Solare termodinamico a Gonnosfanadiga? Non sussistono le condizioni [di Sergio Vacca]
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, ha deliberato, 22 dicembre 2017: A norma dell’articolo 5, comma 2, lett. c) bis della legge n. 400 del 1988, la non sussistenza delle condizioni per autorizzare la realizzazione, nei comuni di Gonnosfanadiga (CA) e Guspini (CA), di un impianto solare termodinamico da 55MW denominato “Gonnosfanadiga” e delle opere connesse. Questo il comunicato http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-64/8712, incipit: Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, venerdì 22 dicembre 2017, alle ore 17.30 a Palazzo Chigi, sotto la Presidenza del Presidente Paolo Gentiloni. Segretario la Sottosegretaria alla Presidenza Maria Elena Boschi. Un gruppo di cittadini avvertiti, molti dei quali esperti nelle discipline coinvolte nell’iniziativa della Società EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga” ha studiato dal 2013 il progetto, le condizioni al contorno e l’impatto ambientale, sociale ed economico; ha seguito con attenzione anche il progetto Fluminimannu, della stessa società che riguarda le terre di Gonnosfanadiga e Villasor-Decimoputzu. La prima osservazione riguarda la disponibilità di energia elettrica della nostra regione; da oltre 15 anni, l’isola produce infatti energia elettrica superiore alle proprie esigenze. Dati Terna, 2016 (Statistiche regionali) mostrano una produzione di 11.617 GWh, a fronte di consumi di 8295 GWh; rapporto consumi/produzione 71%. Un semplice confronto con la situazione del 2011 (dati Terna: L’elettricità nelle regioni, 2011) mostra una diminuzione del 12% della produzione totale netta, che per quell’anno è stata di 13.230,2 GWh, mentre il totale dei consumi, per lo stesso periodo, si è assestato in 11.265,4 GWh. Ci si domanda a che serva l’energia prodotta in eccedenza rispetto ai fabbisogni dell’isola, visto che viene esportata verso la Corsica e la Penisola? Il Gruppo di Intervento Giuridico avanza l’ipotesi che si tratti di “pura speculazione per ottenere incentivi pubblici e certificati verdi”. Ipotesi su cui concordiamo. Un’amara considerazione viene nell’osservare l’atteggiamento che il Ministero dell’Ambiente tenne, febbraio 2017, sul progetto della Società EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga”, proponendo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri parere favorevole, senza tener conto di quello negativo del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e degli interventi ad opponendum della RAS, di scienziati, di istituzioni universitarie, di associazioni, di enti locali e di stakeolders. Il Ministero, per motivare il parere positivo dedicò tre quarti della propria relazione a minimizzare gli impatti e ad illustrare i presunti benefici che il territorio avrebbe avuto dalla realizzazione dell’impianto di solare termodinamico. Utilizzando le relazioni della società proponente EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga”, come ammesso dai propri avvocati nel parere pro veritate: L’autorizzazione e la costruzione dell’impianto di FluminiMannu e di quello gemello di Gonnosfanadiga, che sono le due prime centrali solari termodinamiche a scala commerciale da 55 MWe mai costruite in Italia è necessaria per poter partecipare alle gare internazionali che vengono bandite annualmente nel mondo per questo tipo di impianti per valori complessivi di miliardi di euro. Sottolineando il carattere meramente privatistico e pubblicitario dell’operazione (http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/11203) Per contro, il MIBACT, con una relazione di oltre 70 pagine, smontò le osservazioni della società “Gonnosfanadiga” riguardanti lo scarso o nullo valore ambientale e paesaggistico attribuito alle Terre e l’insussistenza del valore archeologico di molti dei siti rilevati. Importante fu l’attività delle Soprintendenze del Sud Sardegna, le quali, hanno basato le loro osservazioni ed il parere negativo alla realizzazione dell’opera sulla conoscenza del territorio, delle sue dinamiche e del patrimonio storico-culturale. Un’altra amara considerazione riguarda la qualità progettuale dell’operazione della “EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga”. Alle osservazioni degli Organi della Regione Autonoma della Sardegna, la società ha opposto controdeduzioni sui diversi punti del progetto, molti dei quali riguardanti il suolo. Vi abbiamo trovato inesattezze e contraddizioni che sinteticamente evidenziamo. La scelta della società, assolutamente legittima in quanto riflette la volontà di difendere la proposta di realizzare impianti, devia però da quello che va considerato il valore d’insieme dell’area nella quale la società vorrebbe inserire l’attività industriale. La società insiste sul presunto “degrado delle Terre” e sulla cosiddetta “marginalità”. E accredita la proposizione del degrado e della marginalità scomponendo l’intera entità geografica in una miriade di tasselli, ai quali attribuisce tali condizioni. Da quanto si evince nella lettura delle relazioni di accompagnamento alla proposta e dalle controdeduzioni alle obiezioni della RAS, la sommatoria di “tasselli degradati” porterebbe, secondo gli estensori di tali documenti, a considerare degradato l’insieme, conseguentemente a dichiararne la marginalità, per cui la realizzazione dell’impianto non potrebbe, secondo la logica della società proponente, che migliorare le Terre e portare benefici al territorio. Il paradigma non regge, perché anche nella scomposizione dei tasselli di quel puzzle che è il Paesaggio, si rivela la contraddittorietà dell’azione. Emblematico è il riconoscimento, da parte della