Il trentunesimo presepe [di Carlo Mannoni]

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Aveva cavalcato per ore  per montagne,  valli e pianure per arrivare allo stazzo  di famiglia per la  cena sacra della vigilia di Natale. Mario, un uomo forte e fiero che di così forti e fieri come lui nella sua Terra era difficile trovarne, si nascondeva innocente, ricercato dalla giustizia degli uomini per un delitto che non aveva commesso. Era fuggito due mesi prima, inseguito, che appena albeggiava,  da una pattuglia dei carabinieri  guidati dal capitano Riccardi,  che, per fermarlo,  gli avevano indirizzato  dei colpi d’arma da fuoco senza però colpirlo. Nel fuggire aveva fatto all’inverso,  sul suo destriero,  lo stesso  percorso di quella sera: prima la pianura, poi le valli ed infine la montagna. Mario era innocente ma gli uomini non gli credevano e lui si era nascosto laddove solo le volpi sanno arrivare.

Si avvicinò al casolare con circospezione: la campagna era silenziosa come non mai e la vista dello stazzo, in quella notte di luna calante con il cielo  punteggiato da mille stelle incantate, gli ricordò i trenta presepi degli anni prima, tanti quanti erano stati gli anni della sua vita. Mario non era mai mancato ad alcuna  delle  cene della vigilia di Natale  nel casolare  della sua famiglia ed anche ora che era latitante aveva voluto onorare con la sua presenza quella che per lui non era una cena qualsiasi, ma la cena sacra del Signore. Un’usanza che si  tramandava da generazioni voleva, infatti, che Gesù fosse presente ogni volta  alla cena dello stazzo la sera prima del Santo Natale e, per questo, nella tavola, a fianco del grande camino, un posto imbandito restava vuoto per il Cristo.

I quattro carabinieri guidati da Capitano Riccardi, appostati dietro l’enorme macchia  di lentischio videro Mario entrare di soppiatto nel casolare ed attesero pazienti preparandosi ad un’azione che sapevano assai difficile. Erano in servizio  per l’importante operazione e, loro malgrado,  avevano dovuto rinunciare alla cena di vigilia con le loro famiglie. Attesero alcune ore e con sofferenza per il freddo pungente, pensando anch’essi ai trascorsi presepi della loro vita, poi, passata la mezzanotte, videro la figura di Mario uscire guardinga dallo stazzo e montare sul cavallo sferzandone i fianchi con le staffe. Il cavallo fece un balzo e si mise svelto in azione indirizzato da Mario, a colpi di briglia, verso la buia campagna. I carabinieri si posero in posizione di sparo pronti a colpire, con i loro moschetti, il  pericoloso bandito. Questa volta non l’avrebbe scampata: lo avevano a tiro.

Fermi, non sparate! Urlò ai carabinieri il Comandante Riccardi. Non sia mai! E l’urlo si diffuse per tutta la campagna circostante, rimbalzò per le valli sino ad arrivare in cima alla montagna verso la quale Mario si dirigeva. Anche le volpi lo udirono e si fermarono un attimo guardinghe.  Mario si voltò atterrito e i suoi occhi duri fissarono per un attimo le figure  del capitano dei carabinieri e dei suoi uomini uscite allo scoperto. Poi svanì nel buio.

Il comandante Riccardi tornò dopo alcune ore alla sua casa. Trovò il caminetto ormai spento e vide che i suoi due bimbi avevano già aperto i regali di Natale. Entrò allora nella loro stanza e li sfiorò con un bacio. Poi, dopo aver dato uno sguardo al presepe, anche per lui il trentunesimo della sua vita, andò a letto e baciò ed accarezzò Marina, sua moglie, che, sentendolo, si fece  piccola tra le sue forti braccia.”Com’è andata?” Gli chiese lei  fissandolo interrogativa. “Bene”, le rispose lui, “é andata bene. E’ Natale!”.

E pensò con tenerezza a Mario,  il latitante disteso come Gesù in una fredda grotta. Il domani, però,  disse a se stesso, sarebbe stato un giorno diverso.

 

 

 

 

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