Gli obiettivi di cementificazione della giunta Cappellacci erano dichiarati; criptici quelli della Giunta Pigliaru ma sono sostanzialmente i medesimi [di Paolo Numerico]
Osserva Mauro Gargiulo, su Sardegna Soprattutto in uno dei suoi articoli, che il DDL. regionale sul governo del territorio sardo (DDL Erriu), ormai conosciuto come “Legge urbanistica” è un magnifico esempio per spiegare cos’è un ossimoro, cioè la presenza di una contraddizione intrinseca in un testo o in una frase. Così accade che nel DDL. si comincia – artt. da 1 a 3 – con l’enunciare principi e finalità della pianificazione tutti condivisibili; e vado saltando attraverso gli enunciati: il rispetto della leale (proprio così) collaborazione, della partecipazione, del coordinamento della adeguatezza etc.; le finalità del coerente (proprio così) uso e governo del territorio, dell’adeguamento della pianificazione territoriale alla tutela e valorizzazione del paesaggio, nel rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio; della tutela (proprio così) dei territori costieri, rurali e naturalistici, del contenimento (proprio così) del consumo di suolo; della partecipazione democratica; e compagnia cantando. Solo che, con un evidente scarto fra il dichiarato ed il “razzolato”, il DDL contiene norme completamente contraddittorie con i buoni propositi, tutte notate dagli ambientalisti (tutte le sigle più rilevanti a livello nazionale e locale), dai migliori urbanisti e dai politici più avveduti, da intellettuali e semplici cittadini, specie in quella parte della sinistra che fu all’origine della Legge sulle coste e del successivo PPR, varati dalla giunta Soru. Scorrendo il progetto, la prima avvisaglia si coglie nel Capo VI titolo primo (analizzato da diversi in questo sito), dove si tratta della partecipazione dei privati alle scelte pianificatorie. Si regolano gli accordi (art. 23), l’informazione e la partecipazione (art. 24) e poi, più in concreto, il dibattito pubblico per le opere di rilevante impatto (art. 25). In questo ultimo frangente, quando si debba discutere dell’impatto che interventi, opere e progetti di iniziativa pubblica o privata possano avere in sede ambientale, paesaggistica, territoriale, sociale ed economica, si dà l’iniziativa del dibattito, oltre che alla Giunta regionale ed alle amministrazioni interessate, alla popolazione, ma solo, in tal caso, se raggiunga il 10% dei residenti, prevedibilmente uniti in comitati o associazioni. Si può discutere se questo sia un limite eccessivo all’iniziativa. Ma quello che non si può accettare e si dimostra incostituzionale (artt. 3, 9, 21 e 97 Costituzione.) è che, una volta partito l’esame pubblico, gli interventori privati ulteriori, che intendano entrare nell’analisi dei progetti impattanti, debbano subire una valutazione da parte della sede pubblica circa l’utilità di una simile partecipazione (8° comma del cit. art. 25): è stato notato da più parti in questo sito che questa è una sorta di censura preventiva di ammissibilità destinata a strozzare il dibattito stesso, tanto più che i tempi e modi del procedimento sono chiaramente disciplinati. Tale previsione è, certamente ed inoltre, in contrasto interno con i principi di leale collaborazione, sussidiarietà, coinvolgimento dei cittadini di cui all’art. 2 del DDL. Quando si passa al Capo VII del Titolo I, che tratta di perequazione e compensazione, troviamo norme che, inseguendo il piano casa di Cappellacci, concedono, sempre in contraddizione questa volta con la finalità (art. 3) di non produrre nuovo consumo del territorio, forti incrementi volumetrici del 25% per nuovi interventi in materia di efficientamento (art. 29) e ribadiscono, fino a nuovo puc, le previsioni del piano casa, appunto (art. 30). La noma più rischiosa di questo capo appare, tuttavia, l’art. 31. Le strutture alberghiere e consorelle – hotel/pensioni, residence, multiproprietà e lottizzazioni turistiche; si badi che le residenze turistiche di cui si parla non sono solo quelle esistenti, ma pure quelle ancora sulla carta – sono autorizzate ad incrementare del 25% il loro status volumetrico, per migliorare l’offerta turistica (sic). E ciò anche in deroga ai piani vigenti ed anche sulla fascia dei 300 metri dalla costa. L’incremento può essere realizzato pure in nuovi corpi di fabbrica! La disposizione punta sull’incremento, senza alcuna valutazione qualitativa. Più la struttura è grande in partenza, più grande ancora, trattandosi di una proporzione