“La corsa a costruire sulla costa dove la rendita da posizione è garantita e non necessita di alcuna capacità imprenditoriale, è propria di chi ha un atteggiamento speculativo”. Intervista all’imprenditrice Rossella Sanna [di Redazione]
Architetta, svolge la libera professione e attività d’impresa in Sardegna, prevalentemente a Oristano dove dirige uno dei più apprezzati alberghi dell’isola di proprietà della famiglia. Si è occupata di temi legati al governo del territorio e ha fatto parte del Comitato tecnico per l’urbanistica negli anni del governo Soru. È stata presidente di Confindustria negli anni 2001-2005.Sarà presente a Milis sabato il 14 ottobre all’incontro “Materiali per un’urbanistica sostenibile”, organizzato da Lamas e SardegnaSoprattutto, col patrocinio del Comune di Milis. Sei stata nominata nel Comitato tecnico regionale per l’urbanistica quando si redigeva e si approvava il Piano paesaggistico, tra il 2005 e i l 2006. Si contava molto sulle innovazioni nel governo del territorio. Com’era il clima in quegli anni? C’era sicuramente un clima positivo, di grandi aspettative. Alla fine degli anni 80 si emanò la prima legge urbanistica, si varò la prima disciplina organica sulle cave, si legiferò sui parchi e sulle aree protette. Nel decennio successivo le classi dirigenti hanno oscillato tra incertezze e pericolosi arretramenti. Quando nel 2006 il PPR rilanciò la politica della pianificazione e della sostenibilità ho creduto che ci sarebbe stata una presa di coscienza collettiva sul valore e sul significato del nostro patrimonio paesaggistico. Invece i sardi si sono divisi in due fazioni, una pro e una contro la tutela, che si sono contrapposte in un conflitto sterile di cui oggi vediamo il risultato, senza che nel frattempo si sia sviluppato un approfondimento sulle tematiche legate al paesaggio e alla sua tutela in funzione anche dello sviluppo economico. Il PPR è un insieme di vincoli contro lo sviluppo o indicava un nuovo modello di sviluppo che la politica non ha sostenuto? Tu hai guardato a questa evoluzione da imprenditrice. L’idea era quella di potenziare gli insediamenti esistente anche quelli non vicinissimi al mare…Purtroppo si deve ammettere che il PPR è stato principalmente percepito dai più come un insieme di vincoli, mentre metteva le basi per un nuovo modello di sviluppo innovativo e lungimirante per la Sardegna. Nella fase della sua elaborazione si è scatenata la corsa a costruire in tutte le aree limitrofe alla costa e questo parla chiaramente di come la maggior parte dei sardi lo hanno percepito. Ciò che è mancato dopo la sua entrata in vigore sono state delle specifiche azioni legislative e relativi programmi settoriali, fra loro coordinati che accompagnassero il PPR nei diversi settori, penso al turismo, all’agricoltura e alla cultura, alla formazione e ai beni culturali. E’ mancato soprattutto un organico investimento nella formazione delle competenze. Con azioni mirate nel campo della formazione, del turismo, dell’agricoltura e dei beni culturali credo che il PPR avrebbe potuto avere le gambe per andare avanti e innescare un nuovo modello di sviluppo. Ho creduto allora e lo credo anche oggi che potenziare gli insediamenti esistenti, investire nella qualità urbana e nella qualità sociale, sia la via da perseguire. Trascuriamo il valore paesaggistico e identitario dei nostri paesi, li deturpiamo con interventi assurdi, facciamo deperire il tessuto urbano storico, costruiamo periferie anonime che insieme alle aree pseudo artigianali prive dei minimi requisiti di decoro e talvolta di funzionalità hanno interrotto il rapporto tra paese e campagna, provocando incolmabili fratture. Oristano, dove tu dirigi un’impresa turistica è uno dei tanti centri che si avvantaggerebbe se si smettesse di fare case