società, della presenza dei Vertisuoli, che non sono descritti né georeferenziati, in costanza della persistente dichiarazione di degrado e marginalità di quelle Terre. Per chi possieda conoscenze di Pedologia, la marginalità dei Vertisuoli è un ossimoro. Come pure, dichiararne il degrado senza precisarne le forme, l’origine ed il grado. L’operazione di svilimento dell’area considerata, per accreditare la realizzazione dell’impianto come miglioramento delle condizioni di degrado e per l’affrancamento dalla marginalità, non ha fondamento scientifico in quanto non valida sotto il profilo metodologico: è illogica e contraddittoria. Paradossalmente non risponde neppure agli orientamenti della giurisprudenza amministrativa. Si riporta, a questo proposito, uno stralcio della sentenza del TAR del Molise (399/2013): “…l’esigenza di tutela del paesaggio non è determinata dal suo grado di inquinamento, quasi che in tutti i casi di degrado ambientale sarebbe preclusa ogni ulteriore protezione del paesaggio riconosciuto meritevole di tutela, in quanto l’imposizione del vincolo serve anche a prevenire l’aggravamento della situazione ed a perseguirne il possibile recupero…” Un altro aspetto sul quale si richiama l’attenzione attiene all’etica delle professioni. Non volendo considerare, né tanto meno riportare, gli interventi del rappresentante in Sardegna della “EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga” , non riteniamo tuttavia di esimerci da alcune considerazioni sulla qualità professionale di molti dei documenti che costituiscono l’ossatura del progetto “Gonnosfanadiga”. Da parte nostra, ma anche di coloro che hanno manifestato la loro opposizione alla realizzazione degli impianti, il dibattito è stato sempre tenuto sul piano della correttezza formale e caratterizzato dalla ricerca di argomenti ad opponendum di rigore scientifico e di costante e completa adesione all’etica scientifica e professionale. Si assiste oggi ad una grave crisi delle professioni. Forse legata alla temperie del paese, della scuola e dell’Università, che non paiono fornire quegli indirizzi morali che regolano l’esercizio della professione e che sono considerati vincolanti. La deontologia professionale sembra un inutile e fastidioso orpello, piuttosto che la regola alla quale uniformarsi. Le considerazione riguardano i professionisti che, pur di portare avanti politiche aziendali, affermano ciò che non può essere affermato. Come – per riferire i casi concreti delle osservazioni alle relazioni della società in questione – ad esempio il degrado di terre altamente produttive; o che scambiano per degradate o di scarsa fertilità terre temporalmente non utilizzate, e altre simili amenità. Ciò che emerge dalla lettura dei documenti della società “Gonnosfanadiga” Ltd mostra quale considerazione goda la Sardegna tra gli imprenditori, negli organi governativi come il Ministero dell’Ambiente, e nei media. La summa di tale percezione è ben rappresentata dalla trasmissione Report di Rai 3 del 17 aprile 2016. Proponiamo a tal fine la lettura di un articolo su http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/9998. Durante la trasmissione viene mostrata qualche immagine di un campo di un “coltivatore demotivato”. Suolo incolto, non lavorato da molti anni; qualche stelo rinsecchito di cardo; una pecora vagante, in cerca di ciuffi d’erba; una mano che raccoglie un ciottolo per mostrarne le dimensioni. E – sempre il “coltivatore demotivato” che parla – vede nel futuro della sua terra tanti begli allineamenti di concentratori solari, intervallati da strisce coltivate, larghe venti metri, dove le sue pecore potranno pascolare tranquillamente. Visioni apocalittiche, che Milena Gabanelli commenta così. La Regione Sarda ha realizzato il proprio Piano Energetico Ambientale, che vorrebbe sviluppare la produzione energetica attraverso l’incremento di impianti basati sulle fonti rinnovabile, ma l’unico atto certo è quello della realizzazione di una nuova centrale a carbone”. Fin qui, la corretta osservazione di una contraddizione in termini. Peraltro osservata ed evidenziata dal FAI, da molte associazioni ambientaliste e da numerosi esperti. Ma – aggiunge la Gabanelli – “La Sardegna, che torna al carbone, rifiuta, de facto, le produzioni energetiche da fonti rinnovabili. Gli impianti una volta cessata la loro vita produttiva possono essere smontati e lasciano i terreni nella stessa condizione nella quale li hanno trovati”. Fine della trasmissione. Ore 22:45 di domenica 17 aprile. Giorno dedicato al referendum. Aver chiuso in questo modo una trasmissione che tratta un argomento di grande delicatezza per la nostra isola, non è corretto perché si tratta di vero e proprio “Land grabbing” a fini energetici e non si può chiudere in questo modo lasciando intendere che gli incoscienti e ingrati abitatori della Sardegna rifiutano i benefici che caritatevoli industriali italiani e stranieri ci propongono. Non ci sentiamo di dire grazie al Governo presieduto da Paolo Gentiloni per averci salvato da un disastro ambientale annunciato. Abbiamo sempre considerato questo un atto dovuto! Però siamo veramente felici che il Governo abbia finalmente tenuto conto dei “pro” – pochi – e dei “contro” – tantissimi – dirimendo peraltro un contenzioso tra il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, che ha operato in scienza e coscienza ed il Ministero dell’Ambiente che è apparso come il difensore dell’industria piuttosto che dell’ambiente e del territorio. Speriamo che altrettanta saggezza sia posta nel dirimere l’analoga diatriba tra Ministeri riguardante l’impianto proposto per Decimoputzu-Villasor.
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