matematica, è l’incremento e, dunque, l’impatto paesaggistico. Per giunta, è stato fatto rilevare (Paolo Biondani su L’espresso, che riporta le notazioni dell’avv. Stefano Deliperi, del Gruppo di Intervento Giuridico/GRIG, il tutto ripreso anche da Sardegna Soprattutto) che l’ingrandimento previsto si aggiunge a quello di cui al precedente piano casa ed alle deroghe degli anni ’90: perciò 25% più il precedente 25% fa il 50%. E questo anche sulle coste! Una specie di mostro! Il progetto Erriu crea non tanto un piano casa, ma un piano secondi alberghi e seconde lottizzazioni turistiche. Il PPR della giunta Soru, che tanto aveva giovato alla salvaguardia del paesaggio sardo, viene del tutto travisato, aggirato e distrutto e la risorsa strategica della fascia dei 300 metri vincolata è completamente resa vana. Un’altra norma del tutto stravagante dell’art. 31 [lettere c) e d) del comma 3] prevede poi (rilevato ripetutamente in questo sito da Gargiulo e da altri che sono intervenuti) una regola geometrica ancora più invasiva per le coste. Fatto perno sullo spigolo più vicino al mare dell’albergo, si traccia una linea ideale parallela alla costa. Nel vuoto eventuale che si coglie nello spazio fra l’albergo e questa linea ideale si potrà costruire! Prosegue il DDL negli artt. 32 e 33, sempre in contraddizione con gli obiettivi solo dichiarati. Per favorire il rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione (anche solo parziale) e ricostruzione (art. 32) ed al fine di riqualificare e migliorare la qualità dei contesti paesistici compromessi (art. 33), si attribuiscono nuovamente forti incrementi volumetrici, rispettivamente del 30 per cento e del 40%. La rilocalizzazione avviene in modo necessitato fino a 2000 mc di volumetria di partenza, mentre per gli interventi maggiori il Comune può intervenire. Ma praticamente la variazione del piano urbanistico sollecitata dalla ricostruzione altrove è necessitata. Le aree di rilocalizzazione possono essere sia private, sia pubbliche! E se le aree di arrivo hanno una volumetria di per sé maggiore che quella di partenza, gli incrementi si sommano (art. 33 comma 11). Inoltre la regola vale sia per gli edifici in regola, sia per quelli in cui sia in corso il condono, se anche l’avallo edilizio avvenga successivamente. Date le caratteristiche estremamente generiche delle situazioni proprie degli edifici da demolire e trasferire, si ha uno spostamento dei volumi con gli incrementi previsti assolutamente non precludibile. A chi si domandasse dove si andrà a finire con norme di questo tipo, nessuno può rispondere con certezza. La totale imprevedibilità di norme così concepite è un altro vizio del DDL. Una chicca della norma si trova nel comma 10 lettera c) dell’art. 32. L’edificio nuovo, se composto di unità immobiliari separate, di proprietà di diversi titolari, almeno due, deve essere fornito di ascensore se l’edificio nuovo sarà di anche solo due piani fuori terra, quindi con un piano terra ed un primo piano. Godono pure le imprese di costruzione di elevatori! Infine a chiusura del Capo VII del titolo primo, vi è una norma sicuramente incostituzionale perché la Regione intende inserire, senza averne alcuna attribuzione, una disciplina di diritto civile. Si tratta dell’art. 34, che crea il registro dei diritti edificatori, “in cui sono annotate, per ogni proprietà catastalmente individuata, le quantità dei diritti edificatori generate dall’applicazione” delle norme sulla perequazione e sulla premialità da accrescimenti volumetrici o compensativi, cui segue la relativa trascrizione a fini di pubblicità verso terzi. La particolarità che chiaramente emerge dalla normativa è il distacco fra proprietà e diritto edificatorio. E questo è tanto più evidente in quanto la registrazione e connessa trascrizione (!) avvengono perfino “in assenza di individuazione dell’area di utilizzo dei diritti edificatori aggiuntivi” . Soprattutto sul mercato immobiliare una simile previsione creerà enormi distorsioni, senza alcuna possibilità di guidare e controllare l’istituto, emergente come un fungo velenoso. Non è finita. Il “sistema” Pigliaru – Erriu produce una nuova e più terribile mela avvelenata, capace di eliminare ogni salvaguardia del Piano Paesaggistico della Sardegna e qualsiasi vincolo che si volesse mantenere al riguardo, sempre più in contraddizione con le “predicazioni” dell’apertura del DDL. E’ l’art. 43. Fra l’altro è una norma inserita a chiusura del settore riguardante il Piano