Considerazioni su sviluppo turistico e norme urbanistiche [di Giuseppe Melis]
Sostenibilità non fa rima con “non tocchis nudda”. Certe volte è così, ma non può essere un dogma. Il Piano paesistico della giunta Soru è stato uno strumento indispensabile per porre freno alla violenza cementificatrice, antiestetica, anonima, per nulla legata alle radici di questa terra perpetrata sul territorio nazionale sardo tra gli anni 60 e 90 del secolo scorso. La sua cancellazione sarebbe un errore imperdonabile. Al contrario, come tutti i provvedimenti era ed è migliorabile e il Disegno di legge concernente “Disciplina generale per il governo del territorio” si propone di andare in quella direzione. Ovviamente una legge detta principi e regole generali che poi vanno applicati caso per caso. Sono per la sostenibilità secondo quanto indicato dalle Nazioni Unite che detta principi ben precisi, e questo significa, soprattutto per i Sardi, dire basta al consumo indiscriminato del territorio. Per cui prima di autorizzare nuove lottizzazioni bisogna pensarci bene e, soprattutto, verificare che non vi siano aree da recuperare, da rinnovare, da riqualificare. Due esempi: la lottizzazione de Su Stangioni va nella direzione di consumare nuovo terreno, in un’area che invece era agricola in pieno Campidano, vicino Cagliari. Sia a Cagliari che nelle immediate vicinanze ci sono tanti edifici e quartieri da riqualificare, spesso vuoti, ecc. Che fare? Personalmente sono contrario a questa lottizzazione. Altro esempio: l’insediamento della IVI nella marina di Torregrande vicino Oristano, sito degradato dove insisteva un deposito di carburanti. Che fare? Anche se questo sito insiste sulla battigia, il buon senso (e le regole legislative dovrebbero accompagnare questo) suggerisce che un recupero ad una fruizione turistica è operazione intelligente. Concederei senza problemi l’autorizzazione alla trasformazione dei manufatti esistenti in struttura alberghiera, secondo un piano di impresa che ne dimostri la sostenibilità e la fattibilità, dopo aver eseguito tutte le opere di bonifica (peraltro in corso). E sono d’accordo anche per fare il campo di golf, poichè questo sarebbe il vero attrattore verso un importante segmento di mercato finora poco considerato se non addirittura negletto da certe posizioni ambientaliste troppo “rigide”. Tutto questo per dire che anche gli incrementi volumetrici non vanno demonizzati, vanno analizzati, argomentati, spiegati e resi compatibili con alcuni principi quali appunto la sostenibilità ambientale, sociale ed economica secondo quanto suggerisce l’ONU. Mi permetto, tuttavia, di considerare un altro principio, finora non codificato o non esplicitato come sarebbe necessario, quello della sostenibilità “identitaria”, quel principio cioè che se rispettato permette di rendere riconoscibili i luoghi nel tempo grazie al legame con il territorio sia in senso ambientale, che storico e culturale. Chi ha viaggiato per esempio in Baviera, in Umbria, in Toscana, nel Trentino, nell’Alto Adige, in Provenza o nelle campagne Britanniche, ecc. ne riconosce i luoghi, li sa identificare anche grazie alle caratteristiche urbanistico costruttive adottate nel tempo. E questo non significa che siano o debbano essere edifici “antichi”, possono anche essere di nuova realizzazione ma chi li progetta ha cura di reinterpretare materiali, forme, colori, per mantenere o richiamare un legame col passato. La creatività di chi progetta, in altre parole, non è e non dovrebbe essere fine a se stessa. Nessun progettista deve o dovrebbe sentirsi “castrato”, perché il valore creato non può essere fine a se stesso, ma deve essere riconosciuto dal contesto nel quale egli impianta la sua opera. E il turistaè attratto da queste caratteristiche di riconoscibilità. Al fine di dare seguito a quanto ora indicato, sul piano pratico si potrebbe, per esempio, integrare i primi due commi dell’Art. 2 “Principi della pianificazione” del Disegno di legge citato, come segue (in maiuscolo le mie aggiunte): 2.Le attività di pianificazione sono informate al rispetto dei principi di SOSTENIBILITA’, COERENZA CON L’IDENTITA’ PROPRIA DEI LUOGHI, DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA STORIA E DELLE CULTURE LOCALI, sussidiarietà, differenziazione IN BASE ALLA SPECIFICITA’ DEI LUOGHI E DELLE SITUAZIONI, adeguatezza RISPETTO AI