A Cagliari per alleviare la fame di posti macchina e il caos nel traffico ci vogliono buone pratiche nella gestione del territorio [di Franco Annunziata]
Esistono Paesi in Europa ed anche fuori (Giappone) dove non si può acquistare un’autovettura se non si dispone di una stallo di sosta di proprietà e/o in affitto, ed esistono Paesi dove non è possibile acquistare un appartamento a meno dello stallo di sosta collegato, fosse anche nel cortile condominiale. Nel nostro Paese non esistono questi vincoli ed il risultato lo vediamo nelle nostre città, ma in nome della libertà individuale. A metà degli anni ’70, con alcuni colleghi, ho redatto il primo Piano della Circolazione di Cagliari, rimasto sostanzialmente nel cassetto in buona compagnia. Avevamo accertato che già per i residenti in un quartiere di Cagliari, interessato dalla presenza di un mercato cittadino (S. Benedetto) non era un numero sufficiente di stalli di sosta. E nello stesso quartiere stalli di sosta al coperto negli spazi privati/condominiali erano stati interessati, con vendita o affitto, da cambi di destinazione, e le autovetture erano finite in strada. Oggi per ogni appartamento è previsto uno stallo di sosta, quando il numero di veicoli del titolare (e della sua famiglia) dell’appartamento è superiore all’unità: il risultato è che il secondo/terzo auto/motoveicolo sono parcheggiati in strada. Ne consegue Ila sottrazione di spazi – anche di marciapiedi – ai pedoni ed agli stessi bambini, privati degli spazi necessari per giocare, quantomeno nelle aree residenziali, che sono diventare aree di parcheggio al servizio di attrattori di interessi – tribunali, attività commerciali, etc. – situati in aree vicine: il cosiddetto traffico parassita che fa danni già nelle prime ore ella giornata lavorativa. La risposta, per alleviare la fame di posti macchina non può che essere nel trasporto collettivo, soprattutto nei corridoi di accesso alla città, ma nel contempo si potrebbe anche intervenire perchè gli stalli di sosta disponibili fossero utilizzati, almeno nelle aree residenziali, che – almeno queste – dovrebbero essere progettate e gestite con attenzione alla cosiddetta utenza debole, bambini compresi. L’ingegneria dei trasporti c’entra poco; è un problema di buon senso e di gestione oculata del territorio, finalizzata alla qualità della vita ed ispirata all’utente principale . l’uomo e non l’autovettura. *Ingegnere trasportista
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