Mi spiace, ma Salvatore Carboni non coglie nel segno [di Vittorio Secchi]

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Il problema di una buona legge elettorale è quello di garantire al massimo grado possibile il rispetto di due principi inderogabili, e costituzionalmente previsti entrambi. L’uno, la rappresentatività, è previsto esplicitamente, l’altro, la governabilità, è insito nello spirito della Costituzione, la nostra, non di altri paesi.

Una buona legge elettorale deve, giustappunto, individuare il giusto equilibrio fra i due concetti, perché qualora privilegiasse la rappresentatività pura, senza aver nelle proprie preoccupazioni anche la governabilità, disattenderebbe surrettiziamente entrambi, poiché il fine ultimo della rappresentanza è quella di governare adeguatamente, attraverso i propri rappresentanti, la cosa pubblica. Ciò sarebbe impossibile se impedita fosse la formazione di un Governo che governasse stabilmente.

Il massimo livello di rispetto del principio di rappresentatività lo si ottiene con un proporzionale puro, senza soglie, come ben descritto nell’articolo. Ma già da ora sappiamo che è elevatissima la probabilità che non si preservi il principio di governabilità, che non significa formare un Governo purché sia, ma una esecutivo che realisticamente abbia una sua stabilità interna, fatte salve le mai escluse ipotesi d’implosione delle maggioranze che lo sostengono.

Nella situazione data, quella del nostro Paese, il vero rispetto della volontà popolare lo si ottiene solo con una legge elettorale che individui il giusto equilibrio fra i due principi. La soglia oltre la quale non è più garantita la governabilità e quella al di sotto della quale sia disatteso il livello minimo di rappresentatività. Un legislatore deve quindi porsi di fronte all’evidenza che un proporzionale puro, non corretto, sia una manciata di sabbia negli occhi dell’elettorato, così pure un premio di maggioranza esorbitante.

La Corte Costituzionale ha stabilito che la cifra di questa soglia sia il 40% dei voti validi. Non credo che sia lesa alcuna norma costituzionale, anche se immagino che, trattandosi di una soglia piuttosto elevata, sia alquanto problematico raggiungerla, il che consegnerà di nuovo il Paese al mercanteggio, allo scambio di favori e, presumibilmente alla formazione dell’ennesimo Governo spurio, in cui le responsabilità di un fallimento saranno palleggiate fra le varie anime che hanno dato vita all’esecutivo.

Stante il panorama politico nazionale, eccessivamente frastagliato, credo che in Italia serva una nuova legge elettorale del tutto innovativa. Ma per far questo occorrerebbero statisti non nani, e noi, purtroppo, siamo infarciti di nanerottoli, saltimbanchi e giullari. Questo offre il mercato, con questi gnomi dobbiamo fare i conti.

One Comment

  1. Giovanni Scano

    Sono abbastanza d’accordo con quanto si dice nell’ articolo. Fare una buona legge elettorale non è facile. La questione davvero fondamentale è trovare un equilibrio tra rappresentanza e governabilità. Dipendesse da me, io adotterei il doppio turno di collegio, cosiddetto alla francese. Con un piccolo correttivo proporzionale per garantire quello che si dice diritto di tribuna per i piccoli partiti. Quelli veri. Quelli che rientrano nel dettato dell’articolo 49 della Costituzione. Senza ballottaggio nazionale, dichiarato incostituzionale, né al primo né al secondo turno, e senza premio di maggioranza, molto discusso.
    Tuttavia bisogna dire che non basta una buona legge elettorale. È fondamentale anche il contesto in cui essa si inserisce. Io sono per il monocameralismo, 3/400 deputati, remunerati sui 3000 euro mensili + rimborso spese adeguatamente rendicontate.
    Non bisogna separare, però, in modo aprioristico il mondo della politica da quello della cosiddetta società civile. Il mondo politico ovviamente corrotto e la società civile altrettanto ovviamente eticamente perfetta. È una visione un po’ manichea. Chiunque di noi viva nella vita reale avrà sicuramente avuto modo di constatare che tale contrapposizione non esiste. Il mondo politico italiano è pienamente rappresentativo rispetto alla nostra società civile. Qualcuno li avrà pure votati questi politici. Altrimenti non sarebbero stati eletti. Con questo non voglio dire che bisogna arrendersi e che non si può fare niente. Anzi!
    Il problema fondamentale è la troppo scarsa partecipazione dei cittadini alla vita politica. Manca in Italia un adeguato senso civico. A tutti i livelli. Non ci si può limitare ad andare a votare alle scadenze canoniche. Non può bastare limitarsi a scegliere tra i candidati. Bisogna fare in modo di partecipare già alla scelta dei candidati. Come si può fare? Bisogna iscriversi ai partiti, ciascuno a quello che vuole, partecipare alla loro vita interna, contribuire al cambiamento dall’ interno, con la partecipazione diretta, del loro modo di fare politica, se non ci soddisfa, fare in modo che vengano rispettate le regole interne previste dai rispettivi statuti, quando ci sono, e fare di tutto per contribuire alle scelte, alle decisioni e alle iniziative che vengono prese. Ma attualmente ciascun partito ha regole interne diverse da ciascun altro. Per cui si vengono a creare delle disparità. Cosa si può fare allora?
    Bisogna impegnarsi per fare in modo che si faccia la legge sui partiti così come previsto dalla Costituzione all’ articolo 49. La mia idea sarebbe quella di partiti politici che non avessero bisogno né di leaders (anche per evitare quella che chiamiamo deriva plebiscitaria), né tanto meno di followers, ma di liberi cittadini, uno vale uno, diceva tempo fa qualcuno, che si associano insieme per determinare in modo democratico e partecipato la vita della collettività nazionale.

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