Spigolando nell’intervista al presidente Pigliaru: un futuro piccolo piccolo [di Salvatore Multinu]

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Nell’articolata intervista che il governatore Pigliaru ha concesso al settimanale del Corriere della sera, con il tono educato – british, direi –  che gli è congeniale, ciò che colpisce è il futuro. No, non il futuro come tempo fisico-antropologico, ma il futuro come tempo verbale: “ci sarà una commissione“, “definiremo le regole“, “non si costruirà niente di nuovo nei 300 metri dal mare“, e così via. Del resto Cominciamo il domani era lo slogan elettorale.

C’è, tuttavia, un però: che dei cinque anni del mandato gliene rimane uno e mezzo, quasi quattro sono passati, e la credibilità non è più quella di una volta – come l’intervistatrice gli ha cortesemente ricordato – perché molte delle promesse elettorali sono state dimenticate, e alcune addirittura contraddette. In particolare su uno dei temi che, dopo la parentesi del centro destra di Cappellacci, veniva individuato come costitutivo di una visione originale e davvero autonoma della Sardegna: la tutela dell’ambiente, la salvaguardia delle risorse paesaggistiche che costituiscono una delle più preziose ricchezze della nostra isola.

A proposito degli aumenti volumetrici entro trecento metri dal mare il governatore risponde: «questi aumenti di volume sono vincolati al progetto di destagionalizzare il turismo (…) diventare più competitivi adeguando i servizi a quello che chiede oggi il mercato»; viene da chiedersi, allora, quali saranno i parametri per misurare questa destagionalizzazione, e quali le eventuali sanzioni qualora non venisse rispettata? In atre parole, come si controllerà il rispetto di una clausola che oltre che immateriale (in cambio di materialissimo volume, che è qualcosa di più degli “incentivi economici” che Pigliaru nega di voler concedere) si colloca nel campo delle buone intenzioni, delle quali, come noto, sono piene le fosse?

Ma, prima ancora, perché mai il turismo destagionalizzato dovrebbe morire dalla voglia di isolarsi in uno di quei residence nati proprio per sfruttare il nostro bellissimo mare, lontani da ogni comunità urbana? Sembra difficile che anche quel pazzerello del “mercato” coltivi queste fisime!

Vogliamo destagionalizzare? Benissimo, c’è un modo più sicuro: invece del turismo isolato – e, forse, anche triste nell’autunno-inverno – in qualche pezzo di “non-Sardegna” si promuova un turismo esperienziale nella Sardegna più autentica, li costruiscano là i centri benessere, le SPA, le piscine e gli altri attrattori (ci sono volumi a iosa da riconvertire che, magari, durante l’estate potrebbero essere utilizzati dagli indigeni, quelli che al mare non hanno voglia o possibilità di recarsi).

Dice il governatore che “ci sarà una commissione, definiremo le regole” ma questo non è, concessa pure tutta la “buona fede”, particolarmente rassicurante. Tanto più se declinato al futuro.

Fino a ieri ero convinto che oggi fosse domani, diceva un buontempone con una certa dose di ironia filosofica che sembrerebbe attagliarsi bene alla situazione. L’intervista del presidente Pigliaru finisce con una domanda amena: “E che musica ascolta?”. Risposta: “I Rolling Stones”. E tutto diventa chiaro: che tra tra rotolanti ci si intenda?

 

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