I “Ritratti di SardegnaSoprattutto” (3). Beppe di Flora le cui polpettine hanno un sapore proustiano[di Susi Ronchi]
L’intervista a Beppe Deplano è la terza della Rubrica “I ritratti di SardegnaSoprattutto” dedicata a uomini e donne il cui ruolo li rende osservatori priviliegiati della realtà contemporanea e, in particolare, della Sardegna. La prima a Fiorella Pilato è stata pubblicata il 30 gennaio; la seconda a Giorgio Carta l’8 febbraio. (NdR).“Cagliari è nata bella e continua ad essere bella, i politici non sono riusciti a distruggerla, anzi in alcuni casi l’hanno resa migliore, più umana”. È innamoratissimo della città che lo ha accolto neonato, lo ha fatto crescere, lo ha incoraggiato, ha riconosciuto le se doti e lo ha ribattezzato affettuosamente Beppe di Flora: un nome, un ristorante, indivisibili e legati alla stessa lunga storia. Famiglia originaria di Seui “I miei sono scesi a Cagliari per lavorare e hanno aperto una trattoria in via Roma, all’angolo dove oggi sorge il palazzo del Consiglio regionale, ma da lì ci hanno sfrattato e ci siamo spostati in via Sassari”. Con la “Grotta azzurra”, la famiglia Deplano ha cominciato la sua avventura nella città che ancor oggi la vede protagonista per la apprezzata cucina tipica. “Non solo pesce anche carne e i tradizionali piatti dell’interno – ci tiene a precisare Beppe che elenca le prelibatezze preparate dal padre fin dagli anni della guerra e riproposte da lui “pasta e fagioli, trippa con piselli, fave e lardo e poi tutto il resto, ma ripeto oltre il pesce, le verdure spesso fritte e la carne, il tutto abbondantemente innaffiato da un buon vino che non può mancare.” Chi ha assaggiato le polpettine fritte non se le dimentica! “Le offriamo a tutti anche se non le ordinano, sono come il bigliettino da visita, sono la nostra specialità ed è inutile dare la ricetta (in tanti me la chiedono) a casa non vengono così stuzzicanti e saporite, o forse si gustano di più al ristorante. Lo dico sempre: lasciateci i nostri segreti e venite qui ad assaporare alcuni piatti che rappresentano la tipicità di un luogo. Oggi come i primi tempi, quando i clienti finiscono di cenare, io chiedo sempre come è andata e se mi fanno un sorriso chiudo la giornata contento come un bambino”. Beppe, un padre, un nonno, un amico di tanti, è capace di far sentire la sua clientela a casa propria, conosce le diverse generazioni di tante famiglie cagliaritane, genitori, figli, che frequentano Flora di via Sassari, anche i giovani con lui si trovano bene, pronto alla battuta e fonte inesauribile di barzellette, passa vicino al tavolo, si ferma e racconta “Quando morirò faranno il mio distillato, mi piace bere, bene però, senza esagerare”. Spesso a fine serata si siede ad un tavolo per consumare un bicchiere di rosso con i clienti/amici, una chiacchierata infarcita di battute e di curiosità e a volte racconta di sé, sempre con quel tocco di confidenzialità che riduce le distanze. “Il mio hobby è collezionare oggetti che mi piacciono come i giocattoli antichi, ne ho recuperato migliaia e ne ho scelto trecento da riprodurre in un volume che sono riuscito a pubblicare. Questa passione è scattata in una delle tante visite al mercatino di San Remy, anni fa, il primo giocattolo non era nemmeno tanto bello ma poi mi ha preso il tarlo del collezionista che mi ha portato in tutta Europa a cercare pezzi belli e rari come unu pippiu a caccia del suo tesoro. Quanti pensieri, quanta fantasia, quanta immaginazione sono capaci di stimolare quei giochi antichi, quali mani infantili li hanno accarezzati, in quale casa, in quale famiglia?“ Sono questi segreti custoditi dal tempo e mai svelati, quindi ricchi di fascino e memoria, la molla che ha fatto scattare la passione di Beppe che ancora spiega: “Il mio portafortuna è un trenino elettrico , che nel 1950, quando uscivo da scuola, ammiravo nella vetrina di Bolla, in via Manno, lo desideravo ma sapevo di non poterlo avere, ebbene quel trenino ora è mio, l’ho acquistato 50 anni dopo.” Non solo giocattoli, Beppe Deplano custodisce con orgoglio anche vasi di vetro della scuola di Nancy, macchine fotografiche antiche e argenti, alcuni pezzi sono esposti nelle sale del ristorante trasformato in un piccolo museo d’arte e di antichità, pezzo forte una teiera dello Zar Alessandro III. “Alcuni oggetti me li hanno portati via“, dice sollevando le braccia, e con la sua speciale filosofia in parte si consola: “perché il valore degli oggetti non è possederli, ma capire per quale motivo sono venuti al mondo , voglio sapere, conoscere i dettagli di ogni opera , di ogni epoca.” Sempre pronto a nuove sfide, a nuove avventure, annuncia un altro traguardo che riguarda la sua passione parallela alla ristorazione, è in dirittura d’arrivo un altro catalogo su Argenti e argentieri di Sardegna, ciascun oggetto-gioiello rigorosamente documentato. Ora però è il momento di tornare tra i tavoli e pensare anche al menù, se ne occupa sempre lui in prima persona: capita spesso infatti di incontrarlo al mercato del pesce alla ricerca, tra i banconi, di qualcosa di speciale da offrire alla sua clientela. “Gianchetti, mangiatutto, mica si trovano sempre e piacciono a tutti perché sono i piatti della vecchia cucina casteddaia.” Un po’ di relax Beppe lo trova con 4 amici al bar che incontra il pomeriggio “In via Lamarmora di fronte alla chiesa della Purissima, ci vengono Michele Agus, Bibi Garbato, Sergio Pisano, Stefano Lucchese e ultimamente appena ci vediamo qualcuno dice ‘ hai saputo chi è morto?’ Boh, stanno morendo tutti…” E poi, di cosa parlate ? “crastulimini , crastulimini”.
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