Cosa è un Piano del centro storico? Manutenzione urbana, conservazione e partecipazione [di Alan Batzella]

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La necessità del Piano partecipato. Un atteggiamento di pura conservazione o di tutela passiva, non favorisce il rispetto dei valori culturali, se genericamente riferiti alla massa sterminata di edilizia pluristratificata di antica e recente origine dei nostri centri storici, che troppo spesso risultano ormai privati di quegli elementi architettonici e tradizionali, e sconnessi nella stessa morfologia urbana, che concorrono alla definizione del valore culturale di un luogo.

L’elaborazione di un Piano del centro storico è un lavoro che non può e non deve essere svolto dai soli tecnici, ma costituisce l’espressione dell’intera comunità locale, che attraverso il dialogo e il confronto può riuscire a misurare le proprie esigenze, i propri desideri, i propri diritti e i propri doveri. Nella redazione dei tre Piani, ormai vigenti a partire dal 2016, l’obiettivo è stato quello di costruire con i cittadini un percorso che indirizzasse il recupero in termini di sviluppo compatibile, e non di autoritaria quanto inutile museificazione.

Quindi uno sviluppo che ne rispetti e conservi i caratteri identitari, le tipologie tradizionali e la forma urbana. In definitiva uno sviluppo sostenibile, atto a favorire la crescita economica, sociale e culturale dell’intero territorio. Di norma sono tecnici e amministratori a dettare le regole e prendere le decisioni, stabilendo l’orientamento per la pianificazione. Questa responsabilità va invece assunta assieme agli abitanti del centro storico, coinvolgendoli direttamente nell’elaborazione del progetto di Piano; rispondendo alla volontà di raccogliere, in maniera produttiva, conoscenze, idee e proposte che solo loro possono avere.

Concretamente, nei comuni interessati questo coinvolgimento si è attuato con assemblee pubbliche in corrispondenza di momenti cruciali della redazione del Piano, e là dove i proprietari (praticamente tutti) si sono resi disponibili, con sopralluoghi e colloqui casa per casa, nel corso dei quali ci si è confrontati sulle singole necessità, concertando così con gli amministratori e i cittadini interessati obiettivi e finalità del Piano.

Questa prassi ha consentito in primo luogo di avere una visione diversa dei problemi, delle emergenze e delle opportunità. Facendo assumere agli abitanti un ruolo attivo nel processo di pianificazione, e non più solo la possibilità di presentare osservazioni a Piano ormai concluso e adottato, se ne amplifica l’efficacia e l’efficienza, consolidando allo stesso tempo il senso di appartenenza ai luoghi e alla comunità, oltre che la responsabilità e il rispetto delle proprie radici storiche.

Assemblee e soprattutto colloqui diretti sono infatti momenti di fondamentale importanza, per illustrare i valori storici presenti e dare indicazioni su come conservarli e/o ripristinarli, suggerendo le metodologie di intervento più idonee, indicando gli errori possibili e come evitarli.

Le elaborazioni preliminari delle proposte di intervento sono state successivamente messe a disposizione della popolazione, che ha potuto così contribuire, con il rapporto diretto o con la presentazione di osservazioni scritte informali, a correggere preventivamente errori di valutazione, come a modificare positivamente impostazioni progettuali inattuabili alla luce delle condizioni ed esigenze reali.

Oltre a rimanere a disposizione del pubblico nei locali del comune, gli elaborati preparatori, (planovolumetrici, carte dei tetti, zonizzazione particolareggiata, norme d’attuazione, codice di pratica e relazione illustrativa), sono stati inseriti nel sito Internet del Comune, chiaramente con l’avvertenza sul loro stato di preliminarietà, e con l’invito ai cittadini di presentare comunque osservazioni e suggerimenti o chiedere chiarimenti o ulteriori sopralluoghi al professionista incaricato.

Questa modalità di confronto diretto tra le esigenze dei cittadini e il punto di vista di tecnici e amministratori ha dato occasione a tutti gli interpreti coinvolti di riformulare la propria percezione dei problemi, in un’ottica dialettica e di crescita, nella consapevolezza del ruolo e delle responsabilità legate ai ruoli e alle scelte effettuate da ognuno. Il processo partecipativo così inteso, ha giocato un ruolo rilevante nella definizione degli interventi edilizi ammissibili, e si spera che possa consentire di avviare più concretamente la gestione dei più importanti problemi che caratterizzano i centri storici.

Il recupero urbano quindi, non va limitato alla mera conservazione di tutti i fabbricati realizzati prima del 1950, soprattutto quando questi siano palesemente privi di significativi valori storici, architettonici o tipologici, o siano afflitti da gravi carenze di abitabilità e/o da uno stato di degrado che rende oggettivamente insostenibile il costo per riproporne o garantirne l’uso abitativo o commerciale.E’ da intendersi invece come un processo di rinnovo, che propone le regole storicamente consolidate di formazione e crescita del tessuto insediativo esistente, attraverso la conservazione attiva dei rapporti tra tipologia edilizia e morfologia urbana.

