La confusione sui bianchi colli [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 31705/2017. La città in pillole. Educazione e cultura come baricentro dei progetti urbani. Quanta emozione dà la rete ad usarla con consapevolezza! Una chicca? Il video in cui Pasolini spiega a Ninetto Davoli la forma della città e come la volgarità contemporanea riesca a violarla. Il profilo di Orte, disturbato da incongrui edifici, è la metafora di improvvisati amministratori, culturalmente sguarniti. Perché come tutti i luoghi in cui si accumulano oggetti, la differenza dal caos consiste nel saperli ordinare e trasformare in narrazioni significative. Mai come oggi vale la massima di Lev Tolstoj: «La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza». Perchè per possedere le chiavi di un progetto urbano la comunità deve avere come baricentro l’educazione e la cultura, le sole che creano senso. La città nasce di fatto come trascendimento di un luogo casuale in favore del radicarsi consapevole di stratificazioni, immateriali e materiali. Da un gesto irreversibile verso un luogo, discendono le leggi la cui sacralizzazione in ordinamenti richiede figure specializzate. Nel corso del tempo quel processo si chiamerà in molti modi ma due sono fondativi: democrazia e autocoscienza, senza cui niente è possibile. Nei bianchi colli chiamati Cagliari, forse già 8.000 anni orsono, vivevano uomini e donne guidati da sciamani la cui sapienza li proteggeva dalla paura della memoria dei ghiacci, spariti ormai da millenni, dal mare che si era ripreso le terre un tempo ghiacciate, dalla morte. Cagliari con i colli, gli stagni e le lagune, era già “città di città”. Tra le più antiche del mondo. Che stupore suscita in alcuni luoghi in cui non si vede il bric à brac appiccicato alla rinfusa ai bianchi colli. |