadini di una regione disgraziata, con una classe politica imbelle e sprecona ci si dovrà affidare al Fondo di Perequazione garantito dallo Stato. Siccome la liberalità e la sollecitudine dei governi romani sono ben note, basterà solo aspettare. Nel frattempo si può anche emigrare, morire.

Quanto poi questo comma entri in profonda contraddizione con l’articolo 3 della Prima Parte, quella immodificabile: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” è risposta che i costituzionalisti dovranno trovare.

Il bello è che il governo Renzi contesta la parità di bilancio in Europa, la ritiene un limite alla crescita e allo sviluppo economico, però la fa inserire in Costituzione per le regioni. Risparmiatori a livello locale e spreconi in quello centrale. D’altronde in questi anni di tagli agli Enti Locali non abbiamo visto altro. Una norma costituzionale che sancirà l’ulteriore ineguaglianza tra territori e cittadini, che favorirà i forti innescando forze centrifughe.

A questo punto anche l’art.5, quello della Repubblica indivisibile, comincia a vacillare. La secessione è in atto, sancita dalla carta fondante senza però che vi sia nessuna possibilità di ottenere dei referendum che chiedano l’indipendenza di luoghi come la Sardegna. Solo secessione nei diritti.

La Regione Sardegna, in anticipo sui tempi, con la chiusura della Vertenza Entrate ha già adottato il pareggio di bilancio. Come sempre mosche cocchiere, ora siamo pronti a fare bella figura in Europa. Come si dice nei tzilleri della Sardegna: Eja, credici.

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