Per Legambiente occorre una Legge urbanistica che rafforzi i valori del PPR del 2006 [di Legambiente Sardegna]
Per Legambiente occorre una Legge urbanistica che rafforzi i valori naturalistici e paesaggistici della fascia costiera previsti dal PPR del 2006 . E’ quanto è emerso nella Conferenza stampa tenutasi oggi 31 luglio 2017 e presieduta da Annalisa Colombu presidente di Legambiente Sardegna, Vincenzo Tiana, presidente del Comitato Scientifico regionale e Edoardo Zanchini, Vicepresidente Nazionale di Legambiente. Il futuro della Sardegna passa per il rafforzamento delle sue qualità e identità, anche in chiave turistica e di sviluppo economico. A partire da due direttrici fondamentali: protezione del sistema costiero, e riqualificazione urbanistica, ambientale e energetica del patrimonio edilizio esistente. La legge per il governo del territorio presentata dalla giunta Regionale, pur rappresentando in molte parti un avanzamento nelle scelte di pianificazione e governo del territorio, evidenzia delle criticità in particolare per quanto riguarda le aree costiere. Gli articoli: 31 dove si prevede nei 300 metri dalla linea di costa, la possibilità di ampliare in maniera consistente le volumetrie esistenti delle strutture ricettive; l’art 96 di “salvare” le previsioni dei piani esistenti e di prevederne eventuali nuove in continuità; ma soprattutto l’art. 43 che lascia un’ampia discrezionalità, attraverso gli accordi di programma, tale che si potrebbe arrivare persino a realizzare dei nuovi complessi edilizi in aree oggi di grande pregio ambientale. Per Legambiente occorre cambiare il testo per porre un chiaro divieto a qualsiasi costruzione nuova nella fascia costiera tutelata. Del resto se nella discussione che si è avviata sulla proposta del DDL, tante volte è stato ricordato che già dal 1993, con l’art. 10bis, erano previsti i premi di volumetria per le strutture ricettive, facciamo presente che nel 1993, cioè 24 anni fa, neanche si discuteva dei temi emersi dalla conferenza di Parigi, per cui così rilevanti premi di volumetria, previsti allora per le strutture ricettive, non appaiono proponibili alla stato attuale nel nuovo quadro paesaggistico e ambientale, imposto dalle nuove direttive internazionali. Ricordiamo che nel 1989, 1993, 2006 la Sardegna si propose all’attenzione nazionale con un modo innovativo di intendere il paesaggio per cui proponiamo che nella discussione attuale si guardi al futuro ed ancora una volta la Regione Sardegna possa assurgere ad apripista del modo nuovo di intendere il rapporto con il territorio, contenuto nelle direttive venute dalla COP21 la Conferenza sul clima di Parigi (è da rimarcare come l’intuizione del PPR del 2006 di assegnare alla fascia costiera un ruolo strategico è stato ripreso nei documenti della COP21). Bisogna lavorare a rafforzare le politiche “attive” della salvaguardia e dello sviluppo, gli investimenti sui progetti di qualità, sullo sviluppo virtuoso basato su comparti economici innovativi che incorporano il paesaggio come valore aggiunto, come quel marchio distintivo che farà uscire la Sardegna dall’isolamento e dal sottosviluppo a cui gli usi speculativi del suolo inevitabilmente la condannerebbero. Diventa senso comune che il paesaggio è uno dei pilastri della storia e dell’identità di un popolo per cui proponiamo un grande progetto di implementazione del patrimonio paesaggistico naturale rivolto all’aumento della attrattività turistica della fascia costiera per realizzare nuova occupazione di qualità. Molti istituti di ricerca hanno evidenziato che una parte notevole dei turisti, il 45%, è disposta a spostarsi in funzione di una qualità ambientale elevata. Quindi, al di là degli aspetti culturali, la tutela e valorizzazione del paesaggio punta anche a difendere e rilanciare una risorsa economica strategica come quella del turismo, con tutti i benefici che ne derivano per l’occupazione del settore e dell’indotto. Se riusciremo a mantenere integri il nostro paesaggio e il nostro territorio i turisti continueranno ad arrivare da tutto il mondo; ma se il paesaggio viene stravolto rischieremo di perdere una grande industria nazionale. Insieme all’identità del Paese, qui sono in gioco insomma la sua immagine, la sua competitività e il suo benessere. In particolare Legambiente propone una innovazione culturale che operi la saldatura concettuale tra l’impostazione della legge 431/85, la Convenzione Europea del Paesaggio, il Codice dei beni Culturali e del Paesaggio del 2004, il Piano Paesaggistico Regionale e gli accordi della Conferenza di Parigi sul clima. Infatti la priorità assoluta è diventata la salvaguardia del territorio ed in primis di quello costiero indicato come il più fragile. Tutti i documenti usciti dalla COP21 impongono una vera e propria rivoluzione per: energia, trasporti, gestione del territorio con l’aumento della protezione ambientale e quindi della sua resilienza, edificazione dei centri urbani, edilizia, industria, tecnologie, materiali. Pertanto proponiamo una ampia revisione al DDL di nuova legge urbanistica che rischia di interrompere il processo positivo intrapreso con il PPR e si concentra dunque sulle seguenti questioni:
Data la rilevanza globale dei temi sottesi dalle politiche paesaggistiche e urbanistiche che interessano in particolare la fascia costiera, è auspicabile avviare una iniziativa nazionale ed europea per: 10.Sollecitare il Ministero dei Beni Culturali e tutte le Regioni per la redazione dei Piani Paesaggistici regionali. 11.Promuovere il rafforzamento del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio con l’introduzione dei contenuti innovativi della COP21, in particolare al Capo II art. 142 che attualmente si limita a recepire gli indirizzi della legge 431/85 per le Aree tutelate per legge “sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposte alle disposizioni del presente titolo…”. Proponiamo che, oltre l’interesse paesaggistico, sia introdotto il divieto di edificazione per la fascia dei 300 metri dal mare e dalle zone umide, nelle quali comprendere non solo quelle RAMSAR ma tutte quelle inserite nella rete Natura 2000 (SIC E ZPS), e uguale divieto di edificazione nei 150 metri dai fiumi.
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