Gramsci, ora di te ci fidiamo [di Michele Ciliberto]

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il Sole 24 Ore. 17 dicembre 2017.  E’ ormai un dato di fatto acquisito: Antonio Gramsci, insieme a Croce e Gentile, è la figura più rilevante del pensiero italiano del XX secolo, ed è oggi l’autore italiano più conosciuto e più tradotto nel mondo: in Europa come in Asia, negli Stati Uniti e specialmente nell’America del Sud, dove da tempo la sua opera conosce una fortuna straordinaria.

Tanto più diventa necessario disporre di una edizione affidabile dei suoi testi, di tutti i suoi testi – di quelli precedenti il carcere e di quelli carcerari, anche per cogliere le diverse fasi della riflessione di Gramsci e i mutamenti, talvolta assai rilevanti, che connotano lo sviluppo del suo pensiero – mutamenti che si possono cogliere anche a livello linguistico, nelle trasformazioni del lessico di Gramsci su punti centrali della sua ricerca – a cominciare dalla interpretazione del pensiero di Marx.

Non è facile però allestire una edizione affidabile e rigorosa degli scritti gramsciani per una serie di motivi, connessi anche alla loro gestazione e alla loro complessa “fortuna” : redatti in carcere fra il 1929 e il 1935, vengono messi in circolazione molti anni dopo, nella seconda metà degli anni quaranta. Il primo testo di Gramsci pubblicato in Italia furono Lettere dal carcere, stampato dall’editore Einaudi, e ad esse, sempre presso Einaudi, seguirono i volumi organizzati nella cosiddetta edizione tematica, impiantata sui “quaderni speciali”, anche per gli obiettivi che si proponeva l’edizione.

L’opera di Gramsci è entrata dunque in circolazione in una situazione profondamente diversa da quella in cui furono scritti, quando tutti i punti di riferimento di Gramsci erano cambiati, e questo rendeva, ovviamente, più complessa una loro adeguata, ed esauriente, decifrazione. Ma a complicare la situazione si aggiungevano le particolari traversie politiche dei Quaderni, salvati grazie alla accortezza di Palmiro Togliatti, il quale riuscì a custodirli e a farli arrivare in Italia e, di fatto, a gestirne la prima edizione italiana, quella tematica uscita presso Einaudi sopra ricordata.

Come dimostra l’organizzazione del materiale, si trattava di una sapiente operazione politica, che mirava a collocare Gramsci nel pieno della battaglia politica e culturale in corso in Italia in quegli anni, facendone l’avversario principale, anzi il demolitore, della figura e dell’opera di Benedetto Croce, considerato ancora, a quel momento, la personalità più influente della cultura borghese nel nostro Paese.

Quaderni, nell’edizione tematica, sono organizzati in modo da poter rappresentare un punto di vista alternativo, anzi opposto a quello di Croce, in tutti i campi: letterario, estetico, politico, storiografico….

Di questa edizione sono stati mostrati poi i limiti, le carenze, le omissioni (comprese le importanti Note autobiografiche del quaderno 15), che certo ci sono, e si spiegano – anche se non si giustificano – con la funzione politica che Togliatti intendeva far svolgere a Gramsci, quale fondatore del Partito Comunista Italiano e ideatore della strategia culturale e politica seguita nel dopoguerra. In ogni caso, fu in questo modo che Gramsci venne fatto conoscere a nuove generazioni di italiani, trasformandolo in un momento centrale della loro formazione etico-politica.

Fu però lo stesso Togliatti a comprendere che Gramsci era altro, e di più, e che il suo pensiero travalicava gli orizzonti di un partito per configurarsi come uno dei vertici del pensiero italiano; a capire, insomma, che Gramsci era un classico e che in questi termini andava proposto e decifrato. È da questa temperie, alla quale Togliatti diede un contributo decisivo avviando anche una nuova riflessione sulla storia delle origini del PCI sulla base di nuovi documenti, che nacque il progetto di una nuova edizione dei Quaderni, allestita da Valentino Gerratana, pubblicata nel 1975 dall’editore Einaudi.

