Rapporto Censis. Ripresa e scontento. E contro lo spopolamento ci sono i migranti [di Redazione Internet]
L’Avvenire 1 dicembre 2017. Il 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale dell’Italia conferma l’aumento delle famiglie in povertà assoluta e il blocco della mobilità sociale. Cambia anche il rapporto tra italiani e media La ripresa economica si rafforza «e l’industria va, ma cresce l’Italia del rancore». Lo sostiene il Censis nel 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. L’Italia si mostra «impotente di fronte a cambiamenti climatici e a eventi catastrofici che chiedono grandi risorse e grande impegno collettivo»: è ferita dai crolli di scuole, ponti, abitazioni per «una scarsa cultura della manutenzione», quindi per responsabilità diretta dell’uomo. Ecco i principali punti toccati nel Rapporto. I migranti antidoto allo spopolamento. In 755 Comuni italiani, pari al 9,5% del totale, la popolazione nell’ultimo quinquennio è cresciuta unicamente grazie agli immigrati. Si tratta di Comuni in cui risiedono oltre 11 milioni di abitanti, ovvero il 18,4% della popolazione: l’incremento del 32% degli abitanti stranieri in queste località ha compensato la riduzione dello 0,9% degli italiani, permettendo a questi centri di godere di un movimento anagrafico positivo per l’1,4%. «Il contributo demografico positivo derivante dalla stabilizzazione dei migranti – riferisce il Rapporto Censis – è particolarmente evidente in quelle aree che sono maggiormente a rischio di spopolamento, ovvero i Comuni periferici che distano tra i 40 e i 70 minuti dai poli urbani maggiori, dove risiedono circa 3,6 milioni di abitanti (il 5,9% della popolazione italiana) e i Comuni ultraperiferici che distano oltre 70 minuti dalle aree urbane, dove vivono quasi un milione individui, pari all’1,5% della popolazione. Aumentano le famiglie in povertà assoluta. Sono oltre 1,6 milioni le famiglie che nel 2016 sono in condizioni di povertà assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi. Gli individui in povertà assoluta sono 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Tali dinamiche incrementali hanno coinvolto tutte le aree geografiche, con un’intensità maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Il boom della povertà assoluta rinvia a una molteplicità di ragioni, ma in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in povertà assoluta sono pari al 23,2%. Il fenomeno ha una relazione inversa con l’età: nel 2016 si passa dal 12,5% tra i minori (+2,6% negli ultimi tre anni) al 10% tra i millennial (+1,3%), al 7,3% tra i baby boomer, al 3,8% tra gli anziani (-1,3%). La povertà assoluta ha l’incidenza più elevata tra le famiglie con tre o più figli minori (il 26,8%, +8,5%). I dati mostrano un altro trend il cui potenziale sviluppo può avere gravi implicazioni nel futuro: l’etnicizzazione della povertà assoluta. Nel 2016 il 25,7% delle famiglie straniere è in condizioni di povertà assoluta contro il 4,4% delle famiglie italiane, mentre nel 2013 erano rispettivamente il 23,8% e il 5,1%. La ripresa avvantaggia le classi agiate. Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore. L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso nella scala sociale il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. La paura del declassamento è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l’87,3%di loro pensa che sia molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso. Cambia l’uso dei media. Cambiano i consumi mediatici degli italiani e si assiste alla “giovanilizzazione” degli adulti. Nel 2017 la tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore (il 92,2% di utenza, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016). La tv satellitare si è stabilizzata intorno a quote di utenza che si avvicinano alla metà degli italiani (il 43,5% nel 2017), cresce la tv via internet (web tv e smart tv hanno il 26,8% di utenza, +2,4% in un anno) ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori(passati dall’11,2% al 22,1%). La radio tradizionale perde 4 punti percentuali di utenza, scendendo al 59,1% di italiani radioascoltatori. La flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc (utenza al 18,6%, +4,1% in un anno). L’autoradio rimane sempre lo strumentopreferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%). Lo smartphone è utilizzato dal 69,6% degli italiani (la quota era solo del 15% nel 2009). La crescita di internet ha rallentato il ritmo, ma prosegue: nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% degli italiani, con una differenza positiva dell’1,5% rispetto al 2016. La grande novità è rappresentata dalle piattaforme che diffondono servizi digitali video e audio, come Netflix o Spotify. Oggi l’11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio. I giornali continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale: oggi solo il 35,8% degli italiani li legge. |