In tal senso gli elementi costitutivi da salvaguardare, atteso che l’orografia non può e non deve assolutamente essere intaccata, sono:

  • la forma urbana pre-moderna, costituita dai tracciati viari e dalla configurazione degli isolati, riconoscibile dai catasti della prima metà del ventesimo secolo;
  • la regola aggregativa delle case a corte, sviluppata e perfezionatasi con lenti processi di stratificazione e intensificazione edilizia, regola che calata sull’orografia dei luoghi ha condizionato la forma degli isolati;
  • la tipologia a corte (e comunque le tipologie edilizie costitutive originarie), da conservare e/o riproporre rivisitata nella sua accezione moderna, per renderla compatibile con le esigenze di vivibilità contemporanee.

Leggere e interpretare gli elementi tipologici degli insediamenti pre-moderni in chiave evolutiva, all’interno dei processi di sviluppo storico puntualmente analizzati, costituisce uno degli elementi più sensibili per la tutela e la conservazione dei caratteri identitari della cultura dell’insediamento locale. In tal senso, lo studio e la conoscenza dei sistemi di regole tradizionali non codificati, che identificano il tipo della casa a corte e le sue differenti modalità di formazione dei tessuti edilizi attraverso i processi di aggregazione tipologica, assumono un ruolo decisivo per un più generale ripensamento dell’edilizia di base pre-moderna.

Il recupero urbano così inteso assume i connotati della manutenzione urbana, che, analogamente alla manutenzione edilizia, non esclude la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’organismo, purché sia effettuata ripresentando la posizione, la funzione e la tipologia tradizionale dei preesistenti. Una manutenzione del centro storico quindi, che anziché perseguire velleitariamente gli obiettivi ambiziosi tipici del restauro monumentale, qualora non siano presenti che in misura assolutamente limitata edifici di pregio storico-architettonico (situazione questa estremamente diffusa in gran parte dei nostri centri storici minori), tenda ad assicurare anzitutto i servizi essenziali e gli adeguamenti igienico-sanitari e distributivi per una decente abitabilità; garantita questa, saranno gli stessi abitanti del Centro gli artefici primari della difesa e del recupero.

Conseguentemente, negli ambiti dove il Piano, in applicazione delle Linee guida del Piano Paesaggistico Regionale, ha previsto la prevalenza della riqualificazione, il recupero urbano consentirà di intervenire con operazioni di completamento, ricucendo i tessuti edilizi destrutturati da crolli o demolizioni.

La sua efficacia è legata a un adeguato e coerente equilibrio fra interventi di conservazione e interventi di trasformazione e riqualificazione; il Piano mira così a conservare la riconoscibilità, l’efficienza e la vita del centro storico, rilanciandone in senso evolutivo la tipologia tradizionale, da rianimare e implementare con funzioni e prestazioni proprie del vivere contemporaneo.

Modalità d’intervento. I Piani di Recupero e Riqualificazione urbana andrebbero perciò strutturati con le seguenti modalità di intervento: a) la conservazione b) la sostituzione c) il completamento

a) L’operazione di conservazione è finalizzata a mantenere o reimmettere nel circolo della fruizione strutture altrimenti obsolete o antieconomiche. Essa si attua, e si giustifica, quando si intende tornare in possesso, oppure impedire la perdita, di valori di carattere storico, artistico, sentimentale, economico, funzionale e, soprattutto, concernenti il comportamento abitativo (fattore fondamentale di qualità della vita), che sono propri e naturali di quegli spazi, non sempre facilmente riproducibili a nuovo, che erano e talvolta sono tuttora presenti nel manufatto edilizio e che, comunque, è bene che non vengano perduti.

Questi valori sono rappresentati in primo luogo dalla tipologia edilizia, dai materiali e dagli spazi fisici con questi costituiti, ma anche dalle prestazioni particolari che questi materiali e spazi offrono, o dai modi con cui possono oggi essere utilizzati e vissuti. Il patrimonio edilizio rilevato nelle nostre esperienze, come detto, non possiede, se non in limitati casi, caratteristiche di pregio architettonico o di valore storico, tali da giustificare interventi di restauro o risanamento conservativo.

Nella gran parte delle unità edilizie la necessità di adeguare l’organizzazione edilizia delle case a corte alle esigenze abitative attuali, impone di progettare trasformazioni tecnicamente e culturalmente impegnative, perché condizionate dal dover intervenire sull’esistente in chiave evolutiva, senza però stravolgere né impoverire le regole insediative tradizionali.

