Alziator, costruttore di relazioni [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 8/02/2017. La città in pillole. La riconoscenza dovuta dalla municipalità ad un grande scrittore. Nel capolavoro “Le città invisibili” Italo Calvino,  nel ricondurre ogni città ad una donna, inventa luminose geometrie che, a partire dai nomi, sono specchio della complessità della città.

Nessuna, pur dilatandone senso ed immagini, la esaurirà e Marco Polo, filo conduttore del libro, inutilmente, cercherà di descrivere a Kublai Khan, “la città di Zaira dagli alti bastioni”, emblema della tipologia “le città e la memoria”. Per il gioco dei rimandi che riflettono ciò che conosciamo, ogni volta che la si legge sembrerebbe Cagliari. Sembrerebbe, perché anche altre “città invisibili” producono gli stessi rimandi.

Accade per tutte le città? Certamente per quelle molto raccontate e che, con le narrazioni, spugne di ricordi, assurgono a metafora o a sineddoche. Si pensi a “luogo dei bianchi colli”, nome di Cagliari dalla preistoria, o all’elefante sulla torre, titolo di un libro di Francesco Alziator e persino marchio di rara bellezza. Le città sono dunque le narrazioni, perché “la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano”, avvisa Calvino.

Ma è necessario qualcuno che decodifichi i segni contenuti “negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre”. Svelati, creano una potente resilienza. Si chiama comunità. Cosa sarebbero Buenos Aires senza Jorge Luis Borges, Berlino senza Walter Benjamin,  Vienna senza Elias Canetti, Lisbona senza Frenando Pessoa, Dublino senza James Joyce?

Ecco perché nel quarantennale dalla morte di Alziator e nel decennale del premio a lui dedicato, la municipalità dovrebbe essere riconoscente ad uno dei suoi più amati costruttori di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato.

 

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