Euroallumina. Vi sarà un giorno in cui …..? [di Sergio Vacca]
Anzitutto, la più viva e sincera solidarietà ai lavoratori dell’Euroalumina e alle loro famiglie, vere vittime di scelte politico-industriali sciagurate, perpetrate nel più puro spirito affaristico da un sistema industriale senza scrupoli, fatto di holding statali, di multinazionali e di tanti soggetti che si sono arricchiti alle spalle di un territorio in perenne crisi. Ma anche solidarietà ad un Servitore dello Stato, uno di quelli che in Francia godono del titolo – quasi nobiliare – di Civil Servant. Il Soprintendente ai Beni paesaggistici di Cagliari ed Oristano. La stampa e tutti i media regionali, con qualche finestra aperta anche nei TG nazionali, hanno ripreso a trattare della lotta dei lavoratori in difesa della loro occupazioni, dei vertici ministeriali sul destino di Euroallumina, e via elencando. Si parla della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, in atto da oltre 900 giorni ed in attesa di conclusione da parte degli Uffici dell’Assessorato Regionale Difesa Ambiente. Ma si parla anche delle osservazioni proposte dal Ministero dell’Ambiente in materia di Paesaggio, sul progetto di produzione energetica attraverso l’utilizzo del carbone. Circa un anno fa, in una sua intervista su L’Unione Sarda [venerdì 11 marzo, Il Dibattito, Regione, pag. 7], Paolo Savona, economista, che fu ministro dell’Industria nel governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi e, attualmente, membro autorevole della Fondazione Ugo La Malfa, dà un giudizio a tinte scure sull’economia della Sardegna, con riferimenti drastici sul comparto industriale. L’edilizia, afferma Savona, “continua a girare a basso regime, gli investimenti registrano andamenti ancora negativi, il reddito pro capite dei sardi si è ridotto e la disoccupazione è cresciuta fino a raggiungere il doppio di quella italiana e il triplo di quella europea”. La crisi in Sardegna non è finita, anche se l’emorragia sembrerebbe sia stata fermata. Ma il suo giudizio è ancora più impietoso quando sostiene che “In Sardegna è la fine del sogno industriale; è ora di cambiare pagina. Va ripensato un nuovo modello di sviluppo che, senza sacrificare le industrie che sono sopravvissute, punti sul turismo, l’agroindustria e l’artigianato, settori nei quali la Sardegna mostra una vocazione naturale”. Non è un caso – conclude Savona – che oltre il 60% delle imprese attive nell’Isola, in qualche modo già graviti su questo modello di sviluppo. Per ripartire, insomma, la Sardegna deve imboccare una strada nuova che, però, non può prescindere dal consenso sia dei sindacati che dei lavoratori. Come accaduto negli anni Cinquanta con il piano di Rinascita della Sardegna; quanto è stato ottenuto con il consenso di coloro ai quali venivano richiesti sacrifici nel passaggio dal modello agropastorale a quello industriale, “oggi lo stesso consenso dovrebbe essere chiesto ai lavoratori delle imprese industriali prive di prospettive”, leggi Euroallumina, “per l’attuazione di nuovi programmi”, dice Savona. La Sardegna, in definitiva, deve ancora sopportare tempi duri, per questo motivo sono necessarie “scelte immediate”. Fin qui, Savona. Ambiente è il nuovo paradigma sul quale concentrare il massimo degli sforzi per cercare di definire un nuovo “modello di sviluppo”. Puntare, perciò, sulle bonifiche delle aree industriali dismesse, o in fase di dismissione, e delle aree minerarie.Si tratta di attività che hanno determinato – da tempo immemore quelle minerarie e nel secondo dopoguerra le attività industriali – forme, talora gravissime, di inquinamento dei suoli e delle acque. Secondo alcune stime – da verificare sia in termini di effettiva dimensione, sia di caratteristiche ed intensità degli inquinamenti – la superficie territoriale