Il sacro e la storia delle donne [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 22/11/2016. La città in pillole. “Le statuine femminili rimandano a mediazioni tra mondi antitetici”. Quanto accade nel mondo ci interpella ancora sul ruolo del sacro. La geografia dell’uomo e del sacro sono infatti interdipendenti fin dalle origini. L’uomo del Paleolitico compare, anche in Sardegna, con un’importante industria litica, ma soprattutto con manufatti la cui dominante è il sacro. Nel piano terra del MuCEM di Marsiglia, in cui pochi folgoranti reperti narrano la storia europea, spicca una figura muliebre con testa a foggia di uccello. Una da Macomer, confrontabile, si conserva nel Museo di Cagliari confusa nella moltitudine piuttosto che campeggiare in un museo o in una sezione dedicati alla storia delle donne in Sardegna. L’iconografia delle donne-uccello o delle donne-serpente, sintesi della cultura dei cacciatori/raccoglitori del Paleolitico, si radica durante la rivoluzione agricola del Neolitico, invenzione dell’homo sapiens ancora in corso. Sono dunque le donne le prime referenti del sacro? Certamente, insieme ai suntuosi animali delle pitture rupestri francesi e spagnole, sono maggioritarie nell’iconografia. Le statuine femminili dai volti zoomorfi rimandano a mediazioni tra mondi antitetici. L’occultamento dei lineamenti, restituisce potenza e dimensione del sacro al corpo femminile. Il volto zoomorfo o estraniato sottrae le rappresentazioni alla ritrattistica biografica e riferisce forse del sincretismo, agito da figure sciamaniche e taumaturgiche, metà umane e metà animali. L’archeologia ne dà assoluta evidenza ma pure i riti persistiti in molti angoli d’Europa, comprese Sardegna e Cagliari. Anche di questo parleremo nelle settimane a venire prima che la perdita di senso reifichi entrambe.
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