Dove è la classe della politica? [di Pietro Casula]

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Affascinante e ripugnante allo stesso tempo quanto offerto dalla classe politica in America, Italia, in Sardegna e quanti ancora ci cascano alle favole dei politici, veri o presunti arbitri della società. Che settimane politiche quelle appena trascorse! Tenuto conto della insolenza e/o ipocrisia e la disponibilità al confronto vero dei politici,lo stato d’animo oscilla tra un certo fascino e un particolare ribrezzo.

Se è vero, come è vero. che agli esponenti di spicco della politica, da Washington a Roma e a Cagliari manca la classe, è anche vero che ai sedotti – gli elettori – troppo spesso manca la capacità e la volontà di giudizio oggettivo. E a questi siano dirette le parole di Papa Francesco: “La capacità di giudizio non funziona in tempi di crisi“.

Alla Casa Bianca un egocentrico immobiliarista miliardario demolisce, a colpi di decreti speciali, quanto di più collaudato esisteva e funzionava, dando l’impressione di essere più un capo di impresa di demolizioni che di una di costruzioni. Trump non è, come molti lo definiscono, un conservatore. Direi, piuttosto, un rivoluzionario. Un conservatore, infatti, agisce secondo il precetto: accerta/verifica tutto e conserva il buono, il positivo.

Trump e il suo nazionalista capo ideologico Stephen Bannon (mi ricorda Michail Suslow, un losco, sinistro personaggio al servizio del Cremlino a Mosca!) mettono in scena senza scrupoli le promesse fatte in campagna elettorale, ovvero il rovesciamento del governo. Ogni rovesciamento di governo, ogni colpo di Stato, ogni rottamazione annunciata, si sa, esercita anche un particolare fascino sul popolo, ma solo fino a quando anche a chi in situazioni critiche – pur di salutare il cambiamento – aveva ingoiato proposte indigeste  non gli si rivolta lo stomaco.

D’accordo, il passaggio da Trump alle combinate Renzi -D’Alema e Pigliaru – Paci appare un poco azzardato. Tuttavia anche il loro sforzo, i loro impegno ad ammaliare, o meglio, a prendere per i fondelli i loro seguaci, i loro sostenitori, origina un certo fascino e ribrezzo allo stesso tempo.

Renzi il redentore, il rottamatore – ormai rottamato – aveva promesso una nuova vita, una nuova politica, un futuro, una marea di riforme per il bene del popolo etc., etc. e che si sarebbe ritirato dalla politica se il si alla sua riforma costituzionale avesse perso al referendum e invece eccolo nuovamente qui, poco lucido, politicamente confuso alla ricerca di impossibili accordi per un nuovo partito o coalizione.

D’Alema – eppure una volta si erano tanto amati – più presente che mai sulla scena politica, lo attacca con un nuovo progetto politico (ancora senza nome ma contorni ben definiti) e annessa minaccia di scissione per toglierlo dalla circolazione. Ex rottamato, neo redentore?  Che bello sarebbe vedere la nostra classe politica abbandonare il delirio di (presunta) onnipotenza e ritornare tra comuni mortali e capire cosa significa operare con il senso di responsabilità politica.

E veniamo al duo nostrano Pigliaru – Paci. Anche qui fascino più ribrezzo. Pigliaru che aveva promesso una particolare attenzione ai giovani, impegno per la ripresa industriale e nuovi posti di lavoro, annunciava, a sottolineare questo suo profondo impegno, un grande piano di sviluppo di pura matrice Keynesiana che avrebbe garantito investimenti mirati a far ripartire la crescita, il lavoro, l’occupazione e la formazione giovanile, La vera e propria rinascita della Sardegna insomma.

I dati attuali, purtroppo, evidenziano tutt’altra realtà: la disoccupazione giovanile al 56%, registra il più alto livello in Europa, primeggiano anche i ragazzi che non studiano e non lavorano, comparto industriale in via di estinzione, desertificazione inarrestabile; viviamo in una regione in cui si è disciplinato un sistema di incentivi to go, che ispirano solo al dolce far niente, alla dipendenza, al ricatto politico in attesa della rinascita.

Paci, assessore alla programmazione e da mesi – in assenza forzata del Presidente – reggente della Giunta, si vede impugnare dallo Stato la sua finanziaria regionale con conseguente annullamento da parte della Consulta. Alle critiche e commenti ironici piovuti da tutte le parti e sedi, Paci aveva detto, alquanto seccato, che si trattava solo di cavilli tecnici e che le variazioni di bilancio previste ed apportate avrebbero certamente corretto e superato il problema.

Una dichiarazione rivelatasi alquanto sconclusionata ed inaccettabile sul piano della logica e, infatti, nei giorni scorsi, puntuale come la scadenza di una cambiale, arriva da parte del governo centrale anche l’impugnatura di quella variazione di bilancio che avrebbe dovuto – come asserito da Paci – evitare la bocciatura della finanziaria. Come già detto: fascino e ribrezzo. Questa è la pasta dei nostri eroi politici.

 

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