Gli attentati in Sardegna, scena e retroscena della violenza (II) [di Giuliana Perrotta]
Pubblichiamo la relazione di Giuliana Perrotta, Prefetta di Cagliari, tenuta nel corso del primo de “I grandi dibattiti di Sardegnasopratutto” organizzato il 7 novembre nella Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria di Cagliari. Una discussione a più voci a partire dal libro di Antonietta Mazzette e Daniele Pulin, Gli attentati in Sardegna, scena e retroscena della violenza (Cuec, 2016). Una analisi lunga 30 anni, che dal 1983 arriva a metà 2016, sui comportamenti e i rituali della violenza, sui luoghi, sui contesti socio-culturali, sulle dinamiche in evoluzione nel tempo. Nelle more della pubblicazione di questo contributo anche la Prefettura di Cagliari è stata vittima di una deplorevole intimidazione. Quanti animano questo sito rivolgono alla Prefetta ed ai suoi collaboratori la loro solidarietà. (NdR) Sono molto lieta di partecipare alla presentazione di questo interessante studio che, come scrivono gli stessi autori, offre “una sintesi delle caratteristiche principali degli attentati e delle problematiche che determinano”, partendo dall’analisi del contesto sociale degli attentatori e delle vittime, del ruolo delle istituzioni, della esistenza o meno di una comunità, la via maestra per contrastare il fenomeno criminale. È un fenomeno diffuso in ambito nazionale che impatta su un ampio ventaglio di attori sociali, dagli amministratori pubblici ai privati cittadini e imprenditori. Nell’elenco delle vittime si può annoverare anche la stessa Prefettura di Cagliari. Di recente, infatti, si è verificato un grave attentato al compendio della ex Scuola Penitenziaria di Monastir, acquisita dal Ministero dell’Interno al fine di destinarla a Centro governativo di prima accoglienza per i richiedenti asilo. Aldilà di questo episodio criminoso, è una tematica che coinvolge tout court le Prefetture abbracciando, pur con differenti strumenti e/o istituti, tutte le fattispecie degli atti intimidatori. Infatti, tra le varie funzioni attribuite alle stesse, aldilà della natura degli attori coinvolti, siano essi pubblici o operatori economici, compresi anche quelli che gestiscono servizi pubblici e dunque concorrono a creare un’azione pubblica, è centrale la “tutela dell’ordine pubblico”, intesa sia come prevenzione degli atti collettivi di violenza e di arbitrio, ma anche come garanzia dell’ordine sociale, dell’armonico sviluppo dei rapporti nel mondo del lavoro, dell’impresa e della scuola, come quieto svolgimento della vita comunitaria in tutte le sue manifestazioni di ordine economico, culturale, ecc… È il Prefetto, infatti, che predispone, in attuazione delle direttive ministeriali, piani coordinati di controllo del territorio, che i responsabili delle forze di polizia devono attuare. Si avvale del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica per attivare meccanismi non solo di repressione, ma capaci di evitare l’insorgere di conflitti ed il loro degenerare in episodi di turbativa. È ancora il Prefetto che, in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, stabilisce eventuali misure di protezione nei confronti della vittima. Inoltre, nel valutare la problematica nei suoi aspetti generali, riferisce alle istituzioni centrali e alla commissione parlamentare d’inchiesta istituita dal Senato. È il Prefetto che presiede la Sezione Provinciale dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori pubblici locali, attiva a Cagliari, a livello sperimentale, dal 5 Maggio 2016. A tal proposito giova ricordare le finalità di detto Osservatorio. Esso è l’arteria locale dell’omologo nazionale istituito dal Ministro dell’Interno, che ha il compito di monitorare il fenomeno e promuovere iniziative mirate: – a rafforzare la collaborazione nella repressione degli atti intimidatori verso gli Amministratori Pubblici; – a potenziare gli strumenti di raccordo e di scambio di informazioni; – a promuovere azioni di formazione rivolte agli amministratori pubblici. Le sezioni provinciali di detto Osservatorio, sono il luogo di incontro e confronto sul territorio: – per individuare le aree maggiormente interessate dal fenomeno intimidatorio e riferendo all’Osservatorio Nazionale; – per attivare, in raccordo con la struttura centrale, le misure di prevenzione e contrasto al fenomeno ritenute più efficaci; – per elaborare una analisi di scenario, partendo dal monitoraggio degli atti intimidatori denunciati e definendo i possibili interventi