La lezione di Antonio Romagnino [di Maria AntoniettaMongiu]
L’Unione Sarda 5 dicembre 2017. La città in pillole. Nei giorni scorsi il Liceo che lo vide autorevole maestro ne ha celebrato il centenario della nascita. Antonio Romagnino era coetaneo della Rivoluzione di Ottobre ma anche di quella tragedia che vide, nello stesso momento, la gioventù sarda sacrificata in trincee di cui ignorava le geografie e in una guerra di cui non sapeva le ragioni e che chiamava con una lingua incomprensibile agli altri italiani. Nelle liturgie celebrative, l’altra sera, molte cose sono state dette, altre accennate, moltissime taciute per esigenze di tempo. Ma quanto si è sentito fa sperare nella costruzione di un archivio testimoniale di ex alunni e conoscenti. Un capitolo di quell’Archivio di comunità da impostare perché non si disperdano le testimonianze della civitas. Senza, l’urbs è un ragionieristico conteggio di metri cubi e di metri quadri e una quinta scenica priva di senso. Tutti siamo infatti archivi viventi ma alcuni di più. Solo dopo che si è privati delle loro affabulazioni ci interroghiamo sulle ragioni che hanno impedito di raccoglierle e di non dissiparle. Quanto si è disperso con la scomparsa dei testimoni della guerra e della ricostruzione, che vide una classe dirigente capace di assumersi responsabilità e la civitas farsi volontà e determinazione per restituirci una città intatta nel suo irriducibile senso dell’urbano che oggi scricchiola. Si è ancora in tempo a registrare i grandi vecchi che abitando una lingua ed una memoria antiche traccerebbero una traiettoria di futuro in una città smarrita e pasticciata. Non lo farà più se non indirettamente Antonio Romagnino che praticava una sofisticata pedagogia della memoria. Narrazioni irrobustite da letture selezionate che hanno costruito il filo rosso che non interrompesse mai il discorso sulla città. Ma non si fraintenda quel memorialismo, tutt’altro che superficiale, perché la sua leggerezza ha a che fare con quella di Italo Calvino e delle sue mille declinazioni di città. Dietro Romagnino si stagliava l’esperienza “americana” e la lezione di Lewis Munford e non solo quella del memorabile “ La città nella storia”, pubblicato in Italia nel 1961, grazie ad Adriano Olivetti. L’imago urbis di Antonio Romagnino, nel perfetto equilibrio tra natura e cultura e nell’interdipendenza tra civitas e urbs, ancora una volta fa intravvedere il pensiero dello studioso americano che inerì anche su Antonio Cederna. Entrambi videro nello scellerato ed inutile consumo di Santa Gilla, trasformata in discarica dell’industria chimica, tutto l’orrore di una modernità mal digerita. Pare che quella lezione non sia stata capita altrimenti i decisori politici non proporrebbero di allogare i depositi del gas, portato dalle navi gasiere, a Santa Gilla, nel luogo di quei misfatto che Romagnino vide come segno della crisi dell’urbano, e che attende ancora di essere bonificato e ripristinato. |