Non ci libereremo facilmente dal razzismo [di Nicolò Migheli]
La tentata strage di Macerata ha riportato davanti ai nostri occhi il fondo razzista che permane nella società europea e italiana. I commenti dei politici, ma anche quelli di molti giornali, hanno il sapore acido della giustificazione a tutti i costi. L’attentatore sarebbe psicolabile e suggestionato dai discorsi degli apprendisti stregoni. Non sono molti quelli che affermano che questo non è un gesto solitario. Pochi ricordano l’attivista di Casa Pound Gianluca Casseri che a Firenze sparò contro dei ragazzi senegalesi uccidendone due, o Amedeo Mancini, anche lui di estrema destra, che ammazzò con un pugno Emmanuel Chidi colpevole di aver difeso la sua compagna dagli insulti razzisti. Il rapporto Eurispes rivela che il 50% degli italiani sovrastima la presenza di stranieri e ha la percezione dell’invasione, quando questa non c’è. Il numero degli immigrati nel 2017 è sensibilmente diminuito. Eppure i media continuano a costruire l’immaginario dell’invasione. Persone senza scrupoli insitono nel dare legittimità a ipotesi folli come il piano Kalergi. Il razzismo è vivo e vegeto, nonostante dopo la II Guerra Mondiale l’Europa avesse giurato a sé stessa: mai più! Demografi e genetisti hanno chiarito definitivamente che non esistono le razze, bensì una solo specie umana. Il colore della pelle frutto delle circostanze ambientali. In un settantennio di democrazia la mala pianta del razzismo non si riesce ad estirpare; vissuta sotto traccia per decenni, ora trova nuova linfa. Quella concezione aberrante del consorzio umano era rimasta patrimonio di sparuti gruppi di estrema destra, anche se nel linguaggio comune permaneva l’uso della parola ebreo come insulto, di Faccetta Nera o di Bingo Bongo per definire gli africani, come epiteti scherzosi. Non era così, le parole definiscono il mondo, in questo caso un atteggiamento paternalistico intriso di razzismo. Oggi grazie alla predicazione di personaggi come Salvini, Meloni, di candidati che si ergono a difensori della razza bianca, essere razzisti diventa vanto. È lo scivolamento inevitabile del sentimento xenofobo; della diversità vissuta come attentato a sé stessi, come affermazione della propria identità collettiva e personale in un esclusivismo che ha in orrore ogni contaminazione. Siamo dentro una predicazione che poi partorisce i pistoleros, genera terrorismo. Anche i lager non nacquero dall’oggi al domani, ebbero bisogno per essere accettati di libri, articoli di giornale, di discorsi odiosi, di un pensiero condiviso. Daniel G. Goldhagen nel suo “I volonterosi carnefici di Hitler”, racconta bene come i tedeschi comuni non solo sapessero della Shoah degli ebrei e del Porrajmos dei sinti, vi parteciparono convinti e protetti dalle leggi. Non fu diversamente negli altri territori occupati dai nazisti. È vero che molti cittadini di quei luoghi si opposero, nascosero i perseguitati a costo della propria vita. Oggi il ricordo di questi ultimi tende a sfocarsi, il negazionismo prospera specie nelle reti sociali e diventa sempre più difficile combatterlo. Non lo si vuol vedere. Purtroppo il razzismo è costitutivo della cultura dell’Occidente. È drammatico ammetterlo ma è così. Le differenze di razza sono state il quadro ideologico che ha accompagnato l’espansione coloniale europea. Una ideologia giustificatrice dell’appropriazione delle risorse di altri popoli, confinati in una umanità bambina, quando non sottouomini secondo i nazi-fascisti. Una concezione dell’umanità dove agli europei veniva data la missione di portatori di civiltà disconoscendo le altre per poterle soggiogare. Un rapporto tra diseguali che tendeva a ripetersi dentro i confini degli stati con il colonialismo interno. Basti ricordare le teorizzazioni dei positivisti Lombroso e Niceforo sui sardi, leggittimatrici della depredazione coloniale della risorse e noi considerati solo etnia criminale. Ecco perché l’alleanza elettorale de Psd’Az con la Lega di Salvini, con un movimento dichiaratamente razzista, è stomachevole prima che deleteria. In questi anni in Italia si è registrata una grande acquiescenza verso l’ideologia razzista. I suoi esponenti inviatati in tv a dire la loro come se fosse una idea come un’altra. Non si è voluto combattere il rigurgito nazi-fascista, lo si è tollerato nei campi di calcio e altrove. Benché esistano le leggi le si è applicate poco e male. Oggi quelle ideologie ritrovano fascino tra i giovani, lasciando prefigurare un futuro inquietante. Come reagire a tutto ciò? Come fare in modo che l’essere razzisti sia infamante per chi la vive con orgoglio? Abbiamo davanti a noi un compito non facile. La scuola può fare molto influendo sulla conoscenza della storia e sul linguaggio usato quotidianamente. Non basta però. Non dovrebbero invitare nelle trasmissioni televisive i razzisti, evitare di dare notorietà ad un politico che sostiene di difendere la cosiddetta razza bianca. Occorre creare una società educante, consapevoli che quelle idee non potranno essere eliminate del tutto, almeno in un futuro vicino; possiamo però fare molto per minimizzare e ridurle a fenomeno di cui vergognarsi. Ne va della democrazia e della nostra convivenza. Sempre che non sia troppo tardi. |