Paesaggistico, con la finalità di far saltare tutto il contenuto vincolistico di quel piano, nel senso di consentire la nascita di eccezioni più forti della regola. Sempre da fonti di Italia Nostra, riprodotte nuovamente su Sardegna Soprattutto, si nota come da un’analisi testuale emerga che l’estensore della statuizione appartiene ad una fonte distinta dagli altri “scrittori” della legge, adoperandosi solo in questo “sito” normativo espressioni “forbite” che non compaiono nel resto del disegno. Non vale la pena, tuttavia, esternare possibili commenti e supposizioni, in quanto il Governo regionale ha in ogni caso fatto propria la statuizione. Quest’ultima, per giunta ed in certo modo, rappresenta, con gli artt. da 29 a 34, ed ancor più di essi, la chiave di volta più eclatante per penetrare nel sistema paesaggistico regionale e sostanzialmente distruggerlo, con la volontà o almeno con l’oggettivo esito di avvantaggiare altri interessi economici, in una logica di prevalenza del profitto e della cementificazione. L’art. 43 si intitola “Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico”. I soggetti pubblici e privati – ed i privati (si possono immaginate tre o quattro “fotografie” di società, enti o gruppi) saranno evidentemente il motore di questa opportunità – possono proporre “programmi o progetti ecosostenibili” (la genericità dell’aggettivo è evidente) “di grande interesse sociale ed economico (ancora qualificazione generica), finalizzati alla attuazione di interventi nei settori del turismo, delle industrie legate alla valorizzazione di filiere produttive locali, alla produzione e fornitura di servizi su scala regionale, alla soddisfazione di particolari fabbisogni sociali”, non altrimenti definiti, con ricaduta sistemica. Seguiranno VAS, VIA (comma 35) e accordi di pianificazione. Dopo questo DDL nella previsione si può far entrare “la qualunque”. Sarà patente, perché è anche previsto – comma 21 -, che la proposta indicherà i caratteri “di adeguamento, integrazione, specificazione (?) della disciplina paesaggistica del Piano paesaggistico regionale” relativamente alle aree più delicate. Le previsioni dell’articolo si applicano anche ai comuni il cui territorio sia integralmente ricompreso negli ambiti di paesaggio costiero (ultimo comma). L’approvazione dell’accordo determina la variazione di ogni precedente piano urbanistico e paesistico (comma 34), anche in anticipazione degli step che possono condurre all’aggiornamento del Piano Paesaggistico (comma 12). Insomma, qualunque programma “ecosostenibile e di grande interesse sociale ed economico” permetterà “in un solo passaggio di affrontare procedure complesse, depotenziando il momento di confronto con gli stakholders, attraverso lo spostamento in sede politica dell’iniziativa programmatica” (così Italia Nostra, sempre da Sardegna Soprattutto). Oplà. Il gioco è fatto! Del vincolo paesaggistico del PPR Soru si potrà parlare, se passa la norma, solo come oggetto del passato. Che resta ancora da dire di questo DDL? Si può trattare dell’attenzione – come posso dire, in parte subdola e contraddittoria rispetto alle buone intenzioni ed ai buoni obiettivi (art. 74), anche se meno grave delle deroghe fin qui segnalate – dedicata ai cosiddetti ambiti agricoli nel Capo II del Titolo III (artt. da 73 a 83). Nel delicato assetto del territorio agricolo regionale varie norme consentono: -. incrementi di volumetria [art. 76 lett. g)]; -. nuovi edifici a destinazione residenziale entro l’ambito rurale (art. 79), quanto meno al di fuori dei c.d. centri rurali; -. interventi per turismo negli ambiti rurali (artt. 81 e 82). Come si può concludere questa breve analisi? La Giunta Pigliaru è un governo di sinistra. Il prof. Pigliaru era assessore della Giunta Soru. Il risultato oggettivo dell’intero DDL, a parte tutte le norme procedurali, descrittive e sulla distribuzione fra gli organi, è identico, anzi ancora più incisivo e rischioso per il territorio, del piano casa della precedente Giunta regionale, appartenente ad altra “zona” della politica. Un’unica differenza si rimarca; ed a sfavore del DDL della Giunta Pigliaru. Gli obiettivi di cementificazione del precedente Governo regionale erano dichiarati. Nel caso presente sono contraddittoriamente criptici, ma sostanzialmente i medesimi. Gli scopi reali, eufemisticamente coperti, emergono senza possibilità di poterli celare. * Magistrato amministrativo a riposo
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