stagionali nella fascia costiera? Non credi che i turisti mischiati con i residenti sia un vantaggio, specialmente per i turisti spesso relegati in villaggi vacanze? I dati sulle presenze in provincia di Oristano sono molto sbilanciati a favore delle seconde case e degli agriturismi. E’ vero che gli alberghi scarseggiano in tutta la provincia, ma dobbiamo chiederci perchè. La risposta che mi do io è che non avendo la possibilità di costruire sulla costa, l’imprenditore sceglie di non rischiare. La corsa a costruire (e ampliare) alberghi sulla costa, possibilmente sulla spiaggia, dove la rendita da posizione è garantita e non necessita di alcuna capacità imprenditoriale, è propria di chi ha un atteggiamento speculativo: prendere il massimo nei due, tre mesi estivi e mettere al sicuro il guadagno evitando che questo venga eroso ne i mesi di magra che in aree marginali come Oristano sono piuttosto difficili. Io, e la mia famiglia che ha iniziato l’attività alberghiera 35 anni fa, abbiamo un’etica del lavoro che non condivide questo atteggiamento, che guarda allo sviluppo armonico ed equilibrato. Cosa pensi dei tentativi di smantellare disposizioni essenziali del PPR? Prima c’è stato il tentativo da parte del governo Cappellacci con la netta insofferenza della Destra verso la tutela delle aree costiere. Oggi la giunta a guida Pigliaru ci riprova con il Ddl del marzo scorso. Un pericoloso arretramento. Indebolire e talvolta stravolgere uno strumento complesso come il PPR, e soprattutto modificare le regole più contrastate dai poteri economici forti, depotenzia tutto il Piano e allontana la Sardegna dal modello che voleva perseguire. Dobbiamo riprendere e batterci per la via dello sviluppo integrato,uno sviluppo che sa coniugare, in modo armonico, uso del territorio, pianificazione urbanistica, agricoltura, agroalimentare e beni culturali. Sviluppo integrato come modello virtuoso e sostenibile. Da qui passa anche la difesa della nostra storia e della nostra identità. C’è l’argomento che sta sempre nello sfondo. Più volume costruito uguale più turisti, gli arrivi nell’isola dipendenti dal ciclo edilizio. Cosa ne pensi? Questo è un argomento nel quale non ho mai creduto. Già nei primi anni 2000, da presidente di Confindustria Oristano, mi sono schierata contro un folle progetto per il Sinis che prevedeva la costruzione di alberghi in un ipotetico lungomare nelle spiagge di Is Aruttas e Mari Ermi. Oggi peraltro l’equazione più volume costruito uguale più turisti è smentita da quanto è avvenuto negli ultimi due anni nel Sinis, area bellissima ma poco presente negli itinerari turistici tradizionali, con chilometri di spiagge senza un albergo. C’è stata una sorta di rinascita dovuta alla divulgazione del suo potenziale storico culturale che è avvenuto grazie alla campagna di marketing che ha visto i Giganti di Mont’e Prama su tutti i quotidiani nazionali. E’ stato un turismo mediamente colto e soprattutto interessato a conoscere la vita oristanese e dei nostri paesi. Ho avuto modo di parlare con tanti turisti italiani e stranieri entusiasti della bellezza delle spiagge libere e della piacevole vita di provincia ricca di tradizioni (al primo posto quella enogastronomica), di iniziative culturali e di socialità. Nessuno ha mai lamentato la mancanza di strutture ricettive in riva al mare. Ciò che serve in Sardegna è un miglioramento dei servizi, una formazione professionale di livello, trasporti interni più affidabili e meno rigidi e trasporti per l’isola a prezzi più contenuti. L’art. 31 del Ddil Erriu ammette la deroga più 25% agli alberghi ovunque. A condizione che si realizzino servizi tipo spa/centri benessere e altri servizi di questo tipo. Cosa pensi di questa norma? Non la capisco.
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