di prevenzione anche grazie all’esame dei dati emersi dall’indagine conoscitiva sulla percezione della sicurezza, nonché analizzando gli effetti delle azioni di prevenzione, contrasto e supporto alle vittime I membri della Sezione Provinciale dell’Osservatorio di Cagliari, da me presieduto sono: il Questore, i Comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza; il Presidente dell’Anci Sardegna, nonché gli Assessori Regionali agli Affari Generali e agli Enti Locali. Inoltre di volta in volta possono essere invitati a partecipare: gli amministratori locali, vittime di atti intimidatori; rappresentanti delle Istituzioni, delle associazioni e della società civile; docenti universitari od esperti della materia. Attualmente l’attività dell’Osservatorio è ferma in attesa del rinnovo della carica di presidente dell’ANCI. Nel mentre è stato trasmesso a tutti gli amministratori un questionario distribuito dall’Osservatorio regionale che consentirà di acquisire tutti i dati necessari ad una migliore conoscenza del fenomeno. Da oltre trent’anni, gli attentati verso tali attori nel territorio sardo sono al di sopra della media nazionale, così come avviene nelle regioni dove prevale la criminalità organizzata di stampo mafioso. Tuttavia, si tratta di episodi che spesso non evidenziano una particolare aggressività; infatti, la tendenza attuale è quella di una riduzione delle intimidazioni più eclatanti, ovvero quelle che fanno uso di armi ed esplosivi, mentre si assiste al montare di una micro violenza quotidiana che utilizza mezzi semplici e facilmente disponibili. Tuttavia, pur non essendo esponenziali di progetti finalizzati a sovvertire le istituzioni, gli atti di intimidazione risultano idonei ad indurre comunque un certo turbamento e una indebita ingerenza nel regolare andamento dell’attività degli amministratori locali. Il continuo ripetersi di tali episodi e la circostanza che spesso (anche nei casi più eclatanti e pericolosi) gli investigatori non hanno elementi precisi o indicazioni su quale direzione concentrare le indagini), spiega perché, nella maggior parte dei casi, non vengano individuati gli autori di tali episodi. Questo, sommato al clamore mediatico che essi tendenzialmente suscitano, e che ne amplifica gli effetti, determina preoccupazioni e timori nell’opinione pubblica anche perché si inseriscono in un clima diffuso di incertezza e di malessere di comunità che versano da troppo tempo in difficili condizioni economico-sociali e potrebbe dare luogo anche ad effetti emulativi in soggetti particolarmente fragili e disperati. Per quel che concerne gli atti intimidatori contro gli amministratori pubblici, è importante, tuttavia, riflettere sul profondo disvalore di tale fenomeno e comprendere se si tratti solo dell’atteggiamento di qualche balordo, di qualche cattivo soggetto, incapace di concepire la dinamica democratica che implica, nella gestione della cosa pubblica, il concetto del bene comune nell’ambito del rispetto dei principi giuridici o sia invece solo la punta di un iceberg che sottende una radicata e profonda alterazione del corretto rapporto tra rappresentante e rappresentati e la difficoltà ad interloquire e a rapportarsi in maniera leale e trasparente con i propri rappresentanti istituzionali. Non sembra, dai dati raccolti, che il tutto possa imputarsi alla esplosione di rabbia di qualche singolo elemento; al contrario tale fenomeno: rappresenta un segnale di forte illegalità; evidenzia la difficoltà di costruire un rapporto dialettico tra gli amministratori e i propri elettori; riflette un’alterazione del rapporto politico tra amministratori e cittadini per cui un servizio o una licenza sono considerati non come un diritto, ma come una promessa da mantenere; può influenzare il giudizio dell’opinione pubblica in ordine all’operato degli amministratori; può avere un effetto negativo sulla serenità di giudizio dell’amministratore pubblico nello svolgimento della sua attività e quindi potenzialmente condiziona in qualche modo l’operato dello stesso. L’Anci Sardegna, per contrastare tali fenomeni ha sollecitato, oltre ad un presidio territoriale e ad un inasprimento delle pene, l’ampliamento delle reti di videosorveglianza. A tal riguardo sulla scorta della Direttiva del sig. Ministro del 30 aprile del 2015 che, nell’ambito del concetto di sicurezza integrata, ha dato indicazioni precise sul controllo del territorio al fine di raggiungere l’obiettivo di un “territorio sotto controllo” si è mosso il