I “Ritratti di SardegnaSoprattutto”(1): Fiorella Pilato [di Susi Ronchi]

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Con l’intervista a Fiorella Pilato la Rivista inaugura “I ritratti di SardegnaSoprattutto” dedicata a uomini e donne il cui ruolo li rende osservatori priviliegiati della realtà contemporanea ed, in particolare, della  Sardegna.(NdR).

Vivere una dimensione privata è per me una novità e un sollievo, me la sto godendo tutta”. Da pochi mesi in pensione ma ancora deve concludere il suo lavoro completando alcune sentenze con le motivazioni. Gliene rimane solo una, “la più complessa” precisa, per chiudere quel percorso professionale che l’ha condotta ai vertici della Magistratura.

Fiorella Pilato, aveva appena 13 anni quando con la famiglia si è trasferita a Cagliari. “Ero allenata a essere considerata sempre la ‘nuova’ in classe, ad avere gli occhi addosso per la parlata dall’ accento diverso: per i continui trasferimenti di lavoro di mio padre abbiamo girato diverse città, ma con Cagliari è stato amore a prima vista, qui mi sono sposata, ho iniziato a lavorare, ho avuto i miei due figli ed è nata la mia nipotina: la mia gioia!

Nonna, mamma mediterranea, così si definisce, e magistrata, non ha voluto rinunciare a nulla, da un lato la famiglia, dall’altro il lavoro che, impostato all’insegna della massima efficienza, le ha permesso di seguire i figli. Tutto ciò però ha richiesto scelte precise: “Quando si poteva optare per la carriera di Pubblico Ministero me ne sono guardata bene, perché la Procura richiede un orario d’ufficio impossibile per chi vuole tornare in famiglia a un’ora decente. A parte questo, non ho mai presentato domanda per incarichi direttivi, anche questa una scelta ragionata, mai la corsa alle poltrone. Amo un altro tipo di lavoro, fare il giudice mi ha stimolato a coltivare il dubbio per ricercare la verità. E io, di dubbi, ne ho sempre avuti tanti, temevo di non essere all’altezza, di non essere al pari degli altri, ho sofferto del complesso di Cenerentola, che però mi ha spinto ad approfondire, a sapere sempre di più, a curare i dettagli.”

Presidente di sezione presso la Corte d’Appello di Cagliari, fino allo scorso giugno, è un ruolo estremamente delicato, come si vive dall’ interno?

Ho ottenuto questo posto di fatto, come si dice, senza una mia richiesta personale – ci tiene a sottolinearlo ancora – “Dall’interno si vive in maniera totalizzante perché è un lavoro di squadra, quindi anche entusiasmante, che consente di salvare l’operato dei colleghi di primo grado, se svolto in maniera corretta, oppure di modificare decisioni ritenute sbagliate. In entrambi i casi è immediato il segnale che si dà all’esterno, ai cittadini che attendono la decisione del giudice. Proprio questi aspetti hanno condizionato la mia scelta professionale, intravvedevo fin da ragazza, in questo mestiere che per me è il più bello del mondo, la possibilità di conoscere a fondo regole e meccanismi della società, attraverso un osservatorio che spazia dai delitti più efferati allo spaccio di droga, dalle violazioni urbanistiche alle devianze dei colletti bianchi.”

 Come è cambiata la magistratura con l’ingresso delle donne, il primo concorso aperto a loro si é  tenuto nel 1965.

Un arricchimento concreto, non solo per la grande preparazione di tante magistrate, ma anche per la sensibilità e il modo innovativo di svolgere la professione: recentemente il rapporto uomo/donna nella popolazione dei magistrati si è ribaltato, siamo leggermente più numerose perché è continuata la tendenza che vede le ragazze prevalere nei concorsi di accesso grazie all’anonimato dei compiti scritti. Si è profilata una situazione nuova ben lontana dagli anni in cui ho cominciato: era il 1976 quando sono entrata in magistratura, prima a Roma poi a Cagliari, quando nel palazzo di giustizia eravamo in due, Maria Rosaria Marinelli ed io.

 Quale è stato l’impatto con un mondo profondamente maschile e chiuso?

Nessun trauma perché, per gran parte dei colleghi più giovani, la parità di genere era già un fatto acquisito, e gli anziani, che attribuivano a questa funzione un valore sacrale, accoglievano bene chi entrava a far parte del loro mondo. Del resto, erano anni di grande cambiamento, non solo per la presenza femminile ma anche per l’ingresso in magistratura dei figli della scuola dell’obbligo. La corporazione si allargava in contesto più variegato, maggiormente rappresentativo della realtà e più capace di comprenderne i bisogni, proprio per la diversa provenienza sociale dei magistrati “.

Lei vanta un importante primato: primo magistrato sardo a entrare nel Consiglio Superiore della Magistratura, la stanza dei bottoni del potere giudiziario. Quali le convergenze positive che hanno reso possibile la sua elezione?

Ho avuto bisogno anche di voti esterni, e io ero conosciuta fuori dalla Sardegna per il mio impegno nell’associazionismo giudiziario. Ero abituata alla dimensione collettiva dell’impegno in prima persona, che si nutre del confronto, lo facevo nel ’68 con i movimenti studenteschi e movimenti femministi, e ho continuato a farlo da magistrata”.

Fiorella Pilato è stata scelta dai colleghi a rappresentarli nell’esecutivo nazionale di Magistratura Democratica, la corrente di sinistra dei magistrati, stima e apprezzamento l’hanno collocata anche  nel direttivo centrale e alla presidenza della sezione sarda dell’Associazione Nazionale Magistrati. Oggi tante ore al giorno trascorse con la nipotina le hanno fatto comprendere che c’è una missione ulteriore da portare avanti per le nuove generazioni: far conoscere ai ragazzi la Costituzione italiana. Spinta dalla curiosità e dalla passione che l’hanno sempre motivata, Fiorella Pilato varca spesso i cancelli delle scuole per parlare dei più alti valori della nostra democrazia.

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