L’architetto è il popolo [di Francesco Erbani]
la Repubblica 18 giugno 2017. Yona Friedman vive a Parigi, in una casa popolata di pupazzi, maschere, uccelli in legno che pendono dal soffitto, e dove per terra giacciono le sue installazioni confezionate con filo di ferro e legno flessibile. Nel suo libro L’ordine complicato (Quodlibet, 2008), sembra esserci la chiave per capire come questo architetto novantaquattrenne, ebreo ungherese, professore in diverse università americane, concepisca il mestiere. Un mestiere fatto di poche realizzazioni, molta creatività e molte riflessioni che hanno fatto di lui un guru. E molte sono le sue espressioni diventate celebri, come la “mobile architecture” o quelle consegnate ad altri suoi libri, da L’architettura della sopravvivenza (Bollati Boringhieri) all’ultimo, Tetti, che uscirà in Italia a luglio (Quodlibet). In Tetti, Friedman si misura con il tema a lui più caro: i modi per coinvolgere nell’architettura le persone che devono usufruirne e per rendere concreta la partecipazione, parola altrimenti avvolta in una cortina retorica. A lui è dedicata una mostra che si apre il 23 giugno al Maxxi di Roma intitolata “Mobile Architecture, People’s Architecture” (a cura di Gong Yan ed Elena Motisi). Nella mostra, che si inaugura insieme a quelle sull’Italia di Zaha Hadid e sul Teatrino scientifico di Franco Purini e Laura Thermes, si ragionerà di questioni centrali nel lavoro di Friedman, il quale espone un adattamento della sua Ville Spatiale, una costruzione aerea che risale alla fine degli anni Cinquanta composta di abitazioni, strade e altre strutture progettate, appunto, da chi dovrebbe viverle. La mostra comprende bozzetti, installazioni, video e anche una sezione dedicata alla sua casa di Boulevard Garibaldi. Friedman che cos’è l’architettura della sopravvivenza? Lei ha raccontato di aver maturato quest’idea dalle esperienze della guerra, quando era partigiano in Ungheria, e del dopoguerra. Ma l’architettura contemporanea è orientata a incontrare i bisogni delle persone o solo di pochi privilegiati? Lei insiste per la partecipazione delle persone ai processi di costruzione. Ma concretamente questo come può avvenire? Come ha concepito l’idea della “Ville Spatiale”? E dove nasce la “mobile architecture”? Molti suoi colleghi vanno alla ricerca di effetti spettacolari. Cosa pensa delle “archistar”? |