interessata dovrebbe aggirarsi sull’ordine dei 450 mila ettari. Nelle aree minerarie, le forme di inquinamento, delle quali si distinguono sorgente, mezzo di trasporto e aree bersaglio, riguardano principalmente i metalli pesanti legati alle mineralizzazioni presenti nell’isola, utilizzate fin dall’antichità, ma il cui sfruttamento sistematico si è sviluppato nei secoli XIX e XX. Il ciclo minerario si è chiuso negli anni 60-70 dello scorso secolo, con alcune attività estrattive ancora in atto nella Nurra, nel Gerrei e nel Sulcis Iglesiente. Le “sorgenti” degli inquinanti sono rappresentate da quelle immense discariche dei cosiddetti “sterili”, sparse in numerose località delle diverse aree minerarie dell’isola, il cui volume complessivo è sicuramente superiore ai 40 milioni di metri cubi. E’ stato redatto dall’Assessorato Difesa Ambiente della RAS [R.A.S. Assessorato Difesa Ambiente, 2008, Piano di bonifica delle aree minerarie dismesse del Sucis-Iglesiente-Guspinese, Cagliari] il Piano regionale di bonifica dei siti inquinati, redatto nel 2003, all’interno del quale nel 2008 è stato stilato il Piano relativo al Sucis-Iglesiente-Guspinese, coerente con il Programma nazionale delle Bonifiche, ex legge 426/98. Le linee d’azione riguardano l’individuazione dei siti da sottoporre ad attività di bonifica con le relative modalità e tipologie d’intervento da mettere in atto. Inoltre, nel riconoscere l’estensione, l’importanza economica e territoriale dei principali siti industriali e delle aree minerarie dismesse, vengono adottate le linee guida specifiche che costituiscono gli allegati 2 e 3 del succitato Piano: (a) Linee guida operative per la redazione, esecuzione e gestione dei Piani di Caratterizzazione D.M. 471/99 di cui al “Protocollo per gli interventi di risanamento dei siti di Enichem S.P.A. e Polimeri Europa S.R.L. in Regione Sardegna”. (b) Linee Guida per la redazione dei progetti e la realizzazione degli interventi di bonifica e risanamento ambientale delle Aree Minerarie Dismesse del Sulcis Iglesiente Guspinese. Il valore economico di tali azioni – esiste una stima (2003) per il Sulcis-Iglesiente-Guspinese – ascenderebbe al circa 725 milioni di euro. Decisamente complessa, forse più che per le aree minerarie dismesse, appare la bonifica dei siti industriali inquinati. Il piano predisposto nel 2003 dalla RAS attraverso la Società Ansaldo [R.A.S. , Ansaldo 2003, Piano di gestione dei rifiuti. Piano di bonifica dei siti inquinati], prevede il disinquinamento dei siti di origine e caratteristiche diverse e li ha classificati: (a) Siti delle attività industriali (Portovesme, Cagliari-Macchaireddu, Cagliari-Elmas, Porto Torres, Sarrok, Ottana); (b) S. di discariche dismesse di rifiuti urbani; (c) S. interessati da rilascio accidentale di sostanze pericolose; (d) S. di stoccaggio di idrocarburi; (e) S. contaminati da amianto; S. aree minerarie dismesse. Sempre secondo lo studio Ansaldo (3003) i finanziamenti di provenienza comunitaria e nazionale, resi disponibili a partire dal 1993 per la bonifica delle discariche di RSU, assommerebbero a 74 milioni di euro; mente quelli necessari per gli studi e la sperimentazione per la bonifica delle aree industriali, ammonterebbe a circa 50 milioni di euro e la stima, sempre a costi 2003, per la bonifica non sarebbe inferiore agli 8 miliardi di euro. Come si può agevolmente osservare, si tratta di cifre assolutamente importanti che danno conto dei danni ambientali prodotti dalle intraprese industriali nei 70 anni di autonomia della Regione. Ma tutto questo, se progetti e cifre venissero confermati, significherebbe occupazione certa per tecnici ed operai, non solo dell’Euroallumina, ma anche delle tante altre realtà industriali in crisi. E per tantissimi anni!
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