Protocollo per la promozione e la diffusione della Legalità sottoscritto da tutte le Prefetture, l’Anci e la Regione il 4 marzo 2015 alla presenza del sig. Ministro, denominato “SICUREZZA INTEGRATA” che al punto 3 prevede l’ Implementazione del controllo del territorio con il coinvolgimento delle Polizie locali anche attraverso il ricorso a sistemi tecnologici di vigilanza. In tale direzione, in sede di Osservatorio provinciale, sono stati raggiunti importanti intese che sono sfociate nell’ATTO AGGIUNTIVO al citato Protocollo, in corso di sottoscrizione, specifico per i sistemi di videosorveglianza diretti a subordinare tali sistemi ad una serie di prescrizioni per omogeneizzarli e renderli efficaci. È evidente che pensare ad una politica di interventi che si focalizzi esclusivamente sulla videosorveglianza non può in nessun modo riuscire, da sola, a raggiungere l’obiettivo di contrastare tale fenomeno. Bisognerebbe agire sulle ragioni profonde che determinano i comportamenti, avviando delle iniziative sul fronte della diffusione della legalità, interagendo con molteplici attori: – da un lato gli amministrati, implementando azioni di promozione degli istituti di partecipazione anche attraverso campagne informative volte a far passare il concetto che è possibile far sentire la propria voce, si possono esercitare diritti, senza pretendere favori o il mantenimento di promesse; far comprendere la differenza tra chi promette tanti favori singoli e chi promette maggior benessere e maggiori servizi per tutti, – dall’altro gli amministratori, incrementando le occasioni di formazione/informazione dei candidati affinché incentrino la loro offerta elettorale su progetti di miglioramento collettivo, di aumento dei servizi e di sviluppo generale del territorio, per indirizzare la classe politica ad adottare il giusto linguaggio e la giusta interazione con gli elettori. Proprio nell’ambito del suddetto Osservatorio provinciale al fine di permettere agli attori e spettatori dell’azione politica di riconoscere nell’agire pubblico un momento di realizzazione degli interessi collettivi, miglioramento delle comunità e realizzazione del bene comune, è stato proposto, da una parte di avviare delle campagne pubblicitarie rivolte ai cittadini per far conoscere come nelle loro comunità sia più semplice ricorrere all’uso della dialettica e del confronto per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, anziché quella della pretesa ottusa e violenta; dall’altra incentivare da parte di associazioni, gruppi politici, partiti la ripresa della formazione politica. Ciò, naturalmente, come già detto, al netto delle azioni di carattere preventivo sul fronte dell’ordine e della sicurezza pubblica che passano necessariamente attraverso il rafforzamento del controllo sul territorio. È pur vero quanto evidenziato nel libro ossia che il fenomeno degli attentati in Sardegna sia ragione di allarme in quanto colpisce un ampio ventaglio di attori sociali, di cui gli amministratori pubblici sono solo una parte, seppure importante per il ruolo che ricoprono in termini di presidio democratico. Ogni intervento, perciò, non può essere limitato a sostenere esclusivamente gli amministratori locali, bensì l’intera società. Pur tuttavia, a mio parere, la matrice ultima dei fenomeni tout court consta, spesso, nell’incapacità di affrontare e risolvere i problemi tramite il confronto e la dialettica. Questo sempre al netto degli episodi che sono manifestazioni connesse alla criminalità organizzata, come, ad esempio, quelli tendenti ad imporre il pagamento illegittimo di somme o che sottendono ad un precedente rapporto usuraio tra la vittima e l’aggressore. Per tal motivo è di fondamentale importanza rafforzare quella comune coscienza e cultura della legalità, elaborando e diffondendo un’autentica cultura dei valori civili, per essere cittadini consapevoli e partecipi. Tutto è possibile se si parte da una strategia di condivisione. Per tal motivo, e con questo chiudo, ho molto apprezzato il lavoro svolto dalla Professoressa Mazzette e il Prof. Pulino, in quanto offrono un contributo notevole alla problematica, perché, per affrontare qualsiasi fenomeno, è necessario conoscere i dati, ma, soprattutto, trarre da essi le informazioni utili e trasformarle in conoscenza. Grazie per la vostra attenzione.
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Grazie per la Sua lezione, Gentile Signora, che ho seguito con molta attenzione e, spero per il mio futuro, con profitto!