Il coraggio delle fanciulle [di Gian Franca Fois]

Abb. PR

Il Seicento è stato un secolo terribile per la storia delle donne, è un secolo in cui raggiungono il massimo livello di degradazione ed esclusione e in cui si conclude la spoliazione dei loro diritti economici cominciata nel Trecento: non possono più ereditare, non possono gestire la propria dote, sottomesse, economicamente e moralmente, al potere maschile nella legislazione degli stati influenzata profondamente dalla Chiesa della Controriforma. Eppure proprio questo secolo ha conosciuto momenti importantissimi nella storia delle donne: le monache dell’abbazia di Port-Royal e le Preziose, donne che nella Francia del Seicento si riunivano per chiacchierare, per discutere su ogni argomento, esprimendo pareri e critiche e componendo in versi e in prosa, furono messe alla berlina dagli uomini del tempo, e Moliere dedicò loro una commedia dal titolo significativo “Le preziose ridicole”.

Se è vero anche per la storia quanto dice Simone Weil a proposito delle contraddizioni in filosofia (“Quanto alle contraddizioni interne alle dottrine ogni pensiero filosofico ne contiene, ma ciò non è un’imperfezione del pensiero filosofico, ne è anzi una caratteristica essenziale”), questo non deve stupirci. Ci stupisce invece maggiormente che ai giorni nostri, giorni in cui sul piano dei diritti le donne sono sullo stesso piano degli uomini, persistano, soprattutto in Italia, stereotipi e luoghi comuni tipici di una mentalità maschile arretrata, ma purtroppo introiettata anche da molte donne e che questi si riflettano sulla quotidianità, sulle relazioni, sul lavoro, sulla politica, e, purtroppo, sulle gerarchie della chiesa cattolica. Tutto ciò fa sì che, nonostante la parità dei diritti, le donne subiscano un trattamento, in termini economici, sociali, politici, svalutante e ben diverso da quello degli uomini.

Torniamo però alle monache dell’Abbazia di Port-Royal, rifondata nel 1609, a poca distanza dalla reggia di Versailles (luogo del potere di Luigi XIV) da una badessa di 18 anni, Angelique Arnauld, monacata a 8 anni, che decide di scegliere  quello che non aveva scelto dando vita a una comunità di monache che, pur aderendo alla rigidissima regola benedettina, mostrano una autonomia di pensiero e di giudizio che le portò allo scontro con le gerarchie cattoliche che giunsero a chiedere la distruzione del convento, cosa che avvenne nel 1709.

Angelique aveva cominciato da subito a manifestare la sua autonomia: abiti uguali per tutte a prescindere dalla classe sociale di provenienza, badessa eletta dalle monache e un gesto altamente simbolico che passerà alla storia come “la giornata della grata”. Impone infatti che, in obbedienza alla regola ormai disattesa, nessun parente, e tanto meno un padre, possa superare la soglia che divide il mondo della clausura dal mondo di fuori, perciò in questo modo l’autorità patriarcale viene tenuta fuori dal cuore del convento. Non viene però tenuta fuori la cultura del mondo, infatti tra le attività delle monache c’è sicuramente la lettura e la meditazione di testi diversi, come appare evidente dalle loro conoscenze e  capacità dialettiche al momento dello scontro, e addirittura dalla presenza ad esempio di una frase di Lutero in un loro testo.

L’abbazia fu quindi, oltre che un centro spirituale e mistico, anche un centro di eccellenza culturale sia femminile sia maschile, infatti alcune parti del convento offrirono ospitalità ai così detti “solitari”, uomini d’ingegno della Francia come il tragediografo Jean Racine e  il filosofo e matematico Blaise Pascal, fratello di Jacqueline una delle monache di Port-Royal che maggiormente si distinse nella controversia con la Chiesa.

L’otto giugno 1661 arriva infatti a Port-Royal, che era stato centro di irradiazione del Giansenismo, il “Formulario” che impone alle monache di firmare una dichiarazione con la quale condannano “con la cuore e con la bocca” la dottrina delle 5 proposizioni del vescovo Cornelius Jansen contenute nel suo libro Augustinus condannato come eretico da due papi e dai vescovi. Le monache si rifiutano di firmare, il libro era stato letto in modo approfondito e quelle proposizioni non c’erano, non possono quindi giurare il falso, è contrario alla loro coscienza modellata sui valori del Vangelo. In questa occasione Jacqueline Pascal, che era diventata monaca per scelta consapevole e contro la volontà prima del padre e poi del fratello, non ha paura di opporsi e di invitare le consorelle a resistere.

Le monache pagheranno duramente questa resistenza con l’incarceramento, l’allontanamento dai sacramenti, la diaspora. Jacqueline finirà con il firmare, non sappiamo a quali pressioni sia stata sottoposta, di certo si sa che pochi mesi dopo morì, molto probabilmente si lasciò morire come atto di estrema protesta.

La sua figura ci è consegnata soprattutto dalle Lettere pubblicate a cura della storica Silvana Bartoli che le ha presentate di recente alla MEM di Cagliari. Fanno parte di un lavoro di recupero della vita monastica femminile che è stata troppo a lungo ignorata e che sta mostrando solo ora la sua ricchezza religiosa e culturale e, in questo caso, anche la sua attualità. Che cosa c’è infatti di più attuale di queste figure femminili che mostrano libertà di coscienza e consapevolezza di sé, delle proprie idee, delle proprie capacità di giudizio libero da sottomissioni acritiche alle più alte autorità?

Concludo con un aneddoto significativo: “Questi gradini sono bianchi, disse il prelato inviato a Port- Royal per predicare l’obbedienza cieca, ma se il vescovo mi chiedesse di giurare che sono neri io gli crederei.”“E avreste torto, rispose prontamente la monaca, poi imprigionata, Christine de Sainte-Madeleine Briquet, perché il vostro credere non ne cambierebbe il colore e i vostri occhi che lo vedono sono dono di Dio.”

*Responsabile Associazione Art. 21. Fa parte del Direttivo di L.A.M.A.S.

One Comment

  1. Rosella Aresu Murru

    Brava Gianfranca il tuo discorso é preciso e interessante ,allora quante furono le “sventurate” che risposero”? Oggi diverse ma non meno dolorose e mortificanti risposte si pretendono dalle donne …..La cronaca nera docet!

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