PRINCIPI E AGLI OBIETTIVI DI CARATTERE GENERALE PRIMA E PARTICOLARI POI, semplificazione, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa. Si tratta poi di declinare sul piano concreto questi principi e il Disegno di Legge interviene prevedendo, tra le altre, la possibilità di un aumento delle volumetrie. Ora, sul piano strettamente tecnico, un provvedimento di questo tipo va certamente nella direzione di dare alle imprese la possibilità di aumentare, sul piano quantitativo, l’offerta di camere (mi chiedo però se questo fabbisogno sia uguale in tutta la Sardegna?) o di migliorare l’offerta di servizi attraverso volumetrie da dedicare per l’erogazione degli stessi (mettere una SPA, allargare lo spazio per la ristorazione e le aree comuni di svago, ecc.). Per cui c’è sicuramente una correlazione tra questo intervento e le scelte strategiche di miglioramento dell’efficienza aziendale, benché questo non sia affatto né automatico, né scontato. Ora, se è vero che esiste una relazione tra prodotti specifici (alberghi, ristoranti, trasporti, musei e aree archeologiche, ecc.) e prodotto globale (la destinazione nel suo insieme), è bene sottolineare che la possibilità di aumento delle volumetrie interessa solo un tipo particolare di prodotto specifico, quello ricettivo. Ergo, non è dimostrabile la relazione stretta tra un intervento di questo tipo e l’aumento dei flussi turistici o l’allungamento della stagione turistica. Su questo punto eviterei di richiamare questi concetti nel disegno di legge perché sono affermazioni “a-scientifiche” che non fanno bene a chi vuole governare in trasparenza e nell’interesse collettivo. La letteratura di marketing turistico, infatti, da tempo ha evidenziato come le determinanti dell’attrattività e della capacità competitiva di un territorio dipende da un insieme di fattori che, combinati tra loro in modo armonico e secondo una visione ben precisa, può essere efficace per intercettare l’interesse di flussi di domanda le cui caratteristiche in termini di comportamento di acquisto e consumo sono mutevoli e sempre più informate a richiedere esperienze di qualità. Questo per dire che nel concreto, in questo disegno di legge manca qualcosa che leghi la concessione delle volumetrie a indicatori come la “capacità di carico” turistica della destinazione, da calcolare anche in termini di salvaguardia dei beni naturali che devono avere tutela primaria e sovraordinata a qualsiasi altro interesse. Quella percentuale del 25%, pertanto, può essere una cosa giusta e buona di per sé per strutture piccole che vogliono raggiungere una soglia di stanze minima da vendere tale che permetta di uguagliare i costi totali. Tecnicamente, per molte strutture ricettive oggi può capitare che la soglia di break even sia irraggiungibile con una quantità di stanze modesta e quindi la deroga può aiutarle a ridurre questo gap. Nel caso, invece, di strutture che hanno già una soglia di stanze vendibili sufficiente per conseguire l’equilibrio economico aziendale e magari inserite in un contesto in cui già il numero di stanze complessivo è tale da permettere una offerta di destinazione di migliaia di posti letto, ci andrei più cauto nel concedere le deroghe. Per intenderci, la Costa Smeralda è l’area in cui c’è meno bisogno di aumentare le volumetrie, mentre altre zone (oristanese per esempio o Sulcis) potrebbero sicuramente beneficiare di questo intervento a patto però che si lavori sui servizi turistici, altrimenti non serve a nulla. Il mio ragionamento si basa sull’idea di considerare i flussi turistici come qualcosa da distribuire nel corso del tempo, perché se i flussi aumentano sempre negli stessi mesi di luglio e agosto e la deroga sulle volumetrie va solo nella direzione di ampliare l’offerta ricettiva in questi mesi dove già il carico antropico è elevato (in certe aree la popolazione raddoppia o triplica, cosa che ovviamente poi pone problemi legati alla disponibilità della risorsa idrica, dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, di servizi sanitari di pronto soccorso, ecc.), francamente allora i dubbi sulla opportunità di una deroga di questo tipo sarebbero molto forti. Il problema dell’allungamento della stagione (o della de-stagionalizzazione), infatti, non risiede nella capacità di far venire persone in periodi diversi da quelli in cui fino ad ora sono venuti, ma