Proviamo a cambiare il linguaggio quando parliamo dei nostri paesi [di Tore Cau]
Stento a credere che il mio paese un giorno possa scomparire. Mi chiedo per quale motivo debba accadere? Il calo demografico nelle nostre comunità è un fattore fisiologico, non esistono più le famiglie che solo qualche decennio fa erano composte da genitori e mezza dozzina di figli. Si dice comunemente che questa è la conseguenza del “progresso” e che non si può più invertire la tendenza. Per il resto, è vero, molti giovani partono dai nostri paesi per studiare e lavorare altrove come cinquanta anni fa si partiva alla volta del nord Italia e dell’ Europa. Li chiamavamo e li chiamavano emigranti. C’era la certezza che non sarebbero tornati indietro ma sembrava allora un fatto positivo. La domanda è se pensiamo di rivitalizzare i nostri paesi con un piagnisteo continuo, associando loro un alone di nostalgia dei tempi passati? In tal modo sminuiamo il fatto che possono essere ancora abitati, spesso felicemente, convivendo con quanto la modernità ci mette a disposizione, anche nei piccoli centri. Mi vien da pensare ai tanti villaggi sparsi per il mondo che contano poche centinaia di abitanti dove non si pongono minimamente il problema di essere in pochi, per il semplice motivo che lavorano, sono creativi, non rimpiangono il passato. Casomai ne conservano la memoria in forme propositive che è cosa essenziale. Questi villaggi e borghi non spariranno mai perché sono intrisi di vitalità e non di malinconia. I loro abitanti hanno la consapevolezza dei disagi ma anche dei tanti privilegi che abitare un piccolo centro implica. Piuttosto che piangersi addosso trasmettono all’esterno ottimismo e serenità. L’abbiamo visto in forme sorprendenti nei borghi colpiti quest’estate dal terremoto. Attivismo ed economie del territorio trainanti che nessuno dei residenti vuole dismettere, malgrado le difficoltà attuali. Nel piccolo ed in situazioni totalmente diverse, penso a due ragazze che vivono e lavorano in città e che rientrano ogni settimana a Neoneli per fare l’assessore oppure ad un muratore, con la passione per la viticoltura, che sogna di aprire una piccola cantina e intanto entra a far parte del consiglio di amministrazione del nuovo GAL, e mi convinco del fatto che il mio paese, fin tanto che ci sono persone così, non scomparirà e che vedere una sua foto finto vintage associata alla parola “paesitudine” infonde solo malinconia…. Cambiamo allora il linguaggio e proviamo a fare proposte chiedendo a ciascuno l’impegno di realizzarle e ai decisori regionali di supportarle. *Sindaco di Neoneli **Foto di Giuseppe Peralta |