La guerra fa milioni di vivi. Migranti per forza: emergenza sovrumanitaria [di Alessandro Bergonzoni]

E' attraccata al molo Rinascita del porto di Cagliari la nave mercantile norvegese Siem Pilot con a bordo 931 migranti soccorsi giovedì e venerdì al largo delle coste della Libia durante le 26 operazioni coordinate dalla capitaneria di porto nel corso delle quali sono state salvate 2150 persone, 24 luglio 2016. ANSA/MANUEL SCORDO

Avvenire 11 aprile 2017 .  La guerra fa milioni di vivi. A noi poi finirli lentamente? La guerra scoppia, di salute: senza offendere l’insensibilità di qualcuno, riusciamo a distinguere il movente dal morente? Il nuovo film è ‘Miseria e mobilità’: spostamento del peso umano sull’asse terrestre, la fotografia potrebbe essere proprio una di queste che vedete, quella della barca, la stessa su cui siamo tutti, che a seconda dell’inclinazione, degli uomini, porta a grossi capovolgimenti, epocali, e relative ‘trevisioni’ meteorologiche: spaventi forti, mare sicuro, uomo incerto. Per quanto ne sappiamo, si può fare altro?

E per quanto ancora ne sapremo? Uomo avvistato mezzo salvato? Come colmare la distanza? Col mare? Annegando l’evidenza? Aspettiamo altre foto meraviglia dell’orrore, attendiamo di non saperne più e restituire i nostri vuoti, di memoria, al mare che almeno culli lui il ripescato del giorno, in questa eterna bara-onda che seppellisce noi ma soprattutto loro? Non siamo ancora vivi (ecco perché non siamo morti ancora, noi). Emergenza umanitaria? Sovrumanitaria semmai, non solo politica, europea o di cooperazione.

Manca sovrumanità nell’accogliere non solo i migranti dalla miseria, ma nell’accogliere l’idea, il concetto che si debba accettare, tener con noi, difendere, annettere, per salvare, far vivere, per aprire alla pace, la loro e la nostra. Invece si punta ancora a salvare le nostre Nazioni e condizioni da chi ci spira in braccio, come fossimo noi sotto attacco di chi ci annega addosso; si continua a non accettare neanche l’idea che l’esodo biblico del mondo che sta morendo di torture, sia parte della nostra esistenza.

È finita la concezione di nozione-nazione unica di appartenenza, di popolo distinto, separato dai separati. L’umano ormai ha fatto il suo tempo, e anche questa laicità, certa religiosità, questo modello unico di codice e diritto asfissiati a vita. Va scritto un altro alfabeto, altra costituzione, interiore e ulteriore, altra poetica di vita che non faccia solo commuovere per quel che vediamo. Manca la mutazione quasi genetico-cosmicaspiritual- trascendentale, per amare, non armare e finanziare gli angoli del mondo, origine di tanta ‘umanità’ del benesseremalessere.

Mutazione che è a monte delle piccole e grandi decisioni che i governi non riescono nemmeno a immaginare, finiti a cercare mercati, foraggiando terrore di andata e di ritorno, a turno e a seconda degli interessi del momento, appiccando ogni tipo di paura per ottener potere e controllo. Un cambio che faccia aprire gli occhi, non solo gli stretti e i confini, per sciogliere i muri e anche le menti dei politici nazionali ed internazionali.

Non c’è nulla di laico o religioso in tutto questo, non è questione di credenti e non, ma di immenso incredibile: questione di trascendenza, di spirito che muove o non muove le mani di chi spalleggia e non fa nulla per aprir corridoi umanitari, di chi vuol vietare le migrazioni, come se fosse possibile fermare il mare se si continua ad agitarlo muovendone le onde per cui, si muore.

Si uccide con le due mani o con la terza, la mancanza: mancanza di grandezza, infinito, bene, dignità, compensando con manie di grandezza e d’espansione a tutti i costi; i costi delle missioni di pace, degli armamenti, delle vite e delle continue deviazioni dell’informazione. Da secoli ci provano bene o male anche poeti, artisti, presto o tardi, durante o dopo genocidi ed ecatombe.

Quando si capirà che questa poetica, questa arte del trascendere dev’essere accolta e indossata da tutti, volontari e non? Possiamo almeno cominciare a lasciare entrare questo nuovo Stato d’animo, prima di capire come fare entrare tutte le altre anime degli altri Stati? Che non si dica mai più in nessuna condizione: «Non ti voglio vedere, vedere in questo stato!».

*Questo testo che pubblichiamo in anteprima è stato scritto dall’attore-autore e poeta Alessandro Bergonzoni per il Rapporto annuale 2017 del Centro Astalli – Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, che viene presentato oggi, 11 aprile 2017, a Roma

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