Il Disegno di Legge sul governo del territorio di Pigliaru prevede milioni di metri cubi di cemento sulle coste e non solo [di Salvatore Dessena]
La politica sarda si trova ad affrontare un nodo cruciale: la nuova Legge Urbanistica Regionale. Il dibattito a cui si assiste sulla stampa non è di grande qualità per un deficit nel modello informativo. Non bastano voce e diritto di replica alle parti in causa quando si registra una totale assenza di una linea politica ed editoriale. Comunque sia, gli attori sono da una parte il presidente della giunta ed il suo assessore all’Urbanistica e dall’altra esperti ed associazioni che si occupano della materia: WWF , Legambiente, Gruppo di intervento Giuridico, Italia Nostra, FAI, Federparchi, comitati, amministrazioni. Provo in questa Rivista in cui il dibattito è serrato a dare un contributo soffermandomi su alcuni aspetti e rinunciando a muovere rilievi al provvedimento nella sua interezza per evitare di annacquare gli aspetti tecnici e di dettaglio in una critica generica. Il Disegno di Legge che chiameremo DDL Urb. chiude il cerchio sulla Pianificazione Urbanistica Regionale e colma una grave carenza. Le norme precedenti sono figlie di una stagione con un approccio ormai superato. Il nuovo DDL Urb. intende operare in coerenza con il PPR soppiantando le norme di riferimento (Legge Urbanistica Regionale 45/89, il D. Ass 2266/U e la direttiva sulle zone agricole) armonizzando la materia in un unico testo. I capisaldi della pianificazione, enunciati nei principi generali del DDL Urb., sono il superamento della zonizzazione e il contenimento del consumo di suolo. Il primo è perseguito attraverso il principio della “potenziale trasformabilità”; il vecchio paradigma dello “zoning”, che prevedeva la individuazione di comparti urbanistici omogenei e monofunzionali con collocazioni sul territorio spesso non rispettose delle prerogative paesaggistiche, cede il passo alla coesistenza di più funzioni all’interno del medesimo ambito. Il secondo ovvero il contenimento del consumo di suolo è perseguito concentrando le funzioni negli ambiti che si definiscono trasformabili sulla base delle valutazioni imposte dal PPR, garantendo così la salvaguardia degli ambiti di maggior pregio. Questo per quanto riguarda i principi generali. Tuttavia, analizzando il provvedimento nel dettaglio, emergono ambiguità che sarebbe meglio fugare con modifiche sostanziali del testo, pena proprio la mancata coerenza con il PPR che renderebbe impugnabile la norma. PPR e DDL Urbanistica: il dilemma della fascia costiera. La sostanziale differenza fra il PPR e il nuovo DDL Urb. emerge quando si parla di fascia costiera. Il PPR definisce all’art 17 comma 3 lett. a) la fascia costiera come “Bene paesaggistico con valenza ambientale”; la cui perimetrazione è definita puntualmente da apposita cartografia richiamata all’articolo 5 “Elementi costitutivi del PPR”. La pianificazione all’interno della fascia costiera è pertanto disciplinata dall’art. 20 “Fascia costiera. Disciplina” che recita:
Dal Piano Paesaggistico Regionale del 2006 si evince di conseguenza che la fascia costiera è un bene paesaggistico generalmente non trasformabile se non nelle aree immediatamente contigue ai centri abitati; ciò vale anche e soprattutto per gli insediamenti turistici. Il principio è ribadito all’art. 89 “Insediamenti turistici: Prescrizioni” dove al comma 1 si legge:
Nel DDL Urb. invece non si fa esplicita menzione della disciplina riguardante la fascia costiera di cui ai citati artt. del PPR se non, en passant, nell’Allegato A4 che recita: Art. A.4 “Determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico”: “Al fine di soddisfare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero, occupate a fini turistico ricreativi saltuariamente o per periodi limitati di tempo, possono essere realizzati negli ambiti di potenziale trasformabilità nuovi insediamenti di interesse turistico che, ove localizzati all’interno della fascia costiera, come definita e individuata dal Piano Paesaggistico Regionale, dovranno essere preferibilmente localizzati in contiguità con quelli eventualmente esistenti, completandoli, o con i centri abitati.” Come si nota ove il PPR vieta espressamente nuovi insediamenti turistici all’interno della fascia costiera se non in posizione contigua ai centri abitati