Sa Die della Sarda Distrazione [di Nicolò Migheli]
Ogni anno la stessa vicenda, ed ogni anno bisognerebbe scrivere lo stesso pezzo. Non si riesce a capire, o forse si comprende benissimo, il motivo per cui la giunta regionale pro tempore senta l’esigenza di dedicare sa Die de Sa Sardinia a chiunque, meno che alla Sarda Rivoluzione e a chi ne fu protagonista. Quest’anno il Giorno della Sardegna viene dedicato a Giorgio Asproni (Bitti, 1809- Roma 1876). Chi è di sinistra si sentirebbe lusingato per la scelta. Giorgio Asproni parlamentare sardo, fu eletto prima nel Parlamento Subalpino e poi in quelli del Regno d’Italia. Repubblicano e mazziniano si oppose alle politiche di Cavour perché troppo liberiste. Fu anti-piemontese perché riteneva che la corte sabauda agisse in Sardegna e Liguria come se fossero colonie. Fu vicino al nascente movimento operaio, scrisse molti articoli su giornali operai e persino su Libertà e Giustizia di Bakunin. Un personaggio insigne non solo nella storia della Sardegna ma in quella del Movimento Operaio e dell’Italia. Quindi tutto bene? Una frase dell’assessore alla Cultura e Istruzione della Regione ci aiuta a capire: “Per il 2017 abbiamo scelto di ricordare la figura di Giorgio Asproni che oltre a essere stato sostenitore dell’autonomia sarda, si occupò delle problematiche dell’isola portandole all’attenzione della classe politica nazionale “. Cominciamo con il travisamento della figura dell’insigne bittese: Asproni autonomista? No di certo, bensì federalista. Autonomismo e federalismo nelle dottrine politiche non sono sinonimi. Però potrebbe trattarsi di una svista. La seconda parte della frase invece rivela il progetto, la visione che anima questa giunta: si occupò delle problematiche dell’isola portandole all’attenzione della classe politica nazionale “. Qui non si tradisce il pensiero e l’azione di Giorgio Asproni, lui convinto sostenitore del Risorgimento si adoperò per far conoscere le condizioni dell’isola dopo l’Unità. Si tradisce però il senso e significato de sa Die de sa Sardinia. L’uso del termine nazionale, è per lo meno fuorviante se non manipolatorio. I sardi di fine Settecento sia i rivoluzionari che i reazionari, si definivano nazione, lo avevano fatto da sempre, sin dalla guerre sardo-catalane. Quello scontro, una novità per quei secoli, non era vissuto come conflitto tra case regnanti ma tra nazioni. Cosa che oggi è meglio non ricordare, anzi secondo le false Carte di Arborea i sardi sarebbero i primi italiani. Per la lettura proposta dall’assessorato i sardi, per bene che vada, sono popolo. Un popolo questuante, che deve in ogni caso portare le proprie istanze a Roma, così come fece l’Asproni che pochi risultati ebbe, ed oggi non è che sia diverso, la dipendenza viene rafforzata. Se la Sarda Rivoluzione ha senso di essere ricordata, lo è perché fu un atto di grande soggettività dei sardi. Una rivoluzione sull’onda di quella francese ma non provocata da loro così come i moti del ’99 napoletano. Fu una vicenda tutta nostra, in cui si voleva la fine del feudalesimo e per alcuni dei promotori l’instaurazione della repubblica. L’ingresso dell’isola nella modernità. Una vicenda dentro uno stato indipendente: il Regno di Sardegna, che era riconosciuto dalle potenze europee. Tutto questo evidentemente non si deve sapere, contrasta con la narrazione degli italiani di Sardegna. Meglio quindi dedicare sa Die ad altro, in modo che il senso vero di quei moti si perda. Se tra cento anni il 25 aprile Festa della Liberazione, venisse dedicato, che so, a Matteo Renzi, uno con il credo dell’assessore Dessena potrebbe chiedersi: ma cosa c’entra Renzi con la Resistenza? Allo stesso modo io mi chiedo cosa c’entra Asproni con la Sarda Rivoluzione? Non esiste altro giorno del calendario per ricordare i sardi illustri come il grande bittese? A cui per altro fu dedicato nel 2008 un importante Convegno che si tenne a Bitti, promosso dalla Regione Sardegna all’interno appunto dell’iniziativa Sardi illustri. Se si vuole insistere con queste scelte, l’anno prossimo Sa Die potrebbe essere dedicata ad un personaggio di fine Settecento, un imprenditore – politico morto esule in Francia. Si chiamava Giovanni Maria Angioy. Molto vi costa?
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—molto vi costa —- …gli costa un Beh ! …