Più formazione per l’agricoltura della Sardegna [di Giuseppe Pulina]

agricoltura-NDP

Nel settore agricolo e agroalimentare  la Sardegna è in forte ritardo e rischia di perdere uno degli ultimi posti sul treno della ripresa che investe il comparto da diversi anni. Fra i tanti fattori strutturali che incidono negativamente sulle prospettive di crescita, due possono essere considerati critici: l’elevata età degli operatori e il loro basso grado di scolarizzazione.

Il 60% degli imprenditori agricoli, infatti,  ha un’età superiore ai 55 anni e oltre la metà di questi supera i 65 anni. In pratica, circa un terzo degli agricoltori dovrebbe poter andare in pensione, mentre in realtà continua a svolgere l’attività, il più delle volte destinata a terminare nel momento in cui non potrà o vorrà occuparsene. I giovani rappresentano oggi appena il 5% degli imprenditori e gli under 25 non raggiungono nemmeno l’1% della categoria. A ciò si aggiunge la bassa scolarità dei conduttori: soltanto il 4,5% è munito di laurea, mentre il 14% ha un diploma superiore e il 40% (la maggioranza) una licenza media inferiore. Resta un 5% senza titolo di studio, appartenente però alle classi di età più elevate.

Per agganciare il trend positivo agroalimentare e sfruttare al meglio la programmazione PAC 2014-2020, si dovrà disegnare una agricoltura sarda al 2020 più intelligente, sostenibile ed inclusiva (ragionare perciò nell’alveo di HORIZON 2020). Ma gli ultimi due obiettivi non potranno essere raggiunti se non si lavora rapidamente sul primo, se non si migliora cioè il grado di intelligenza residente nel mondo rurale. Ovviamente, è prioritaria una forte iniezione di giovani imprenditori, attuabile attraverso la leva del ricambio generazionale, finanziato dalla PAC direttamente con il premio per il primo insediamento e con l’aumento del 25% del valore dei titoli fino a 90 ettari per imprenditori under 40. Ulteriori misure incentivanti sono contenute nella proposta di legge di stabilità 2014 e riguardano l’assegnazione o l’affitto di terreni  pubblici a uso agricolo a giovani imprenditori agricoli e il ripristino delle agevolazioni tributarie per la piccola proprietà contadina.

In generale, dal ringiovanimento del mondo agricolo consegue una maggiore scolarizzazione. In questi anni si sono moltiplicati gli sforzi per informare di più e meglio gli imprenditori agricoli, con risultati però tutto sommato deludenti. Occorre, infatti, più formazione per utilizzare meglio l’informazione, per evitare cioè che la seconda senza la prima sia come la semente che cade nel deserto. Scolarizzare gli agricoltori e la manodopera immigrata significa, fra le altre cose, dare un senso alle decine di istituti professionali per l’agricoltura sparsi per il territorio sardo che agonizzano. Significa anche rendere gli operatori capaci di navigare in un modo sempre più connesso, in cui i rapporti con le PA e con le banche sono mediati da interfacce ICT, porli in condizioni di regolare dal basso i piani di sviluppo rurale e le azioni dei Gruppi di Azione Locali (GAL), che troppo spesso hanno sofferto di una mancata adesione partecipativa delle imprese.

Inserire i laureati in agraria nel sistema produttivo, magari migliorando gli strumenti di accesso ai fondi da coltivare o abbattendo gli oneri fiscali e previdenziali per le Organizzazioni dei Produttori (OP) e le industrie agroalimentari che li assumono, può generare processi innovativi e portare a maggiore ricchezza e nuovi posti di lavoro. Considerare, infine, i dottori di ricerca quale interfaccia del trasferimento tecnologico nei progetti per le PMI (in cui inserire le OP e i consorzi dei produttori) è la chiave per facilitare l’implementazione dell’innovazione nei processi e nei prodotti agroalimentari della Sardegna.

In definitiva, la formazione degli imprenditori e della manodopera in agricoltura e nell’agroindustria, sia direttamente che con l’inserimento di diplomati e laureati nelle discipline agrarie, rappresenta il fattore chiave per il rilancio economico del settore e costituisce l’unica via per aumentare i livelli occupazionali, diretti e indiretti, soprattutto nelle fasce giovanili.

*Direttore Dipartimento di AGRARIA, Università di Sassari

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