di segmentare la domanda delle persone che viaggiano (e che a livello mondiale a superato 1,1 miliardi di persone) per individuare coloro che possono essere più interessati a venire da noi anche in mesi cosiddetti di spalla e che risiedono in contesti climaticamente disagiati rispetto al nostro talchè, se avessimo cose interessanti e di qualità da offrire (e le abbiamo sia ben chiaro) organizzate in modo adeguato, allora ecco che potremmo avere flussi di persone che vengono anche nei mesi di marzo, aprile e maggio, novembre e dicembre. A tale proposito, si consideri per esempio che la Sartiglia di Oristano, che si tiene a febbraio, da alcuni anni, grazie ad un miglioramento dell’organizzazione complessiva della manifestazione, riesce ad attrarre persone provenienti da diverse parti d’Italia, d’Europa e anche oltre. Questo per dire che se si lavora bene .. si può fare. E questo non è un problema di volumetrie. *Associato di marketing turistico all’Università di Cagliari —- oooOooo —- Di seguito il testo dell’articolo Art. 31 del Disegno di Legge intitolato “Incrementi volumetrici per interventi di riqualificazione e miglioramento della qualità architettonica degli edifici a destinazione turistico ricettiva“. Il comma 4 è quello in cui si lega il tema delle volumetrie all’ampliamento dei flussi.
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Fra le sue rassicuranti considerazioni sulla proposta della giunta Pigliaru di modifica del PPR e l’allarme di Nicolò Migheli ospitato qui accanto, sto dalla parte di quest’ultimo.
E se avessi dubbi, mi basta pensare proprio al progetto Ivi petrolifera di Toregrande a Oristano che lei cita a esempio di buon investimento sostenibile e persino risanatore. Vada a vedere cosa ne è del campo da golf a pochi chilometri di distanza, a Is Arenas nella costa del Sinis, dopo lo sconvolgente battage di quella società (battage è un eufemismo), che ha abbattuto amministrazioni comunali, illuso molta gente, messo in minoranza le persone intelligenti e per bene, guardate per anni come nemici del territorio e dello sviluppo. Se lo vada a vedere quello sviluppo, e veda se regge il suo esempio.
Gentilissimo,
la ringrazio per le sue osservazioni ma vorrei precisare che questo pezzo non aveva e non ha l’obiettivo di rassicurare chicchesia su quanto si accinge a fare la RAS con questo provvedimento. Al contrario ho voluto porre all’attenzione la necessità di considerare due aspetti finora estranei a qualunque ragionamento: quello della capacità di carico di un territorio-destinazione e quello di rifuggire da logiche dogmatiche, in un senso e nell’altro. Questo per dire che io non sono a favore delle deroghe sic et simpliciter, al contrario ho fatto quello che fa qualunque persona si intenda di investimenti e di management aziendale (questa è la mia formazione del resto) con in più una attenta considerazione dei principi etici e di sostenibilità ambientale (che per intenderci fanno parte della prima parte della disciplina che insegno, il marketing e il marketing turistico).
Quello che invece penso non vada mai bene è creare confusione, mentre ritengo necessario affrontare ogni cosa nel suo specifico contesto spazio-temporale. Nello specifico lei critica il mio sostegno al progetto della IVI (che per intenderci è legato solo all’idea e non ad una valutazione tecnica del progetto che non conosco nei dettagli) in virtù dell’esperienza di Is Arenas. Le chiedo: lei sa come è stato gestito quel campo? Lei sa come si è mosso il management di quella realtà? Glielo chiedo perchè qualche informazione, per motivi legati proprio al mio mestiere l’ho acquisita tempo fa e ciò mi è bastato per pensare che si poteva fare molto meglio sia in termini di strategie di marketing che di relazioni con gli altri attori territoriali (davvero insufficienti secondo quanto mi è stato detto da altri operatori locali). Tutto questo per dire che nelle scienze sociali e in particolare nell’economia e nel management non ci sono automatismi, nè situazioni che si possono trattare in modo identico, ma solo analogie e scelte che vanno fatte tenendo conto di diversi aspetti.
Non mi dilungo oltre ma se ci fosse l’occasione per discuterne anche a voce non mi dispiacerebbe per esplicitare meglio il mio pensiero che può anche darsi che lei non condivida ma che ci tengo non venga frainteso.
Cordialità