Il pilota buono e l’auto mediocre (La campagna elettorale di Francesco Pigliaru) [di Giampaolo Cassitta]

Enrico_Berlinguer

C’era molta gente stasera al teatro Verdi, a Sassari, per l’apertura della campagna elettorale di Francesco Pigliaru. E c’era la musica d’attesa. Quella che, una volta era suonata e cantata dagli Inti-illimani e negli ultimi tempi da Jovanotti, passando per la canzone popolare di Fossati. Stasera c’era «Walk on the Wild side» di Louu Reed e «Radio Gaga» dei Queen ad attendere Francesco. Il buon Manlio Brigaglia ci ha scherzato su questa musica «fortemente identitaria» ma, come ha lui stesso chiosato, probabilmente «la musica è cambiata» o, più semplicemente, è la stessa musica che gira intorno e non è neppure «troppo moderna».

Il buon Pigliaru, si tiene a precisare, è partito in treno da Cagliari e lo ha fatto per rendersi conto delle criticità del territorio. Insomma. Parliamo di sobrietà. Dopo Manlio Brigaglia e i suoi piccoli ricordi (bellissima la metafora sul nido politico “sassarese” che regala buoni politici all’Italia e, in questo caso, alla Sardegna) il candidato sbuca da “dietro” e percorre il corridoio centrale tra le poltrone del teatro stringendo le mani dei sostenitori sino a guadagnare il palco. Jeans, camicia azzurra, senza cravatta e giacca blu. Vestiamo sobrietà. Con qualche rimasuglio americano.

Politicamente corretto, però. Parte, quasi di soppiatto, poi con enfasi, “l’anima vola” con la splendida voce di Elisa. Poca musica e molta voce. Cantiamo sobrietà. Ha gli occhi della sua terra e della sua città Francesco Pigliaru. Ha sentito l’abbraccio dolce di Sassari. Comincia ringraziando la Barracciu perché oltre all’atto di responsabilità, un minuto dopo si è messa subito a disposizione della causa di un docente immerso nei suoi studi e che da quindici giorni si ritrova a dover gestire un’altra storia. Applausi tiepidi e di circostanza. Dice subito di non amare l’insulto, l’urlo a tutti i costi e si capisce che è sincero. Poi, l’imprevista apertura a Michela Murgia: «Persona che stimo, sta proponendo un programma interessante e non vedo l’ora di confrontarmi con lei», un attestato quasi di ammirazione, un gioco sottile di politica giocata tutta sulle possibili alleanze in prospettiva di una “non vittoria”.

Poi Francesco Pigliaru snocciola il suo pensiero, i cinque anni terribili trascorsi con la giunta Cappellacci, l’industrializzazione sbagliata, operai in cassa integrazione senza orizzonte, i centomila posti di lavoro promessi e i 97.000 disoccupati ottenuti. La cassa integrazione in deroga che segna con molta precisione la grandezza di questa crisi: la Sardegna ha una cassa integrazione cresciuta del 500 per cento, mentre nel mezzogiorno d’Italia ci si è attestati al 200%. Per dire. Ha poi utilizzato la parola “cambiamento”: «Noi dobbiamo accettare il cambiamento che ha due caratteristiche ben precise: uno tecnologico, che ha reso lavori e imprese obsolete e l’altro organizzativo dove è stato decretato l’ingresso di realtà altamente competitive, come la Cina e l’India, con una forza lavoro a bassissimo costo.».

Francesco prova a disegnare con le parole: «Dobbiamo alzare la sfida verso questa concorrenza, dobbiamo farlo con la massima convinzione sapendo che le risorse sono scarse. Qualcuno ha vinto dentro questa crisi globale. Sono coloro i quali hanno scommesso sulla formazione. E sull’istruzione.» Futuro in sobrietà. Come uscirne da questa crisi? Pigliaru si gioca una carta: le pari opportunità. «Il problema delle pari opportunità non è legato solo all’equità ma è un problema di sviluppo, perché nel mondo moderno senza pari opportunità non c’è sviluppo e noi dobbiamo preparare i nostri figli, il nostro futuro a questa sfida. Questa sfida si vince con l’istruzione.».

Questo giocare con istruzione e formazione è una delle rivoluzioni gramsciane di Pigliaru e tutti sono attenti a questo passaggio squisitamente politico. E di sinistra. Applausi tiepidi. Che vagano verso la convinzione. «La Sardegna,» dice Pigliaru, «Ha il più alto tasso di dispersione scolastica, i giovani vengono scoraggiati, non hanno più voglia di continuare gli studi anche perché, di fatto, non esiste l’ascensore sociale. Noi dobbiamo avere il coraggio di saper guardare al domani, non dobbiamo più fare interventi miopi che cercano di sanare l’emergenza ma, in realtà, non risolvono nulla.

