Polo dell’Autodeterminatzione alle Politiche: un trampolino verso le regionali o si rischia l’effetto boomerang? [di Vito Biolchini]

sardegna

Il 2018 inizia con una certezza: per la Sardegna sarà un anno di campagna elettorale. Prima per le politiche di marzo, poi per le regionali che arriveranno (salvo sconvolgimenti da non escludere) nel febbraio 2019. Gli ultimi sondaggi riguardanti l’appuntamento del 4 marzo non sorprendono: in Sardegna il Movimento Cinquestelle tocca il 34,5 per cento, quasi sei punti percentuali in più rispetto al dato nazionale e soprattutto con una percentuale più alta che in qualsiasi altra regione.

Il centrodestra segue al 29 per cento, significativamente sotto di cinque punti e mezzo rispetto al dato italiano, segno che i berlusconiani nell’isola sono forti ma evidentemente hanno stancato anche loro. Il centrosinistra si attesta al 27 per cento (solo due punti e mezzo in meno rispetto alla media nazionale, non male) e poi c’è la sinistra di Grasso e Boldrini al 7 per cento.

L’impressione è che nei sessantadue giorni che mancano al voto questi equilibri non si modificheranno, con i Cinquestelle avviati in Sardegna verso un trionfo e il Pd condannato alla sconfitta. Le elezioni politiche saranno evidentemente la prova generale delle regionali, ma fino ad un certo punto: perché nel 2019 il centrosinistra sarà unito e perché avranno un ruolo maggiore i partiti indipendentisti che ora invece sono costretti a stare alla finestra.

Sotto questo aspetto, la novità degli ultimi giorni è rappresentata proprio dalla decisione del Polo dell’Autodeterminatzione di concorrere alle elezioni del 4 marzo. Sulla carta l’idea non è male, perché consentirebbe al progetto guidato dal giornalista Anthony Muroni, approfittando delle contraddizioni in seno agli altri tre schieramenti, di iniziare a radicarsi e a confrontarsi con il popolo sovrano.

Ogni medaglia ha però il suo rovescio, e considerato che il Polo dell’Autodeterminatzione sarà la vera novità di questa tornata elettorale, sarà anche quello maggiormente penalizzato dalla sua brevissima durata (due mesi appena), visto che ad oggi di questo Polo non si conoscono né candidati, né programmi, né simbolo. (“Il tavolo politico ha delegato due diverse componenti a procedere con l’adozione del codice etico e all’elaborazione di un percorso che porti all’apertura di un Centro studi e di un laboratorio programmatico che, in tempi brevi, definisca il Manifesto dei valori e gli ambiti di intervento e proposte”, ha comunicato il Polo due giorni fa, segno che tutto è assolutamente in alto mare).

La strategia del Polo dell’Autodeterminatzione è dunque quella della “guerra lampo”, da combattere sostanzialmente con l’unica arma dello slogan “no ai partiti italiani”: ma con quale ragionevole ambizione di successo? Uno schieramento composto da Rossomori, Sardegna Possibile, Sardos, Liberu, Irs, Sardegna Natzione, Comunidades e Gentes quanti voti può concretamente sperare di raccogliere il prossimo 4 marzo?

La domanda non suoni provocatoria; ma se l’obiettivo vero del Polo dell’Autodeterminatzione è la vittoria alle regionali del 2019, alle politiche di marzo lo schieramento non dovrebbe scendere sotto il 15 per cento (ovvero grosso modo prendere centomila voti, pure considerando una affluenza al 50 per cento), percentuale sotto la quale il messaggio inviato agli elettori sarebbe quello di una evidente debolezza.

Perché se a meno di un anno dalle regionali sei sotto il 15, è chiaro che quelle elezioni non le vinci, pur tenendo conto che la legge elettorale regionale è diversa da quella per il parlamento e con quattro schieramenti in campo potrebbe bastare anche una percentuale tra il 25 ed il 30 per cento per vincere.

Ripeto, la logica è chiara (le politiche come trampolino verso le regionali) ma bisogna anche temere l’effetto boomerang: perché se il Polo dell’Autodeterminatzione si dovesse collocare sotto il dieci per cento senza piazzare alcun parlamentare, otterrebbe una vittoria sì, ma di Pirro (esattamente come quella ottenuta da Sardegna Possibile alle ultime regionali) e comunque vedrebbe le sue ambizioni per il 2019 drasticamente ridimensionate.

Non solo: il Polo dell’Autodeterminazione oggi conta otto sigle, tre in meno rispetto a quelle che, con Muroni portavoce, firmarono appena lo scorso 11 ottobre un documento a favore dell’indipendenza della Catalogna. Il Polo ha dunque già perso per strada Progres, Sardigna Libera e Fiu. Come mai? Conclusione: perché questa fretta? Perché invece non lavorare con pazienza sia a recuperare altri pezzi del fronte dell’autodeterminazione in vista delle regionali del 2019, sia ad allargarlo ad altre forze sociali (come i tanti comitati attivi nel territorio), sia a mettere in piedi una organizzazione solida e con un programma maggiormente articolato, anziché correre a perdifiato in vista del 4 marzo?

Per cui, siamo veramente sicuri che presentarsi alle politiche in questa situazione presenti più opportunità che rischi?

Buon anno a tutti.

 

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