Si è ritenuto quindi di non dover estendere indistintamente rigidi criteri conservativi a tutti gli organismi edilizi realizzati precedentemente al 1950, anche perché una posizione del genere verrebbe percepita come rivolta al mantenimento del pittoresco e decadente, piuttosto che alla tutela di effettivi valori di storicità, in ossequio alle Linee guida del PPR la Conservazione va quindi filologicamente perseguita con il restauro e il risanamento conservativo all’interno degli ambiti qualificati come di conservazione.

Superando qualsiasi visione cristallizzata del processo costruttivo storico, pur sostenendo la centralità della conservazione del patrimonio architettonico e urbanistico antico, credo che il Piano del centro storico debba fondarsi sulla costruzione di un rapporto con la cultura dell’abitare contemporanea, e non sull’imposizione di modi di vivere di altri tempi. Una posizione conservativa insufficientemente argomentata (e documentata), viene percepita come una ingiustificabile limitazione d’uso della proprietà, e può scatenare reazioni contrarie, che finiscono per accelerare il degrado degli edifici e favorirne la scomparsa, piuttosto che consentirne il prolungamento dell’esistenza.

E questo avviene non solo per i costi eccessivi che certe prescrizioni comportano, ma anche per la difficoltà di rendere abitabili gran parte di queste case rispettandone le caratteristiche tradizionali, vuoi per l’assenza in loco di una cultura progettuale dotata della necessaria consapevolezza storico-critica, ma anche per la scomparsa progressiva e accelerata dei magisteri e delle pratiche costruttive tradizionali, vuoi, ancora, per la assoluta inadeguatezza funzionale di alcuni elementi costruttivi tipici (collegamenti verticali, servizi igienici, illuminazione e areazione naturale).

Vanno convincentemente riaffermati invece, i contenuti contemporanei da associare al recupero del costruito storico, ponendo l’accento sul carattere processuale e di perenne modificazione che lo ha sempre contraddistinto, e di cui devono essere permeati gli stessi interventi di restauro. Ciò che va perseguito è quindi una consapevole sintesi tra il momento della conservazione e quello della modificazione, in grado di attivare tutti quegli interventi capaci di migliorare la qualità della vita, assicurando il mantenimento dei valori architettonici, identitari e urbani nel Centro storico.

Da quanto sopra, deriva che la conservazione è stata intesa prevalentemente come metodologia progettuale, che riconosce come punti di riferimento vincolanti le invarianti della tipologia. Con la consapevolezza che, intervenire su un tessuto urbano pre-moderno, privo di caratteristiche di monumentalità, non significa ripristinare una condizione edilizia passata, successivamente alterata (da superfetazioni e/o da abusivismo) o addirittura negata (fabbricati in abbandono e in rovina), ma individuare in esso la configurazione maggiormente ancorabile alla fase storica attuale e alle domande che in essa si esprimono.

Il ricorso alla storia non deve quindi essere un elemento di paralisi, ma da essa dobbiamo trarre gli insegnamenti per meglio operare nel presente e per il futuro.

b) La modalità della sostituzione prevede la demolizione e ricostruzione sia per singoli volumi elementari, sia estese all’intera unità edilizia, di interventi dissonanti rispetto al contesto storico e paesaggistico, individua come riferimento e regola principali non l’aspetto esteriore delle case tradizionali, ma le caratteristiche fondamentali del tipo, interpretandone gli elementi in chiave evolutiva per adeguarli alle esigenze abitative odierne, senza mai perdere il rapporto fra insediamento e luogo, fra cultura dell’abitare e territorio.

Nessuna suggestione scenografica o mimetica va posta alla base dell’intervento di sostituzione, ma anzi, l’obiettivo è quello di inserire organicamente nel tessuto urbanistico pre-moderno anche progetti di architettura contemporanea tipologicamente compatibili, coniugando i sistemi di regole tradizionali con l’uso delle moderne tecniche di edilizia sostenibile.

c) Riguardo gli interventi del completamento in aree non edificate o comunque libere o liberate, il completamento risponde alle stesse logiche di progettazione della sostituzione; ad esso, infatti, viene richiesta la capacità di integrazione tra l’impianto urbano esistente e la nuova organizzazione planimetrica, oltre che l’affinità (non la pura imitazione), tipologica, formale e dimensionale dei nuovi edifici con quelli che hanno contribuito alla formazione dello scenario urbanistico pre-moderno.

Un filo conduttore unifica le modalità della sostituzione e del completamento. La richiesta cioè di interventi edilizi inseriti nel processo evolutivo dei tessuti urbani storicamente consolidati, e non un disordinato succedersi di nuovi episodi insediativi, che costituiscano fratture e dissonanze nel processo stesso.

E’ chiaro che gli interventi di sostituzione e completamento sono quindi attuabili solo negli ambiti classificati come di riqualificazione.

*Dai Piani del Centri storici di Nuraminis, Villagreca, Segariu (vigenti, approvazioni definitive 2016-2017)

 

 

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