Dobbiamo pensare ad un piano straordinario per le scuole, costituendo un fondo finanziario e costruire scuole modello da collocare nelle aree a maggiore dispersione scolastica. Dobbiamo costruire e sistemare le scuole. Questo è l’intervento serio nell’edilizia, questo è l’intervento che crea occupazione e guarda al futuro».

Non ha molte pause, sa di essere ascoltato e usa un piglio veloce, poco cattedratico, interessante, coinvolgente. Applausi che virano. Verso sinistra. «Noi, ai giovani che si laureano dobbiamo poter dare una risposta subito. Entro quattro mesi. Un tirocinio, uno stage, un lavoro, dobbiamo costringerli a scommettere sulla loro gioventù, sul loro futuro. Dobbiamo incoraggiarli a diventare imprenditori. Possiamo, per esempio, andare a vedere tutte i migliori esempi sparsi in tutte le regioni italiane – le best pratics – e importarle. Chi ci impedisce di diventare la migliore regione d’Italia?».

 Già. Chi ce lo impedisce? Parla Francesco e sa di essere tra amici. Parla di sburocratizzazione, di ricchezza nella nostra agricoltura, di un turismo che rappresenta solo il 7% del prodotto interno lordo e, chiaramente, non è sufficiente, parla del piano paesaggistico regionale e si dice soddisfatto della risposta del governo italiano, ma sarebbe più felice se a difendere e migliorare quel piano – fortemente voluto da Soru e dalla sua giunta in cui Pigliaru era assessore – fossero i sardi. «Dobbiamo guardare al futuro, dobbiamo rinnovare la Sardegna e noi stessi, dobbiamo rinnovare la politica e dobbiamo combattere i privilegi ovunque si annidino, dentro qualsiasi parte politica si nascondano».

Questa la conclusione. In poco più di un’ora. A regalare passione e provare a rimettere in moto un’auto da troppo tempo in garage. Da apparire quasi arrugginita. Il problema non è, infatti, il pilota. E’ un po’ come la Ferrari di questi ultimi anni in mano ad Alonso. Un fuoriclasse, il migliore, ma l’auto non è all’altezza. La gente, dopo gli applausi lascia lentamente il teatro. Facce quasi rilassate. Il popolo del centro sinistra quasi soddisfatto. Pochi giovani. Che ritrovo, invece in piazza Castello a sorridere e giocare con i cellulari. In lontananza, intravvedo vecchie rughe, di gente segnata, di gente che conosce bene come dividere il territorio. Di questi occorre avere paura. Francesco Pigliaru dovrebbe cominciare a riconoscerli. Ed a evitarli. Chissà.

One Comment

  1. Paolo Bozzetti

    Qualcuno ha già fatto riferimento alla metafora della radiocronaca per caratterizzare il resoconto delle serate che il nostro UltimoUomoSaggio sta regalando alla Sardegna.
    La sua (radiocronaca) abbandona i toni euforici dei radio/tele cronisti di stampo brasiliano e fa emergere una sorta di impalpabile rassegnazione, molto garbata e civile che le impedisce di reagire con piena emozione a quello che ha sentito e visto.
    È assolutamente chiaro il suo apprezzamento per l’uomo (e, anche, per il suo tentativo quasi disperato nel dover fronteggiare, prima di Cappellacci, quei signori con le vecchie rughe) ma è come se la sua intelligenza, gentile Cassitta, diffonda nelle sensazioni dubbi. domande e perplessità sulle cose corrette (e quasi ovvie) che il Professore enuncia.
    Istruzione, Giovani, Pari opportunità, Formazione, Globalizzazione, Lavoro … è la proposizione degli infiniti problemi su cui intervenire, che, nel tempo, ha assunto la forma comunicativa di un’estenuante mantra o di un rosario ricco di almeno quattro giri di piccole pietre.
    Sembra che, anche lei, come noi (poveri elettori), voglia ascoltare, invece, dal candidato presidente i modi e i tempi degli interventi concreti da realizzare (cito a caso, Abbanoa, la spendita dei fondi comunitari, il sistema della promozione turistica, il trasporto marittimo, la rinegoziazione del sistema dei bandi, la rioeganizzazione decentrata della “Regione Sardegna” …).
    Faremo questo, in questi tempi, con questi soldi.
    Ma questo Pigliaru ho l’impressione che non possa farlo, perché rappresenta, metaforicamente, la sommità visibile dell’iceberg (non credo sia lui il vero pilota della Ferrari), è solo la faccia pulita di una coalizione inesistente (ma gli altri partiti sono apparsi?) e di un partito impresentabile, oramai avvitato nei giochi di potere, lontano dai problemi reali, totalmente autoreferenziale.
    … se poi la mia interpretazione del suo intervento è solo la proiezione della mia visione, mi scuso per averla, inopportunamente, accomunata.
    Gtazie.

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