L’anarchia edilizia per l’autodistruzione del bel paese [di Sandro Roggio]

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Una minaccia incombe sul territorio italiano: l’iniziativa del senatore Ciro Falanga (Ala di Denis Verdini) per prolungare più che si può la vita di case fuorilegge. Basta che siano abitate, e dovranno  essere demolite per ultime e quindi mai, parrebbe. C’è stato lo stop al ddl pessimo (ma per la pace pure a quello  buono contro il consumo di suolo); e se ne riparlerà. Intanto la notizia ha creato aspettative nella  platea degli abusivi sempre in agguato.

Nello sfondo l’ espediente,  l’impostura dell’abuso di necessità  a cui spetta ogni  indulgenza –  “buonismo”, direbbe il poeta Salvini –  perché la tolleranza zero è riservata ai poveracci che dal suolo non traggono vantaggi neppure se vi nascono. Lo ius soli vale per gli abusivi e gli inquinatori. Il rinvio sine die della demolizione –  la  pena esemplare evitata – equivale ad un incitamento  a commettere altri reati,  perché  ogni potenziale abusivo avrà la speranza (o la certezza?)  che basta aggrapparsi al  corpo  del reato  per metterlo al sicuro.

L’abusivismo edilizio  ha rovinato grandi parti dei territori regionali.  Di più nel  Sud in preda ad una secolare smania autodistruttiva,  nessuna pietà neppure  per  paesaggi decantati da Goethe. Una cosa seria per il Belpaese, ben più di una  trasgressione alle regole di convivenza civile, perché gli sconquassi provocati dall’edilizia illecita sono irrimediabili anche quando non è catastrofe.

L’abusivismo ha imbruttito l’Italia oltre ogni predizione (quelle di  Cederna fino all’ultimo). Il rimorso dovrebbe essere il sentimento resistente ( “veniva prima ed ora mi precede”, parola di Flaiano). E invece dura il tempo breve delle messinscena quando tocca contare morti e feriti, (Casamicciola l’atro giorno); le istituzioni compunte nel cordoglio,  complimenti ai soccorritori, scontata l’ evocazione della tragica fatalità. Viva l’Italia.

In  casi come questi la prosa politicante  tocca livelli penosi di ipocrisia. “Basta condoni”. Si è sempre detto così in ogni terribile occasione. Così  ai tempi del governo Craxi, il gran perdono del 1985 pochi anni dopo il disastro in Irpinia. A seguire un decennio di nuove violazioni, un milione di case abusive; e quindi  un’ altra  supersanatoria nel 1994,  anno primo del berlusconismo, rilanciata nel 2003 col vento ancora in poppa,  irresponsabilmente  annunciata, con tutto ciò che comportano le notizie di amnistia  imminente.

Il “Partito delle libertà”  non ha mai nascosto la simpatia per i disubbidienti alle regole urbanistiche e non solo. Tant’è che nel 2009 è ancora Berlusconi a lanciare il programma dell’edilizia insubordinata per sempre. L’invenzione dei piani-casa, la deroga come apoteosi dell’abusivismo,  l’anarchia delle betoniere  motore dello sviluppo. Il via libera (per quanto non vi sia  un provvedimento quadro), accolto con l’entusiasmo che conosciamo, le Regioni di destra e di sinistra unite nella lotta di liberazione dai vincoli e per l’arrembaggio delle trivelle.

Nel mondo civile non sanno  cosa sia  l’abusivismo  edilizio  (what ?),  e neppure  ci pensano di    aggirare le norme urbanistiche, tutta roba di questo nostro Paese  fuori controllo.  Nel quale  tanta parte della classe politica  pensa  a largheggiare nel  permissivismo  per raccogliere  voti nella più vicina competizione elettorale.

Di recente il ministro DelRio ha ridetto “basta condoni”. Ma  ha sorvolato sulla proliferazione di piani-casa regionali destabilizzanti la pianificazione locale. Disposizioni illegittime dal 2009, peraltro in assenza di una legge quadro nazionale  – ripete Salvatore Settis. Dovrebbero essere impugnate in blocco  davanti alla Corte Costituzionale. E invece ci sono Regioni che accolgono l’invito  senza remore. Pure la Sardegna che dovrebbe fondare sul paesaggio il proprio futuro.

Invece  che su piani-casa /piani- alberghi, più volumi in deroga  per tutti/per sempre e anche in contrasto con il Piano paesaggistico. Nel solco della malasorte dell’isola disboscata, incendiata, manomessa da chi la vuole  abitata ai bordi d’estate e vuota al centro dove si temono le razzie degli speculatori di fonti energetiche naturali; la Sardegna ai primi posti della classifica delle Regioni con il più alto tasso di edilizia illegale. Dica la politica sarda  se intende davvero scantonare dal buonsenso delle regole a cominciare  dalla “Legge Salvacoste -2004”  che l’art. A4 del Ddl del governo regionale sembra minare alla radice. A rischio, quindi, il Piano paesaggistico.

Tocca alla politica esprimersi senza tatticismi. Anzitutto  a  Soru che  ha voluto la più  lungimirante riforma  per la tutela dei paesaggi dell’isola, apprezzata in Europa  e continuamente spintonata degli alleati, il fuoco amico che ha indotto il presidente alle dimissioni nel 2008, mentre si parlava di legge urbanistica.  Finito lì,  purtroppo senza  il chiarimento  che sarebbe servito nel successivo giro. Com’era prevedibile.

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