Il Sardistan nella geopolitica mediterranea [di Nicolò Migheli]
Leggere la Strategia Energetica Nazionale 2017 è altamente istruttivo. Quelle 308 pagine di rapporto che il governo sta per approvare, valgono studi dotti sulla dipendenza e sull’imposizione di scelte esiziali per l’isola ma utili per l’interesse nazionale italiano. Sulla nostra Sardegna si prospetta una servitù che farà impallidire quelle militari. Un territorio che attualmente esporta già il 40% circa dell’energia prodotta con varie fonti. Negli ultimi quindici anni la Sardegna ha impegnato le sue terre con impianti eolici, fotovoltaici, centrali a biomasse. Iniziative presentate come una uscita necessaria dall’energia fossile. La decarbonizzazione come mantra. Invece la SED 2017 ribalta tutto. Per la nostra isola sono previste ancora due centrali a carbone: Portovesme e Fiumesanto, una centrale a gas e probabilmente un’altra a biogas. Uno degli obiettivi dichiarati dalla regione è la realizzazione sulle coste sarde dei gasificatori che servirebbero come Hub gas per tutta l’Europa per diversificare l’approvvigionamento che ora avviene in maggioranza dalla Russia e dal Nord Africa. Depositi di stoccaggio del gas di scisto americano, ma soprattutto quello proveniente dal Qatar. Passo dopo passo la Sardegna è diventata un protettorato qatoriota. Si adatta il piano sanitario alle esigenze della loro Mater Olbia, si promulga un DDL Urbanistica in favore dei loro interessi dichiarati pubblicamente; il salvataggio di Meridiana diventata Air Italy. I vantaggi di tutto questo agitarsi andranno a Roma e alla politica mediterranea dei governi italiani. Governi e non governo, perché l’interesse a rapporti stretti con quella monarchia del golfo sono una continuità della politica estera italiana. Il primo fu Berlusconi, poi Monti, Letta, Renzi ed ora Gentiloni. Sul tavolo 5 miliardi di euro per una flotta venduta ad Al-Thani, danari nelle casse di Fincantieri e Leonardo: 4 corvette, 2 pattugliatori, una nave appoggio, più le dotazioni di bordo, artiglierie, sensori, sistemi di combattimento, missili, compreso l’addestramento del personale. L’Italia, fedele al motto che in Medio Oriente gli amici durano finché ci sono interessi comuni e le alleanze cambiano nello spazio di un mattino, nella contesa che ha contrapposto il Qatar con l’Arabia Saudita e il Consiglio del Golfo, ha mantenuto i rapporti con l’emirato, ma nello stesso tempo continua a fare affari con le altre petro-monarchie. Che poi tutti questi paesi siano all’origine del terrorismo jihadista, coloro che hanno trasformato la rivolta siriana in una guerra sanguinosissima poco importa. Che Qatar e Arabia siano diventate nemiche giurate nella guerra dimenticata dello Yemen, è un dettaglio. Il caos libico è un esempio tangibile della doppia politica: l’Italia è alleata di Qatar e Turchia nel sostegno del governo minoritario di Tripoli, nello stesso tempo però i contatti con il generale Haftar di Bengasi, sostenuto da Egitto e Emirati Arabi Uniti- a loro volta nemici del Qatar-, non si sono mai interrotti ed oggi vedono una ripresa alla luce del sole. Quel che interessa all’Italia è garantirsi un approvvigionamento e una diversificazione delle fonti energetiche. In un’ottica di realpolitik nessuno scandalo, secondo l’adagio del primo ministro britannico William Ewart Gladstone: i paesi non hanno né amici né alleati ma solo interessi. Robert Kennedy jr. in un articolo di Politico del 25 di febbraio del 2016 scrisse che la guerra siriana fu il risultato del no di Assad all’attraversamento della Siria di un gasdotto che avrebbe portato il gas qatariota nel Mediterraneo. Ora con navi gasiere e i depositi sardi quell’opportunità viene concessa. Grande risultato per l’Italia. pessimo per la Sardegna che si ritrova ancora una volta ad essere sacrificata per interessi altrui. Il primo di questi depositi verrà realizzato nella laguna di Santa Gilla, specchio d’acqua protetto dalla convenzione di Ramsar, luogo dove sono presenti le rovine di Santa Igia, l’antica capitale del Giudicato di Cagliari. Un impianto ad altro grado di pericolosità a pochi chilometri da Cagliari. Un obbiettivo pagante per qualsiasi terrorista o per paesi che hanno l’interesse a destabilizzare l’emirato del Golfo. Mettersi in casa depositi del genere significa entrare a piedi uniti dentro il conflitto mediorientale. Cosa potrebbe succedere a Cagliari se un aereo dirottato precipitasse su quel gasificatore? Che un terrorista si facesse esplodere lì? Quali le conseguenze non solo per la città ma per i non lontani impianti petrolchimici? Una sorta di minibomba nucleare nel golfo di Cagliari. Le risposte a queste obiezioni saranno le solite: gli impianti sono sicuri, saranno protetti; e poi viviamo in una società del rischio e chi non rischia non rosica. Diranno tutto questo ma eviteranno il nucleo del problema: la Sardegna trasformata in Sardistan e l’autonomia regionale derubricata in Jirga, ad assemblea tribale, di un qualsiasi protettorato dell’impero britannico. E come qualsiasi istituzione di quel tipo la Regione dovrà subire quelle imposizioni facendole passare per libera scelta per potersi garantire crescita e sviluppo. In Sardegna, con quelle opzioni, alcuni troveranno anche vantaggi per i propri affari. Trasformare l’isola in piattaforma energetica utile agli interessi altrui e poi cercare di farsi conoscere nel mondo come luogo ecologico, di produzione di alimenti salubri e di qualità, di terra dei centenari è mistero della fede. Parafrasando Totò: Poi dice che uno si butta all’indipendentismo. |