Un’opera, va detto subito, di eccezionale rilievo, che pose su basi moderne lo studio di Gramsci, pubblicando i Quaderni nella loro integrità; proponendone una datazione e numerandoli secondo la data di avvio, ipotizzata o accertata; mostrando, anche attraverso soluzioni grafiche, come i testi di Gramsci fossero da distinguere almeno in due tipologie: quelli di cui esisteva una doppia redazione e quelli in unica redazione, mentre l’edizione tematica aveva escluso le annotazioni di prima stesura dei Miscellanei.

È da questa edizione che sono scaturiti i lavori degli anni successivi, imperniati su un saldo intreccio di filologia e filosofia, con un’attenzione alle “varianti” gramsciane che ha contribuito a mutare in modo sostanziale l’immagine tradizionale di Gramsci.

Con l’edizione di Gerratana il profilo di Gramsci quale classico che andava studiato, decifrato e interpretato come si studiano i classici era, in buona parte, acquisito. Ma, come accade in testi così complessi e stratificati – anche per i modi e le situazioni in cui furono scritti -, molti problemi restavano ancora aperti, a cominciare dalla datazione dei Quaderni, dei tempi e dei modi in cui essi erano venuti alla luce; problema che, a sua volta, ne implicava un altro, pregiudiziale, non ancora messo a fuoco in maniera adeguata: come lavorava Gramsci in carcere, in che modo, e con quali criteri, aveva utilizzato, i quaderni.

Ed è proprio su questi problemi che si è lungamente impegnato Gianni Francioni nelle sue ricerche e raccogliendo intorno a sè una equipe di studiosi che stanno ora lavorando con lui alla nuova edizione dei Quaderni, di cui è ora uscito, a cura di Giuseppe Cospito, Gianni Francioni e Fabio Frosini, il tomo che inizia la pubblicazione dei dodici quaderni miscellanei – dieci per intero – redatti da Gramsci tra il febbraio del 1929 e il giugno del 1935.

Merito di questo lavoro – che rientra nella nuova edizione nazionale degli scritti di Gramsci istituita dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, su iniziativa della Fondazione Gramsci – é, in primo luogo, quello di essere imperniato su una nuova datazione dei Quaderni sulla base di una tesi ben sostenuta ed argomentata: Gramsci lavorava contemporaneamente a diversi Quaderni; i quaderni “misti “, così li definisce Francioni, erano utilizzati per lavori differenti.

E questo significa che la successione esterna dei Quaderni non corrisponde allo svolgimento effettivo del lavoro di Gramsci, che quindi deve essere decifrato, e periodizzato, tenendo conto di come egli effettivamente lavorava quando redigeva le note che compongono i Quaderni: dalla primavera del ’32 fino al giugno del ’35, Gramsci si impegna, ad esempio, nella sistemazione dei quaderni monografici, ma continuando a lavorare nei miscellanei.

Una ricerca complessa e difficile che ha consentito di entrare nell’officina di Gramsci, utilizzando gli strumenti della migliore tradizione filologica italiana: quella che, in una parola, fa capo a Gianfranco Contini e ai suoi “esercizi di lettura”- a cominciare da quello su “come lavorava l’Ariosto”.

Una nuova edizione; una nuova periodizzazione; e quindi una nuova interpretazione del pensiero di Gramsci, perché, si sa, periodizzare è interpretare, come conferma l’Introduzione al volume.

Si tratta di un’opera importante e significativa, e non solo per gli studi gramsciani, e lo dimostra il ricchissimo apparato di note che correda il volume. E fa piacere che essa, come tutti gli altri volumi dell’edizione già usciti, appaia per i tipi dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, la sede più indicata e più prestigiosa per ribadire la classicità dell’opera di Gramsci.

In questo caso il tempo – che divora ogni cosa – ha restituito a Gramsci quello che gli era dovuto.

*L’autore è Professore di Storia della filosofia moderna e contemporanea alla Scuola Normale Superiore.

Antonio Gramsci , Quaderni del carcere, edizione critica diretta da Gianni Francioni, 2. Quaderni miscellanei (1929-1935), tomo 1, a cura di Giuseppe Cospito, Gianni Francioni, Fabio Frosini, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, pagg. 920, € 70

 

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