esistenti, il DDL Urb. della giunta Pigliaru, invece paventa addirittura, all’interno della fascia costiera, una potenziale trasformabilità al fine di realizzare eventuali nuove strutture in posizione contigua a quelle esistenti. Si presume quindi anche nelle vecchie zone F costiere. Per eliminare queste ambiguità – tutt’altro che marginali – sarebbe necessario che nel citato Art. A4 si facesse esplicita menzione della fascia costiera quale bene paesaggistico così come individuato ai sensi dell’art. 5 del PPR e, soprattutto, se ne specificassero chiaramente le modalità di trasformazione in stretta coerenza con il PPR. L’ambiguità è stata alimentata anche in occasione della querelle di qualche giorno fa sul numero degli alberghi sulla costa destinatari delle premialità volumetriche. La Regione in un primo momento parlò di sole 40 strutture, salvo poi correggere il tiro qualche giorno dopo, sostenendo che in realtà le strutture potenzialmente benificiarie degli incrementi volumetrico sono addirittura 170. Ci domandiamo e domandiamo al presidente della Regione se, nell’Assessorato Regionale all’Urbanistica, qualcuno si sia accorto che l’ambito costiero tutelato dal PPR non sia la solita fascia di inedificabilità assoluta dei 300 metri alla quale il DDL con frequenza si rivolge, ma piuttosto la fascia costiera perimetrata dalle cartografie di cui all’articolo 5 del PPR. Se così fosse gioverebbe armonizzare in tal senso il DDL Urb. al PPR. Lo strano caso del dimensionamento dei comparti turistici costieri. Il PPR definisce la potenzialità insediativa dei comparti turistici sulla base di un calcolo stabilito dal D. Ass. 2266/U (c.d. Decreto Floris) ma, a tutela degli ambiti paesaggistici costieri identificati, subordina la pianificazione degli insediamenti al dimezzamento dei parametri volumetrici risultanti da tale calcolo, come indicato dalla Legge 8/2004 (c.d. Decreto Salvacoste) e dalle norme transitorie del PPR (art. 15) che lo accolgono pressochè integralmente. I Comuni, pertanto, sia in fase transitoria per il completamento degli insediamenti turistici legittimamente avviati sia in fase di pianificazione in adeguamento al PPR, vi si attengono onde quantificare la capacità insediativa turistica secondo i principi della effettiva sostenibilità. Vediamo come si calcola la potenzialità insediativa delle zone F turistiche secondo l’articolato Decreto Floris – PPR – Legge Salvacoste: Il Decreto Floris intanto definisce quantitativamente la potenzialità insediativa mediante 2 passaggi aritmetici:
Facciamo un esempio su un tratto di costa di larghezza 50 metri lungo 5 chilometri:
Ne consegue una volumetria massima, per quel tratto di costa, pari a 300.000 metri cubi. Il nuovo DDL Urb. introduce, al comma 4 dell’art. A4, il nuovo metodo per il dimensionamento calcolato attraverso un singolo parametro di riferimento, ossia “metri cubi per metro lineare di costa sabbiosa; mc/ml “. Contestualmente scompare il dimezzamento dei volumi previsto dal Decreto Floris a garanzia della effettiva sostenibilità del carico antropico ma soprattutto della riduzione dell’impatto sul paesaggio. Nel caso preso ad esempio (costa sabbiosa di larghezza pari o maggiore a 50 metri lunga 5 km) il parametro è pari a 60 Mc/ml per le strutture alberghiere al quale si somma il parametro per le strutture residenziali a carattere turistico pari a 15 Mc/ml. Ne deriva un parametro totale pari a 75 Mc/ml. metri cubi per metro lineare di costa sabbiosa. In questo caso la volumetria ammissibile sale a 375.000 metri cubi, ben oltre quindi i 300.000 ammessi dal PPR. Si provi ad immaginare che, anziché l’ordine di grandezza adottato in quest’esempio, adottassimo quello reale, ossia l’intero sviluppo costiero-sabbioso della Sardegna; staremmo parlando, a questo punto, di milioni di metri cubi, molti dei quali sicuramente all’interno della fascia costiera. Pur dovendo, in entrambi i metodi di calcolo, espungere dal computo dei volumi quelli effettivamente e legittimamente realizzati, l’incongruenza permane e non è trascurabile; parliamo sempre di milioni di metri cubi. Alcune domande a questo punto sorgono spontanee, e sono:
Lascio ai lettori e alle lettrici di SardegnaSoprattutto le riflessioni e le domande da porre al presidente Pigliaru e alla sua giunta.
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